Per lungo tempo il Mediterraneo è stato al centro del mondo, ma controllato e dominato dall’Italia e dagli altri paesi affacciati su questo grande piccolo bacino. Oggi questo non accade più e altre forze politiche, commerciali e strategiche decidono per noi.
Dopo essere stato la culla della civiltà nel mondo antico, teatro di città marinare prestigiose, scalo di partenza e arrivo di strepitosi transatlantici e protagonista di una storia che ha visto l’Italia al centro di ascese memorabili e picchiate durissime, oggi il Mediterraneo non sembra appartenere più al nostro Paese. Così come più in generale a nessuna delle grandi potenze che si affacciano sul “mare nostrum”.
Negli ultimi decenni il “nostro mare”, per responsabilità nostra, ma anche dell’Unione Europea, è divenuto terreno di gioco e scontro per altri. E a dispetto della cosiddetta “blue economy” inseguita dal nostro governo sembra destinato a rimanere fuori dal controllo del nostro Paese e di chi ci riconosce la propria identità. È questa la tesi di fondo del libro “Patria senza mare” di Marco Valle (Signs Editore, Milano, 2022), un testo corposo di 500 pagine, molto dettagliato e a suo modo inedito, in cui l’autore, giornalista e analista geopolitico, ci accompagna in una vasta ricognizione della storia del Mediterraneo fino ai nostri giorni.
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Un mare che è ancora al centro del mondo
In questo lungo excursus storico Valle pone l’attenzione sulle forme di dominio del Mediterraneo esercitato dalle potenze marittime italiane eredi del mondo romano, l’unico in cui il “mare nostrum” è rimasto sotto un’unica dominazione. Un bacino che proprio per la sua collocazione strategica in seguito è diventato non solo il centro di un mondo, ma del mondo.
Basti pensare che l’oceano Indiano e il Mar dei Caraibi sono stati e sono ancora studiati come proiezioni, a Levante e a Ponente, del Mediterraneo, sia per le dinamiche commerciali che li attraversano, sia per tanti aspetti più propriamente geografici.
Usa, Russia, Cina e Ue, tutti vogliono il Mediterraneo
Poi è seguito un lungo periodo marittimo in cui l’Italia ha giocato un ruolo chiave nel “mare nostrum”. Dall’alba delle Repubbliche Marinare alle visioni marittime di Camillo Benso di Cavour, dal “navalismo letterario” di Salgari e d’Annunzio, alla luminosa stagione dei transatlantici. Fino a che sono arrivate a dettare legge in questo mare potenze che mediterranee non sono. A partire dal Regno Unito nel Settecento e poi gli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, la Russia e oggi perfino i cinesi che con le loro flotte militari e civili vi transitano a loro piacimento.
Senza contare gli attuali sbarchi di migranti dall’Africa e l’UE che impone regole alla pesca che condizionano ampiamente le nostre maggiori flotte, da Mazara del Vallo a Chioggia. Non dimentichiamo, avverte Valle, che attraverso i Canali di Sicilia, Gibilterra e Suez arrivano nei nostri porti tubi e cavi sottomarini che garantiscono calore e collegamenti internet. A chi appartiene davvero oggi questo mare?
L’Italia deve tornare a essere fiera del proprio mare
Marco Valle non ha dubbi sul fatto che l’Italia debba ritrovare una profonda consapevolezza del valore strategico ed economico di questo bacino e far sentire la propria voce. “La marittimità italiana è una priorità della nostra narrazione nazionale. Piaccia o meno nel Mediterraneo l’Italia ha sempre trovato il segno del proprio destino poiché ne costituisce l’asse mediano e le è dunque connaturato il sogno e la possibilità di dominare quel mare in tutta la sua estensione. Proprio nel continente liquido risiedono i primari elementi politici, economici, militari su cui si regge l’intero sistema-Nazione”.
Perché l’Italia coltiva ancora un “sentimento d’estraneità” rispetto a quel mare scuro? La verità è che agli italiani il “mare nostrum” diverte quando vanno in spiaggia, ma poi non appassiona. Anzi spesso spaventa. Eppure, oggi come ieri, “navigare necesse est”.