Un bidone galleggiante che si installa nei banchine e lungo i pontili di porti e marina ed è in grado di risucchiare e raccogliere i rifiuti dall’acqua, tra cui le microplastiche. L’idea è di due surfisti australiani e anche in Italia si moltiplicano le installazioni del dispositivo ecologico.
Il Seabin ci salverà. Forse non tutti sanno che i primi testimoni dell’inquinamento dei mari e dell’invasione della plastica in oceano sono stati i surfisti che negli Anni 50, frequentando assiduamente le spiagge della California e delle isole Hawaii, si erano resi conto del problema sulla loro pelle e cominciarono a sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso campagne antinquinamento. Non sorprende così che a distanza di settant’anni, quando quegli stessi oceani sono ormai letteralmente invasi da montagne di plastiche e disseminati di isole di rifiuti alla deriva, proprio due surfisti australiani Pete Ceglinski e Andrew Turton abbiano inventato uno strumento semplice e geniale in grado di sottrarre al mare plastica, microplastica, idrocarburi e microfibre dal mare.
Si chiama Seabin, letteralmente “bidone del mare” ed è un cestino galleggiante che risucchia e raccoglie i rifiuti dall’acqua, tra cui le microplastiche. Efficace soprattutto in aree come i porti, dove si accumulano i detriti, è in grado di catturare più di 500 chili di rifiuti all’anno. Nel 2018 Seabin è stato pluripremiato per innovazione e difesa dell’ambiente e ad oggi sono molti i porti anche italiani dove il Seabin si sta diffondendo a uso dei diportisti.
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Uno spazzino del mare che lavora h24
Il Seabin lavora 24 ore su 24, sette giorni su sette e deve essere svuotato ogni due settimane. In genere viene fissato al pontile o alla banchina con la parte superiore del dispositivo al livello della superficie dell’acqua. Grazie alla posizione strategica, al vento e alle correnti, i detriti vengono risucchiati all’interno del dispositivo e l’acqua che entra viene filtrata e restituita al mare mediante una pompa elettrica, mentre i rifiuti restano all’interno del contenitore, comprese le pericolose fibre più piccole. Il Seabin è in grado di catturare catturano tutta la plastica che incontra risucchiandola: dalle buste alle confezioni delle patatine, dai cotton fioc alle fibre microscopiche invisibili a occhio nudo.
I due surfisti australiani recentemente hanno creato una start up che ora distribuisce il Seabin in tutte le parti del mondo con lo slogan: “Se abbiamo cestini a terra, perché non in mare?”. Per fare la differenza in tema di invasione di plastica negli oceani ci vorrebbero centinaia di Seabin, dato che sono migliaia le tonnellate di plastica disperse negli oceani di tutto il mondo, però qualcosa comincia a muoversi.
In tanti porti italiani i bidoni sono già al lavoro
Nel 2020 la benefit corporation italiana LifeGate ha deciso di lanciare la campagna “Plasticless” e promuovere l’uso di questi bidoni per ripulire i porti italiani. L’iniziativa è partita questa estate: “Quello delle plastiche e delle microplastiche è un tema molto sentito – spiega Enea Roveda, Ceo di LifeGate – e in collaborazione con il Seabin project stiamo mettendo questi cestini nei porti ma lavoriamo anche per poterli usare anche in altri ambiti, attaccati alle boe o alle navi che solcano il mare”. Alcuni Seabin hanno preso servizio già nei mesi scorsi nei porti di Marina di Varazze (Savona), Santa Margherita Ligure, Venezia Certosa Marina (Ve), Cattolica, Fano, San Benedetto del Tronto, Ostia, Olbia, Roccella Ionica, Bari e nell’area marina protetta di Portofino.
Potrebbe sembrare una “goccia nel mare” rispetto alle migliaia di tonnellate disperse negli oceani di tutto il mondo, ma il progetto nasce con un duplice obiettivo: intanto rimuovere la plastica che c’è. E poi sensibilizzare la gente facendo loro capire che anche con azioni banali possiamo fare qualcosa di concreto. Noi diportisti e non solo…
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