Fare immersioni mirate a caccia di relitti di navi nascoste sui fondali è una passione che coinvolge migliaia di appassionati nel mondo. Anche in Italia ci sono tante navi affondate lungo costa dalle storie spesso misteriose, se non inquietanti.
Immersioni tra i relitti di navi. Secondo un recente studio dell’Unesco sui fondali di tutto il mondo vi sarebbero circa 3 milioni di relitti. L’Italia, grazie alla sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, è in cima alla lista dei siti per immersioni subacquee dedicati alla visita di navi affondate. Relitti che proprio per il loro valore storico ed archeologico attirano ogni anno migliaia di appassionati che, indossati maschera, pinne, bombole e boccaglio, si dedicano all’esplorazione di questi tesori nascosti.
Ma quanti sono verosimilmente i relitti di navi affondate in Italia che fanno la gioia dei sub? In realtà è molto difficile stabilirne il numero preciso. Sappiamo solo che sono diversi per tipologie, dimensioni ed età delle navi. Alcune delle quali hanno storie curiose o misteriose.
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Relitti di navi celebri nel mondo
Immersioni tra i relitti di navi. Nei siti e nei canali Social dedicati alle navi affondate e meta di escursioni subacquee nel mondo si trovano storie molto suggestive e immagini a dir poco affascinanti di relitti, come per esempio il famoso il Mar Sem Fin, lo yacht brasiliano naufragato poco più di 9 anni fa ad Ardley Bay e che riposa tuttora tra i ghiacci dell’Antartide oppure il vascello della Marina Americana Kittiwake affondato nel 2011 alle Isole Cayman o ancora il relitto del President Coolidge, una nave militare lunga più di 200 metri e di facile accesso alle isole Vanuatu; e poi ancora la nave da crociera Umbria affondata Mar Rosso, tra i migliori relitti conservati, fino alla Bianca C, la più grande nave di lusso sommersa nelle acqua di Grenada, ai Caraibi.
Tutti questi relitti accendono sempre l’immaginazione, forse perché negli abissi degli oceani c’è più vita che in superficie. Ci sono storie di vite intrecciate, di guerre e scontri navali, navigazioni finite male a causa di tempeste o scogli nascosti e così via. Per quanto riguarda l’Italia, secondo l’Istituto Idrografico della Marina Militare, l’ente che si occupa di disegnare e stampare tutta la cartografia nautica delle nostre acque, sono circa 8.000 i relitti di navi affondate lungo le nostre coste. Ecco alcuni dei più famosi.
Bettolina di Cervo, in Liguria
Immersioni tra i relitti di navi. Affondata nella primavera del 1943, la cosiddetta “Bettolina di Cervo” è una nave di origine tedesca che giace su un fondale di fango a circa 45-47 metri dal livello del mare. Il relitto si trova al largo di Cervo, in provincia di Imperia (Liguria). Lunga 70 metri e larga 9, la sua storia è tuttora avvolta nel mistero. Non si conoscono né data, né causa precise del suo affondamento. Sicuramente è una nave affondata nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Gli storici dicono a causa di un siluramento da parte di un sommergibile inglese. Poiché il relitto a tutt’oggi appare pressoché intatto, si presume non abbia subito molti danni. Tant’è che rimane una delle mete preferite degli appassionati di immersioni, nonché rifugio di gronghi, mostelle, scorfani, aragoste e astici.
Motonave Valfiorita, in Sicilia
Siamo in Sicilia, terra che, praticamente ogni giorno, ci regala una scoperta emozionante. E quello della Valfiorita, che giace a una profondità di 55-70 metri, resta uno dei relitti più affascinanti di tutto il Mediterraneo. Colpita alla prua l’8 luglio del 1943 da un siluro lanciato dalla Marina Inglese nel tratto di mare compreso tra Messina e Palermo, più precisamente a Mortelle, la Valfiorita conserva ancora intatto tutto il suo carico: auto Fiat Balilla, Fiat 1100, motociclette con sidecar. Un paradiso per i sub, che per visitare il relitto devono però avere un livello tecnico avanzato, a causa delle forti correnti nella zona che rendono pericolosa l’immersione.
Relitti di Sant’Andrea, Toscana
Da sempre crocevia del traffico marittimo, l’isola d’Elba è il luogo del tempo che scorre, che tutto trasforma, ma che nulla cancella, nonché fonte di affascinanti narrazioni, anche della mitologia greca. Nota la leggenda secondo la quale gli Argonauti, alla ricerca del Vello d’Oro, sbarcarono sulla Spiaggia delle Ghiaie. La chiamano l’Altra Elba, quella dei relitti di antiche navi. Fondali che regalano non solo resti di navi affondate, ma anche di anfore, vasi, armi e strumenti vari, soprattutto di epoca romana.
Come quelli trovati sui relitti di Sant’Andrea, a Marciana, lungo la costa occidentale dell’Elba. Catalogate semplicemente come “Relitto A” e “Relitto B”, hanno regalato un patrimonio archeologico di tutto rispetto, oggi conservato presso il Museo civico archeologico di Portoferraio e il Museo civico archeologico di Marciana.
Nave cargo Cunsky, in Calabria
Ci sono poi relitti di navi che scottano. Proprio così, navi affondate dal carico pericoloso o frutto di traffici criminali. Dalla fine degli Anni 70 sarebbero almeno 30 le navi affondate nel Mediterraneo in circostante alquanto ambigue. Una discarica marina proveniente dal Nord Europa e diretta principalmente nel basso Tirreno, sulla quale indagano ormai da tempo gli inquirenti. Navi che salpano sapendo che non attraccheranno mai in nessun porto. La loro missione è simulare naufragi, inabissarsi nelle acque del Mediterraneo e portarsi dietro il carico di rifiuti tossici. Per sempre. Le chiamano comunemente navi a perdere, ma in realtà hanno spesso anche nomi ben precisi, come Rigel, Jolly Rosso, Yvonne A, Vorias Sparadis, Mikigan, Marylijoan, Aouxum, Monika e Cunsky.
Proprio quest’ultima, è stata oggetto di cronache, indagini ed inchieste riguardanti il relitto identificato al largo di Cetraro, in provincia di Cosenza. Ricordiamo infatti che, secondo le rivelazioni del pentito Francesco Forti, la Cunsky venne affondata al largo delle coste calabresi dalla ‘ndrangheta nel 1993, insieme al suo carico di 120 bidoni di scorie radioattive di origini norvegesi. In realtà, accertamenti condotti successivamente dal Ministero dell’Ambiente dimostrarono che quello indicato da Forti era il piroscafo Catania affondato durante la Seconda Guerra Mondiale.
Al di là del duro colpo inflitto alla credibilità del pentito, il dubbio rimane, poiché le indagini condotte sul luogo e a suo tempo dall’Arpacal rilevarono una quantità rilevante di contaminazione, tanto da farne scaturire, nel 2006, un’ordinanza di interdizione della pesca. La cronaca racconta che nel 2008 tale interdizione venne poi rimossa: nonostante le tracce di inquinanti riscontrate, il divieto fu rimosso perché la Cunsky non venne mai trovata. Ma c’è ancora chi continua a cercarla.