Perché non riciclare le barche a vela dei migranti?

Sempre più spesso per trasportare in Italia i migranti oltre a vecchie navi e gommoni vengono utilizzate barche a vela rubate che dopo lo sbarco vengono abbandonate creando problemi ambientali. Si potrebbero vendere all’asta o affidarle a scuole di vela.

Per traghettare i clandestini dalle coste dell’Africa, della Grecia o della Turchia all’Italia ci sono le cosiddette “carrette del mare”, ossia le vecchie navi in disuso oppure i gommoni spinti da potenti fuoribordo. Me negli ultimi tempi i mercanti di uomini utilizzano sempre di più anche le barche a vela. Perché meno rumorose, più economiche, ma soprattutto meno vistose. Le rubano naturalmente. La tecnica utilizzata dai pirati, è sempre la stessa. Si affiancano con dei tender alle imbarcazioni, disattivano i Gps di quelle finite nel mirino e poi le fanno sparire in uno dei tanti cargo che le trasporteranno sui mercati paralleli dove gli scafisti fanno affari. Nel solo 2019, sono state rintracciate 24 imbarcazioni rubate in Italia, 14 in Grecia e 6 in Croazia, più altre in Turchia. Tutte trafugate da un’organizzazione criminale i cui componenti provenivano dai paesi dell’ex blocco sovietico.

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La maggior parte di questi cabinati da diporto vengono rubati nei porticcioli greci e turchi, dove restano a svernare. Alcune sono barche di serie di cantieri rinomati come Bénéteau e Jeanneau il cui valore di mercato si aggira intorno ai 40.000 euro, ma che da nuove sono pagate anche 10 volte tanto. Altre barche, spesso le più malmesse, sono acquistate per pochi soldi. Non conviene infatti investire troppo su mezzi destinati a compiere un viaggio soltanto, visto che una volta sbarcati i migranti sulle spiagge, le barche vengono abbandonate al loro destino. Dopodiché le barche a vela dei viaggi della speranza vengono sequestrate e lasciate nei porti di attracco in attesa delle indagini giudiziarie, trasformandosi in relitti da demolire. Con un grave danno economico e ambientale.

Barche migranti

Quasi impossibile risalire ai proprietari

In molti casi risalire ai proprietari di questi cabinati può rivelarsi un’impresa difficile, perché vengono fatti sparire i documenti di bordo e la matricola del motore e dello scafo vengono abrase. Se si tratta di barche relativamente nuove e di serie, vi sono però altri codici che distinguono lo scafo e talvolta gli accessori con i quali si può risalire all’armatore. Numeri nascosti, placche inserite dal costruttore, la cui ricerca è spesso affidata agli “007” delle assicurazioni che coprono i danni. Il più delle volte in ogni caso le barche da diporto dei migranti non sono altro che relitti da smaltire con una spesa che può arrivare anche a 35-50.000 euro.

Barche migranti

Quei cimiteri di barche abbandonate

Ci sono dei porti italiani ormai che negli ultimi mesi sono diventati veri e propri cimiteri di queste barche. Come per esempio il porto vecchio di Leuca, nel Salento, dove in poco tempo sul molo si sono accumulate 18 imbarcazioni, ormeggiate anche in terza fila al molo pescherecci. Nel mese di novembre sulle coste del Salento sono stati contati anche cinque sbarchi al giorno. Giustamente ciò che più tocca i cuori della comunità è la sorte dei migranti sbarcati. Resta però anche il problema delle barche abbandonate che inevitabilmente vanno ad affollare i porti della costa. Accade in Puglia, ma anche in Calabria e in Sicilia. Sono decine e decine, i natanti per il diporto messi sotto sequestro e abbandonati alle intemperie: c’è chi giura che farebbero gola a molti, se solo venissero messe all’asta. Eppure ciò non avviene, e intanto finiscono per diventare relitti, le cui fibre in vetroresina si staccano dagli scheletri e rischiano di inquinare l’ambiente.

C’è chi propone per esempio di darle in gestione gratuita a enti non profit per utilizzarle come scuola d’altura. Oppure mandarle all’asta in mancanza di richieste entro 30 giorni. Evitando così anche il rischio che, con l’arrivo delle mareggiate invernali, alcune imbarcazioni possano colare a picco.

 

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore, reporter e direttore di testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici, compresi tutti i watersports.

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