Uno scafo o una coperta affette da osmosi possono essere curate attraverso una serie di operazioni che eliminano il problema alla radice. Si tratti di lavori che in genere si affidano a cantieri specializzati e personale qualificato, anche se con una buona dose di manualità, gli spazi giusti e un bel po’ di tempo libero è possibile eseguire da soli. L’importante è sapere esattamente cosa fare.
Se la vostra barca presenta le tipiche bolle dell’osmosi presenti nella zona compresa tra il gelcoat e lo strato di laminato sottostante nello scafo e il test dell’umidità eseguito con l’igrometro ha confermato la “malattia”, non c’è alternativa: occorre procedere alla cura. Una volta avviato infatti il processo osmotico prosegue e non è possibile sapere o capire quanto velocemente si espanderà o si aggraverà.
Per saperne di più leggi anche: Osmosi allo scafo: come riconoscerla e i trucchi per evitarla
Meglio ricorrere al più presto a un trattamento specializzato e non ci si pensa più. Ecco le 8 tappe per la cura di uno scafo affetto da osmosi. Vediamole insieme.
01. Pulitura
Prima di iniziare la cura occorre preparare la barca. Dovete quindi pulire le sentine e asciugarle, svuotare i serbatoi, smontare i passascafi e liberare la superficie da trattare fino ad almeno 20 centimetri sopra la linea di galleggiamento. Se l’osmosi è anche sul ponte allora dovete togliere anche le varie attrezzature così da permettervi un lavoro approfondito e una precisa mappatura dell’umidità senza interferenze, per esempio la presenza di acqua che può alterare le letture dello strumento.
02. Rimozione del gelcoat
Per togliere il gelcoat ma anche le bolle di osmosi, il tessuto marcio e una parte di umidità non c’è che un rimedio: la sabbiatura. In alternativa si può usare una carteggiatrice a nastro con carta da 40 o una moletta. Le bolle di osmosi devono essere aperte e lo scafo messo a nudo per eliminare le sostanze nocive e l’acqua assorbita durante il processo osmotico. Nel caso la sabbiatura asporti grandi porzioni di tessuto dovete controllare che l’appoggio dello scafo sull’invaso sia ben distribuito.
03. Risciacquo
Per eliminare il rischio di innescare di nuovo l’osmosi dovete risciacquare ripetutamente lo scafo almeno ogni due settimane possibilmente con acqua dolce e tiepida per rimuovere gli acidi e le impurità. I risciacqui non influiscono negativamente sulla fase successiva.
04. Asciugatura
La fase dell’ asciugatura o maturazione è necessaria affinché l’opera viva ritrovi il tasso di umidità naturale uguale a quello sopra la linea di galleggiamento. Dovete lasciare asciugare lo scafo naturalmente o con il supporto di appositi dispositivi come deumidificatori e pannelli riscaldanti. Per quanto? Il tempo necessario varia dal tasso di umidità da rimuovere. In genere servono un minimo di 3 mesi in un clima secco o al coperto di un capannone o di una “gonna” in plastica che passano ad alcune settimane se l’asciugatura viene forzata. Nell’attesa continuate a misurare il tasso di umidità con l’igrometro riportando con il pennarello indelebile le letture fatte direttamente sullo scafo e aspettate che tornino i valori normali per procedere alla operazione successiva.
05. Ristratificazione
Se sono state asportate ampie zone con la sabbiatura, la struttura va ricostruita. Si resinano strati di lana di vetro di dimensioni a scalare in modo che i lembi riempiano i margini degradanti degli avvallamenti fino a ritrovare lo spessore originale. È un’operazione che varia in complessità secondo l’estensione della superficie da trattare, ma sempre possibile anche in caso di asportazione totale di parte della carena.
06. Stuccatura
Uno scafo ben levigato è bello ma richiede pazienza. Riempire e carteggiare è ripetitivo, noioso e a volte difficile, ma l’estetica e il valore della barca dipenderanno da questa fase. Va fatta con uno stucco della stessa casa produttrice dei prodotti scelti per gli interventi precedenti e miscelato secondo il caso ad additivi per variare la consistenza e adattarsi a profondità e posizioni diverse dei vuoti.
07. Carteggiatura
Le asperità vanno carteggiate fino ad avere una superficie continua. Se si trovano degli avvallamenti si ripassa al punto precedente. L’ultima fase di pulitura per eliminare definitivamente le tracce di polvere e residui chimici.
08. Verniciatura
Il passaggio finale consiste nella verniciatura con resina epossidica. Lo scafo è pronto per essere sottoposto a una serie di mani di protezione in numero, spessore, tempi e condizioni ambientali variabili secondo le specifiche indicate sulle confezioni dei vari prodotti. In genere si tratta di 2-3 strati applicati a breve intervallo entro 12 ore e con temperatura compresa tra i 15 e 25 gradi e 70 per cento di umidità nell’ambiente. In alcuni casi tra le mani è necessario carteggiare. Primer e antivegetativa segnano la fine dei lavori.
Costi e tempi di lavoro
Per calcolare il costo dell’operazione dovete tener conto delle rese del numero di mani, della quantità di stucco e degli additivi necessari a completare il lavoro. Considerate poi che i prodotti che userete sono altamente tossici da inalare e che dovete proteggervi da vapori e polveri sottili usando guanti usa e getta, tuta a maniche lunghe e maschere professionali con i filtri. Quanto tempo occorre per curare l’osmosi? Escludendo il tempo necessario ad asciugare lo scafo, il lavoro di per sé richiede un weekend per la preparazione dello scafo e la rimozione del gelcoat, uno per la stuccatura e la carteggiatura, un giorno ogni due tre strati di lana di vetro, due giorni per l’applicazione delle mani di resina epossidica e un altro per il primer e l’antivegetativa.
Se si è scrupolosi nel lavoro e si scelgono prodotti di qualità, nonché professionisti esperti, l’osmosi allo scafo per alcuni anni non sarà più una preoccupazione. Ma continuate a prendervi cura dello scafo: graffi, scalfitture, vie d’acqua e sentina trascurata possono farvi ricominciare daccapo in poco tempo.
Articolo completamente inutile dato che non ha spiegato come si rileva e quali sono i valori giusti dell’umidita’.
L’umidità sulla vetroresina non deve mai superare l’1%, dato rilevabile utilizzando appositi strumenti. Per approfondimenti legga il seguente articolo: Osmosi allo scafo, come riconoscerla e i trucchi per evitarla