Con quel cognome e l’eredità culturale Céline Cousteau non poteva certo accontentarsi di una vita sedentaria. Anche lei è un’avventuriera, esploratrice e documentarista proprio come suo nonno Jacques Cousteau e tra i suoi obiettivi anche la salvaguardia del pianeta.
Non deve essere stato sempre facile per Céline Cousteau portare l’eredità di un nome di famiglia così famoso. Dopo tutto, pochi di noi possono dimenticare i documentari pionieristici degli Anni 70 in cui suo nonno Jacques, con il suo tipico berretto rosso, navigava e s’immergeva nelle profondità marine a bordo della sua barca, la Calypso, svelandoci mondi sottomarini che non immaginavamo esistessero.
“Non si può non essere influenzati da una famiglia di esploratori e registi quando ne sei costantemente circondato, ma la mia famiglia non mi ha mai pressato”, spiega Céline Cousteau, 40 anni. Da bambina ha trascorso le sue vacanze scolastiche viaggiando in luoghi come l’Amazzonia con i suoi nonni, suo padre Jean-Michel, un rinomato documentarista e sostenitore dell’ambiente, sua madre Anne-Marie, ex fotografa di spedizioni, e suo fratello maggiore, Fabien, ora anche lui esploratore oceanico con la passione per la protezione degli squali.
Sono poche le esploratrici donne come lei
Come regista e divulgatrice ambientale, Céline Cousteau ha poche colleghe. Ci sono infatti tanti seguaci maschi che seguono le orme di David Attenborough, Ben Fogle, Bear Grylls e Steve Backshall ma quando le si chiede se riesce a pensare a qualche altra donna che fa quello che fa lei, la Cousteau ha un vuoto. Spesso la si può trovare a lavorare da sola, con uno zaino e una telecamera in mano o con una piccola squadra, tra cui suo marito, Çapkin van Alphen, un cameraman australiano che ha conosciuto 20 anni fa come parte della troupe cinematografica di suo padre, ma con cui sta insieme solo da tre anni.
Dopo che la sua famiglia si è trasferita dalla Francia alla Virginia, negli Stati Uniti, Céline Cousteau quando era ancora adolescente ha studiato psicologia all’università. A metà dei suoi vent’anni, dopo tre anni passati a lavorare in un progetto di sviluppo sostenibile in Costa Rica, è finalmente tornata dalla sua famiglia. “Ero in una delle spedizioni di mio padre a filmare la migrazione delle balene grigie vicino all’Alaska quando ho capito che era quello che volevo davvero fare – racconta Céline – l’aspetto narrativo ha fatto appello al mio lato creativo, ma si trattava anche di essere là fuori negli elementi, a stretto contatto con essi. Non sono una persona da clima freddo, ma questo è il modo in cui intendo vivere”.
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Quei viaggi incredibili per raccontare il nostro pianeta
Per Céline Cousteau essere immersi nell’acqua è come una seconda natura. C’è un ritorno alle origini, se vogliamo – afferma la regista – essere sott’acqua è come entrare in un mondo che è completamente avvolgente, una sensazione che non hai necessariamente sulla terraferma, a meno che tu non sia lontano in una montagna o nel profondo di una giungla, dove per miglia e miglia intorno non c’è altro”. Eppure Céline Cousteau non passa la vita da sola ed è anzi interessata alle persone quanto al pianeta. Attraverso il cinema, i documentari in particolare, esplora perché gli esseri umani fanno quello che fanno nel contesto dell’ambiente e come trovano soluzioni sorprendenti alle sfide che affrontano.
Tante soddisfazioni e qualche rischio
Questo lavoro l’ha portata in giro per il mondo, dall’Amazzonia all’India, dalla Patagonia alla Thailandia. “Può essere fisicamente molto impegnativo e a volte anche un po’ spaventoso – racconta – Devi essere disposto a soffrire”. Per un recente documentario in Cile, Céline Cousteau ha viaggiato dall’Antartide al Nord del Cile e poi verso Ovest fino all’Isola di Pasqua, vivendo a bordo di una barca per gran parte dei cinque mesi di riprese. E non sono mancati i momenti di paura. “A un certo punto io e Çapkin ci stavamo immergendo nei canali al largo della Patagonia e improvvisamente ci siamo trovati sotto un pezzo di ghiaccio galleggiante. Non potevamo vedere più in là delle nostre mani. Non potevamo vedere i nostri computer da immersione e se allungavamo le braccia potevamo sentire il ghiaccio. Dovevamo avvicinarci il più possibile l’uno all’altro, con le nostre maschere che si toccavano, e trovare lentamente la strada per risalire. Mi ha fatto capire quanto siamo vulnerabili”, racconta l’esploratrice.
Uno dei suoi più grandi obiettivi ora è quello di aiutarci a capire perché gli oceani sono così importanti per il nostro futuro. Le risorse dell’oceano non sono solo nei nostri cosmetici, ma nei nostri prodotti farmaceutici – molti degli ingredienti che aiutano a combattere il cancro provengono dalle nostre barriere coralline – e sono anche nei nostri piatti. “Voglio che la gente capisca che mantenere gli oceani in uno stato più sano sarà meglio per tutte le nostre vite – spiega Céline – dipendiamo dal sistema marino, quindi dobbiamo prendercene cura”.