Ma quale teak, la coperta me la faccio in sughero…

Al posto del teak naturale e di quello sintetico, per rivestire il ponte di coperta della propria barca alcuni armatori preferiscono il sughero, un legno naturale appositamente lavorato per le sue applicazioni marine che presenta una serie di vantaggi. Vediamo quali sono…

Il rivestimento della coperta di una barca è un accorgimento con finalità soprattutto estetiche e di pregio. Ci sono armatori che fanno tranquillamente a meno di queste coperture e lasciano la coperta “nuda”, per così dire, avendo cura soltanto di posizionare in alcune zone strategiche del ponte, come per esempio in prossimità delle manovre, delle finiture antisdrucciolo. Per altri invece una buona copertura del ponte è essenziale, perché è elegante, aumenta il valore della barca, è bello camminarci sopra a piedi nudi e in generale dà prestigio al cabinato. Non è un caso che molti cantieri propongono spesso i loro modelli di serie con vari tipi di coperture sul ponte.

Teak naturale, bello ma a rischio estinzione

Tra le opzioni di rivestimento della coperta disponibili sul mercato c’è innanzitutto il teak naturale, un grande classico della marineria, che richiama la tradizione nautica ed è da sempre sinonimo di eleganza, qualità estetiche ma anche marine visto che è un materiale vivo, naturale, che si adatta perfettamente alla vita di bordo e anzi migliora con l’esposizione agli agenti atmosferici. Negli ultimi anni tuttavia il teak sta cominciando a sparire sui moderni cabinati perché il legno di buona fattura ormai a rischio estinzione in molti Paesi. Un po’ anche perché questo tipo di rivestimento, oltre ai costi piuttosto esosi, necessita di cure e attenzioni che i diportisti di oggi spesso non dedicano più alle proprie barche per pigrizia e mancanza di tempo.

Sintetico: comodo, ma caldo, pesante e va smaltito

Un’alternativa al teak naturale che negli ultimi anni sta riscuotendo un certo successo è il teak sintetico, ossia un rivestimento realizzato a livello industriale sotto forma di pannelli e listelli con componenti plastici. Il teak sintetico è realizzato in una miscela di pvc o resine sintetiche disponibili in diversi colori che riprendono le essenze del legno naturale. La superficie presenta delle venature che richiamano il legno, mentre la forma è quella della classica doga proposta con larghezza e spessori differenti. Il punto di forza del teak sintetico è che non ha bisogno di manutenzione, essendo un materiale molto resistente, immune agli agenti atmosferici e alla salsedine, nonché in grado di sopportare alte temperature e vibrazioni. Inoltre è flessibile, elastico, resistente ai raggi UV, antiscivolo e non rischia di intaccarsi se un oggetto pesante o acuminato ci cade sopra.

I difetti del teak sintetico tuttavia non sono banali. Innanzitutto la sua superficie si riscalda parecchio quando è esposta al sole, poi ha un peso non indifferente tra materiale, colla e gomma per il calafataggio, inoltre ha un costo notevole e infine sul lato ambientale è pur sempre un prodotto chimico e industriale che va smaltito.

Sughero, il rivestimento più ecologico

Una terza opzione per il rivestimento della coperta dei cabinati è un altro tipo di legno: il sughero. Ad oggi è il rivestimento con il minore impatto ambientale: è infatti completamente naturale e a differenza del teak sintetico e del teak naturale non prevede l’abbattimento degli alberi, ma solo una loro “sbucciatura”: le sughere, un particolare tipo di quercia che cresce nel bacino del Mediterraneo e nel Nord Ovest dell’Africa, sono ciclicamente decorticate in maniera artigianale.

