Fibra di vetro e carbonio sono ancora i materiali privilegiati per la costruzione di barche, ma nel prossimo futuro il loro primato potrebbe venire insidiato da nuove fibre composite naturali che inquinano meno e possono essere smaltite in chiave “green”.
Mai sentito parlare delle fibre composite green? Quando si parla di barche ecosostenibili quasi sempre si pensa ai sistemi di propulsione. Vero è che sono sempre più numerose le imbarcazioni proposte dai cantieri che sono dotate di una doppia motorizzazione, quella classica ed elettrica. Tuttavia il problema della nautica “green” si estende ormai anche ai materiali di costruzione di cabinati, yachts e barche a vela che interessano il processo di realizzazione e soprattutto lo smaltimento di queste unità. Un monoscafo o un multiscafo con motorizzazione ibrida ma costruiti con materiali tradizionali, durante tutto il periodo di nascita, utilizzo e fine vita avranno un impatto comunque pesante sull’ambiente.
Negli ultimi 70 anni nella costruzione di barche il materiale più utilizzato a livello mondiale è stato la fibra di vetro. Oggi tuttavia il suo primato è insidiato non soltanto da materiali tecnologici più avanzati, come il carbonio per la ricerca delle prestazioni, ma anche da materiali completamente inediti per l’industria nautica e soprattutto naturali al 100 per cento. vediamo quali sono i più comuni.
Fibre composite dal basalto: ignifugo e leggero
Uno dei materiali ecologici che ultimamente si è affacciato nel mondo della nautica è la fibra di basalto. Questa fibra ottenuta dalle rocce laviche di basalto è stata in realtà inventata nel 1923 e da allora è stata impiegata per molti scopi: protezione dal fuoco, insonorizzazione acustica e costruzione di armi. Da qualche anno tuttavia comincia a essere utilizzata anche nella costruzione di barche. Quella più nota tra queste ultime è il Fibofix, un mini scafo a vela di 4,9 metri che qualche anno fa ha battuto il record di barca più piccola ad attraversare l’Atlantico. In Olanda peraltro già dal 2007 c’è un cantiere, l’Africancats, che produce catamarani infusi proprio con fibre di basalto. Le fibre di basalto grazie alle loro caratteristiche meccaniche si pongono a metà strada tra la fibra di vetro e il carbonio. Costano il triplo dell’e-glass e circa un terzo del carbonio.
Ma come si ottiene questa fibra dal basalto? In pratica la roccia viene fusa a 1400 °C ed estrusa in filamenti spessi tra i 13 e i 9 micron. Con tali filamenti si tessono così delle stuoie. La fibra in basalto è considerata ignifuga visto il suo alto punto di fusione, è più facile del vetro da impregnare e inoltre presenta un’ottima capacità di resistenza all’impatto. Anche per questo per esempio viene impiegata per la realizzazione di pannelli antiproiettile. In Italia la fibra di basalto è prodotta dall’azienda Fidia.
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Fibre composite dal lino: pulito e flessibile
Per quanto il carbonio è una fibra più resistente dell’acciaio, leggera e che non si deteriora, purtroppo ha il difetto di essere frutto della distillazione del petrolio, inoltre subisce l’aggiunta di varie sostanze chimiche per arrivare a rimuovere gli atomi d’idrogeno e di azoto. In poche parole è un materiale tutt’altro che “green” e che produce inquinamento sia nella sua fase di realizzazione, sia in quella di distruzione o smaltimento. Per questa ragione alcuni cantieri nautici cominciano negli ultimi anni ha rimpiazzarlo con altre fibre naturali, come per esempio il lino.
Il lino viene usato dall’uomo da oltre 4.000 anni, si coltiva facilmente, in Europa ne abbiamo molto ed è già usato nell’industria. Il lino è infatti la base del famoso linoleum inventato nel 1860 dallo scozzese Frederick Walton con l’idea di sostituire il caucciù con l’olio di lino trasformandolo appunto tramite un processo di ossidazione in una massa gommosa e flessibile. La fibra di lino oggi non ha ancora raggiunto le qualità della fibra di carbonio, ma diversi ricercatori ci stanno lavorando e presto potrebbe arrivare a sostituire il composito nero in tutte le sue applicazioni. Qualche anno fa inoltre il Politecnico di Torino ha varato Eva, uno skiff di 4,5 metri realizzato con un sandwich di balsa e fibra di lino e qualche anno dopo in collaborazione con il cantiere Nautivela, ha realizzato anche El Nino: un piccolo skiff di 2,85 metri costruito con il metodo dell’infusione usando rinforzi in fibra di lino, anime in sughero e resina derivata da risorse vegetali. Un altro esempio d’imbarcazione che ha usato la fibra di lino è l’Azimut Magellano 50 che ha parte degli interni realizzata in bio-sandwich con fibra di lino e anima in sughero impregnate con una resina costituita al 55% da prodotti naturali.
Bambù: elegante, leggero e 100% green
Anche la fibra di bambù negli ultimi anni si sta affermando nell’industria nautica non solo per le sue qualità estetiche, ma soprattutto per essere veramente “green”. Tre volte più leggero della fibra di vetro, con una densità compresa tra 0,7 e 0,9, il bambù ha caratteristiche meccaniche equivalenti alla vetroresina, pur essendo assolutamente più ecologico. A investire in questo materiale e studiarne l’impiego in campo nautico è tra gli altri l’azienda francese Cobratex. Fondata nel 2013 dall’ingegnere Edouard Sherwood, l’azienda ha sviluppato un processo produttivo brevettato, completamente meccanico, che riduce il consumo di energia e preserva le proprietà meccaniche del bambù. In pratica le canne di bambù sono pelate e le fibre selezionate in base alle loro caratteristiche. Quindi vengono riassemblate in strisce larghe da 2 a 5 mm. Infine si uniscono in tessuti che possono essere utilizzati con qualsiasi tipo di resina poliestere, vinilestere o epossidica.
Tessuti di bambù dovrebbero presto essere utilizzati per l’interior design, mobili e supplementi interni di yachts e barche a vela. Un uso strutturale del bambù potrebbe infine vedere presto la luce: alcuni test sono in corso da parte di VCobratex con l’associazione EcoTransat. Uno dei progettisti che in Italia si è occupato di questo materiale in chiave nautica è l’ingegnere aerospaziale Davide Tagliapietra, già membro del team design di Luna Rossa. In collaborazione con il Politecnico di Milano, Tagliapietra ha progettato il 50 Green Cruiser, una barca a vela pensata con un ragno strutturale dove il vetro è stato sostituito dalla fibra unidirezionale di bambù da impregnare in epossidica. Recentemente anche lo Zeydon 60, barca realizzata in collaborazione tra il cantiere belga Zeydon e il design team BMW, ha interni in sfogliato di bambù.
Sughero: termico, leggero, ecologico
Anche il sughero negli ultimi anni comincia a essere utilizzato in ambito nautico, soprattutto al posto del teak in coperta. Questo materiale opportunatamente lavorato infatti permette un ottimo controllo termico: il sughero raggiunge temperature sotto il sole che sono circa il 20 per cento inferiori al teak naturale, è molto leggero, costa molto meno del teak ed è ecologico. In che senso? L’albero non viene abbattuto per prendere il sughero, ma gli viene soltanto tolta la corteccia che poi ricresce. La leggerezza del sughero, insieme alla sua elevata aderenza, basti pensare che è uno dei migliori grip oggi esistenti, stanno facendo sì che questo materiale inizi a salire sulle barche da regata oltre che a quelle da crociera.