Lasciare la propria barca a svernare in capo al mondo, Caraibi o Polinesia, è una scelta di tanti velisti che viaggiano sugli oceani. Ansie e patemi d’animo degli armatori sono legittimi, ma se si fa un buon lavoro di preparazione è più facile del previsto.
Invernaggio della barca in Polinesia. Chi viaggia a vela nei mari del Sud spesso lascia la barca in uno degli scali della Polinesia durante i lunghi periodi di stop. Possono incorrere impegni di lavoro o familiari o semplicemente si aspetta la stagione libera da uragani e maltempo per riprendere la navigazione.
Certamente anche in Polinesia esistono cantieri e rimessaggi dove lasciare la propria barca. Ciò non toglie che a causa della grande distanza si va via con il patema d’animo. In che condizioni troverò la barca al mio ritorno? Sarà ancora integra? E troverò ancora tutte le attrezzature e gli allestimenti in buono stato? Sono tutte domande legittime per un armatore. Specie se la sosta preventivata si prolunga oltre i programmi.
Leggi anche: Come navigare tra lagune, atolli e banchi di corallo
Lasciare la barca in capo al mondo
Come è successo a Charles Geoffroy, un’armatore francese di una barca di 11 metri in alluminio che dopo aver dovuto interrompere il suo viaggio nel mezzo del Pacifico, nel marzo del 2019 ha lasciato il suo yacht presso il cantiere navale di Apataki, nell’arcipelago delle Tuamotu. Sarebbe dovuto rimanere in Francia una sola stagione, ma il suo ritorno in Polinesia è stato ritardato. Prima da vincoli familiari e professionali, poi dalla pandemia globale. Alla fine la barca è rimasta da sola in Polinesia per ben 3 anni.
Invernaggio della barca in Polinesia. Charles, che pagava l’equivalente di 250 euro al mese per il rimessaggio del suo yacht a vela di 11 metri, ad un certo punto ha anche pensato di vendere la barca. Ma così a distanza gestire visite e trattative non era semplice. Finalmente è riuscito a mettersi su un aereo da Parigi alla Polinesia per ritrovare la barca. In cuore una grande impazienza e un altrettanto grande paura: in che stato sarà?
Cure meticolose prima dell’invernaggio
C’è da dire che Charles aveva preso ogni precauzione prima della partenza provvedendo a un meticoloso invernaggio della barca e le sue componenti interne ed esterne. All’esterno aveva tolto tutti gli elementi che potevano essere smontati. Tra questi c’era il sartiame, la barra del timone, le assi di legno del paiolato nel pozzetto, lo sprayhood, etc. Mentre toglieva tutto numerava le parti di ogni singolo componente indicando anche il senso di montaggio per facilitare il rimontaggio al suo ritorno. Aveva anche oliato la catena dell’ancora per evitare che arrugginisse nel gavone di prua e protetto la tuga con una vecchia vela appesa ai lati del boma. Dopodiché aveva anche fatto l’invernaggio del motore.
Invernaggio della barca in Polinesia. All’interno aveva usato lo stesso metodo. Aveva rimosso tutti i cuscini e la schiuma interna, aperto gli armadi e alzato i pagliolati. Aveva anche rimosso il tappo degli osteriggi per permettere all’acqua di defluire se necessario. Inoltre aveva protetto tutte le aperture delle maniche a vento con una zanzariera per impedire l’ingresso di insetti e altri animali. Per lo stesso scopo aveva anche sparso una soluzione di acido borico e latte concentrato in diversi punti strategici degli ambienti interni. Polveri tossiche che avrebbe dovuto uccidere qualsiasi scarafaggio che avesse osato avventurarsi all’interno della barca.
Stato della barca dopo 3 anni?
Quando finalmente è stato il momento di vedere di nuovo la sua barca, Charles si è sentito sollevato. All’esterno la vecchia vela che proteggeva la coperta era a brandelli, ma nel complesso la barca era ancora in ottime condizioni. Lo scafo in alluminio era intatto, il ponte era stato protetto relativamente bene. Il clima secco delle isole Tuamotu inoltre aveva favorito un buon rimessaggio. Niente muffa in diversi punti, come spesso accade a Tahiti.
E ora qualche nota dolente. In termini di equipaggiamento, le batterie AGM del 2017 non erano sopravvissute. Anche il tender non aveva retto alle condizioni e al primo gonfiaggio si era completamente scollato. All’interno della barca, particolarmente esposta al calore, anche tutte le plastiche non avevano retto: la maggior parte dei manici degli utensili era diventata appiccicosa, gli elementi in silicone si erano cotti fino a diventare fragili. Gli oggetti biodegradabili, come i sacchi della spazzatura, che aveva usato per imballare alcune delle sue cose, si erano degradati.
Il lungo lavoro di invernaggio paga
Invernaggio della barca in Polinesia. Gli spazi tuttavia non erano stati invasi da insetti o nidi di vespe e la soluzione di acido borico e latte condensato aveva effettivamente eliminato gli scarafaggi. La chiglia della barca era appoggiata su blocchi di cemento e il resto della barca era a contatto con la terra solo attraverso dei tasselli. Questo forse ha contribuito a rendere l’accesso difficile agli animali.
Super contento di avere trovato la sua barca in così buone condizioni, Charles sta ora pensando di continuare il suo viaggio iniziale. E riprenderlo da dove lo aveva lasciato. Nei prossimi mesi rimetterà la barca in condizioni di navigare e la preparerà per una lunga crociera.