Le applicazioni del sughero in barca non sono del tutto inedite visto che già a metà degli Anni 70 alcune imbarcazioni cominciarono ad adottare questo materiale per il rivestimento degli interni. Una delle prime barche in cui si fece ampio uso di sughero è stato il Cork, yacht a vela in legno di 20 metri costruito nel 1974 dal Cantiere Craglietto di Trieste su progetto di Carlo Sciarrelli e destinato all’imprenditore Cesare Rotelli. Questt’ultimo, che commerciava in sughero e produceva sandali, potè così trasformare in realtà il suo sogno di costruire uno yacht a vela su misura per sé e la propria famiglia.L’armatore richiese infatti al cantiere di inserire pannelli di sughero da 30 millimetri di spessore per isolare parte dello scafo e il sotto-ponte, nello spazio disponibile tra il ponte e i cielini, in modo da formare un’unica area ventilata attraverso delle fessure negli imbotti dei boccaporti della coperta. Questa idea “ecologica” garantì un grande confort di vita a bordo nei climi estivi del Mediterraneo, rendendo superflua l’installazione di un sistema di condizionamento dell’aria.

Resistente e facile da lavorare

Oggi il sughero viene impiegato anche il rivestimento del ponte di coperta delle barche con una serie di vantaggi. Primo fra tutti è la sua resistenza. Il sughero infatti viene lavorato appositamente per resistere all’ambiente marino e per sopportare, grazie alla sua notevole resistenza meccanica, lo stress a cui è destinato il piano di calpestio esterno di un’imbarcazione. La sua resistenza è dovuta alla pressatura in fase di lavorazione. Mentre il comune sughero che si trova in commercio ha una pressatura massima di 180 kg/mc, il sughero di impiego marino ha una pressatura di 550/600 kg/mc. Questa caratteristica lo rende inoltre lavorabile come un qualsiasi legno con seghetti alternativi, seghe circolari, frullini, flex e finiture con carte abrasive da 60. Questa facilità di lavorazione ne rende agevole e veloce la posa in opera: viene venduto in fogli da 200 x 90 cm già provvisti di comenti.

Elastico e resistente, il sughero, oltre a garantire una lunga durata nel tempo, non si segna né si ammacca in caso di urti e cadute di oggetti pesanti. Non necessita di manutenzione, è inalterabile nel tempo e resiste persino agli idrocarburi e all’alcool etilico. Acqua, insetti, e roditori lo lasciano indifferente e, cosa realmente importante per chi va per mare, non risente dei raggi UV, né dalla salsedine. Grazie alla sua sostanziale impenetrabilità alle varie sostanze e prodotti è sufficiente una pulizia superficiale ogni 10 giorni.

Leggero, isolante e impermeabile al 100%

Altro vantaggio è la sua leggerezza: 2,7 kg/mq contro i 4,5 di un buon teak sintetico e i anche 9 kg/mq per un teak naturale da 2 cm di spessore. Il suo peso ridotto lo rende adatto per esempio anche su barche da regate: ultimamente si è visto sul Transpac 52 ZeroCould, campione del mondo Orc nel 2017. Il sughero presenta anche ottime doti di termoisolante, quindi ci si può camminare scalzi in ogni stagione dell’anno e a ogni ora del giorno, anche in pieno sole. Inoltre contribuisce a mantenere costante la temperatura all’interno dell’imbarcazione, a vantaggio della minore necessità di riscaldamento invernale e condizionamento estivo.

Un’altra qualità del sughero molto apprezzata a bordo è la sua impermeabilità perfetta, in pratica non assorbe acqua e le sue proprietà antimacchia sono garantite: non teme creme solari, olio, caffè, vino rosso, sangue di pesce, e via dicendo. Basta sciacquarlo con acqua dolce e si può fare a meno anche del sapone. Inoltre è un antiscivolo eccezionale, anzi più è bagnato e più il grip è elevato. Infine il sughero marino ha una elevata resistenza al fuoco, non produce emissioni tossiche ed in caso di fiamme è autoestinguente. Ad oggi non sono molte le aziende che producono sughero marino. Tra queste c’è la società francese Seacork (www.seacork.com), la statunitense AquaCork (www.corkstore.com), e l’italiana Marine Cork (www.marinecork.com).

Insomma per chi vuole rivestire la coperta della propria barca e sostituire il vecchio teak naturale ed è scoraggiato dai difetti del teak sintetico, il sughero può essere una buona alternativa e chissà che nel prossimo futuro non diventi la soluzione definitiva per tutti le imbarcazioni da diporto.

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

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