Quando è arrivata l’emergenza Coronavirus con le conseguenti restrizioni della libertà personale, le frontiere chiuse e i voli cancellati, alcuni diportisti anche italiani si trovavano all’estero. Ora molti di loro vorrebbero tornare nel proprio paese, ma hanno seri problemi. In Italia si studiano le misure per rimpatriarli.
Se c’è una cosa che ricorderemo per molti anni a venire di questa emergenza Coronavirus è lo slogan #restateacasa. Ripetuto migliaia di volte nei giornali, alla Tv, nelle dirette, nelle pubblicità, condiviso all’infinito sui Social, urlato dai balconi delle case, scritto e sottolineato in tutti i comunicati ufficiali e nelle note governative. Un monito volto al buon senso, ma anche un obbligo giuridico pesantemente sanzionato per chi non ubbidisce per limitare al massimo la diffusione della pandemia. Dopo un primo periodo di scetticismo, la maggior parte delle persone, almeno in Italia, lo ha preso seriamente e lo ha rispettato, alcuni al contrario lo hanno preso sottogamba o semplicemente rifiutano di ribellarsi a questa onerosa compressione forzata e ingiustificata (a loro dire) di un diritto costituzionale come quello della libertà personale. Paesi tipicamente evoluti civilmente, come per esempio l’Inghilterra o la Svezia, hanno provato a farne a meno, salvo poi pagarne le gravi conseguenze e prontamente ricredersi.
Insomma stare è casa in questi giorni è il nostro imperativo, il nostro mantra, la nostra salvezza e quella degli altri. C’è tuttavia chi quando è stato imposto il divieto di uscire di casa, parliamo almeno per l’Italia del 9 marzo scorso, a casa non c’era. Anzi non era nemmeno in Italia. Lavoratori in trasferta, studenti Erasmus, ricercatori, giornalisti, atleti. E tra loro anche molti diportisti. Gente che viaggiava per piacere, pensionati in libera uscita definitiva o famiglie che sfruttavano le vacanze per andarsene in crociera, skipper oceanici e velisti giramondo. L’emergenza Coronavirus li ha colti in Paesi lontani, chi sulle classiche rotte della navigazione, chi invece in posti sperduti.
Chi non può sbarcare e chi deve abbandonare l’ormeggio
Per alcuni c’è stato il problema di attraccare in un porto, sempre con il vincolo della quarantena da rispettare e le limitazioni allo sbarco, altri addirittura sono stati costretti a rimanere in barca perché gli è stato vietato anche solo di avvicinarsi a un marina. Gente alle prese con figli o con le risorse energetiche della barca agli sgoccioli, con la cambusa finita. Quasi tutti i paesi europei hanno le frontiere chiuse e questi diportisti non saprebbero dove atterrare. Per alcuni il programma prevedeva di imbarcare amici e professionisti che li avrebbero aiutati a riportare la Barca in Mediterraneo attraversando l’oceano, ma ora che tutti i voli sono cancellati, nessuno può raggiungerli dall’Europa.
Chi può, rimane dove sta, magari a svernare ed aspettare in posti caldi e tranquilli che l’emergenza abbia fine, ma la maggior parte di loro vuole rientrare a casa. Ma non è facile, anzi è una vera odissea. Sono inchiodati all’estero. “Aiutateci a tornare a casa”, questo è diventato il loro slogan, anzi un grido di allarme lanciato sui social.
Un gruppo WhatsApp per darsi una mano
Un gruppo abbastanza consistente di loro si trova ai Caraibi. Sono circa 80 persone appartenenti a diverse nazioni europee, compresi alcuni italiani. Hanno recentemente formato un gruppo WhatsApp in cui condividono le informazioni, i problemi e si danno supporto. Le loro esigenze non sono solo personali ma anche legali: diversi stati caraibici hanno infatti intimato alle barche di andare via, in particolare gli Stati del Sud, mentre altri non li lasciano atterrare nelle varie isole degli arcipelaghi. Tra poco più di un mese proprio ai Caraibi inizia la stagione degli uragani e in molti non vogliono trascorrerla oltre oceano, specialmente se non possono ridossarsi. Passare questo periodo nelle isole situate a Nord significa, con tutta probabilità, perdere la barca.
I tedeschi, vista la situazione, hanno chiesto alla marina militare di poter creare un convoglio di barche scortate da una fregata militare, la Baden-Württemberg che si trova alle Canarie e potrebbe raggiungere i Caraibi in una settimana. La marina teutonica ha risposto però che la cosa non è fattibile, ci sono problemi con i rifornimenti della nave. Insomma in molti si sentono in trappola.
Per gli italiani attivata la Farnesina con siti e numeri verdi
Per quanto riguarda l’Italia, la nostra Farnesina sta chiedendo alle compagnie aeree di attivare voli speciali per permettere il rientro in Italia ai connazionali che si trovano in altri Paesi che hanno sospeso i voli internazionali. C’è una pagina dedicata ai voli speciali nel sito del Ministero degli Affari Esteri. Per maggiori informazioni sulle tratte disponibili, è bene visitare anche i siti delle compagnie coinvolte nell’operazione, come Alitalia, Neosair e Blue Panorama. Per i diportisti rimasti all’estero la prima raccomandazione è quella di fare riferimento al sito dell’Unità di crisi della Farnesina www.viaggiaresicuri.it (è disponibile anche una App sia per dispositivi Android che iOS) oppure chiamare il numero +39.06.36225 o mandare una mail a unita.crisi@esteri.it.
Sempre sul sito www.viaggiaresicuri.it c’è un focus su ogni Paese, con aggiornamenti della scheda in tempo reale. Ma vi sono indicazioni specifiche relative anche al tipo di viaggio che si è intrapreso. Collegato al sito, c’è anche il portale www.dovesiamonelmondo.it dove registrare la propria presenza fuori dai confini nazionali, in modo da venire rapidamente rintracciati e contattati dal ministero degli Affari esteri in caso di emergenza.