I colpi di vento, le perturbazioni, le burrasche sono le incognite che rendono affascinante l’andar per mare. Incutono timore certo, ma alla fine rappresentano il vero test che ci permette di affinare la tecnica marinaresca, le doti e l’efficienza della barca, così come di formare un equipaggio affiatato. L’importante è affrontare queste situazioni con il giusto approccio e imparando a navigare anche con il cattivo tempo.
Il mare che s’ingrossa, il vento che rinforza, le sartie e l’albero che fischiano, le onde che ti fanno sentire come dentro un ascensore. I bravi marinai in genere evitano il cattivo tempo con un’attenta analisi delle previsioni meteorologiche e dei bollettini. A volte tuttavia quando si è al largo durante un lungo trasferimento o una crociera può capitare di affrontarlo. L’importante è affrontare queste situazioni con il giusto approccio e sapere come comportarsi per ridurre i rischi
Per fortuna le tempeste forti in mare sono piuttosto rare e in genere ampiamente previste. Quando arrivano tuttavia bisogna essere preparati.
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Dai 30 nodi in sù il mare fa sul serio
Il cattivo tempo può essere costituito da una serie di fattori: nuvole grosse, scure e minacciose, pioggia, fulmini, freddo, visibilità ridotta, spruzzi. Ma gli elementi di base per misurarlo rimangono l’intensità del vento e la grandezza delle onde. La velocità si misura in nodi e un nodo equivale a circa 1,8 Km/h. I venti normali vanno da 0 a 30 nodi. Un’intensità di 10 nodi (forza tre) è l’ideale per navigare poiché la barca può viaggiare alla sua velocità massima e non è abbastanza forte da sollevare un mare fastidioso. Quando soffiano 20 nodi siamo già in presenza di una brezza tesa e la vita a bordo cambia: si cominciano a mettere le prime mani di terzaroli per ridurre le vele, la barca sbanda, se si naviga in andatura di poppa non si soffre molto, ma di bolina la barca sbatte sulle onde. Qualche membro dell’equipaggio potrebbe cominciare a soffrire il mal di mare.
Oltre i 20 nodi può parlarsi di tempo cattivo e dai 30 nodi in sù è già tempesta. La barca è messa a dura prova, così come l’equipaggio impiegato nei turni di guardia e di manovra. Qualcuno si diverte anche in queste condizioni perché ama l’adrenalina, ma sono in pochi.
Misurare lo stato del mare
Anche lo stato del mare è un indicatore prezioso del cattivo tempo, ma la sua misura rimane più approssimativa rispetto al vento. Non esiste infatti un metodo univoco. Misurare le onde è una cosa difficile e non ci sono strumenti portatili per farlo. La loro altezza, inoltre, cambia da posto a posto, è influenzata dai fondali e dalle correnti, e dovrebbe essere valutata insieme con la lunghezza d’onda, con la ripidità e con la propensione a frangere. Una cosa troppo difficile da fare a bordo di una barca. Si fa in realtà, ma a occhio e alla fine conta molto l’esperienza dello skipper nel valutare correttamente lo stato del mare e l’altezza e la conformazione delle onde.
Ridurre la velatura senza esitare
Ebbene come comportarsi in barca quando si affronta una situazione di vento cattivo? La prima regola è quella di ridurre le vele per tempo. Una presa di terzaroli, o un cambio di fiocco, se fatti in anticipo sono un gioco da ragazzi. Fatti in ritardo diventano faticosi e difficili, qualche volta pericolosi. Eppure si tende sempre ad aspettare. È un errore che fanno i novizi come i veterani. In genere si aspetta perché magari si spera in una perturbazione passeggera oppure perché l’equipaggio comincia a soffrire e non essere molto lucido. Alcuni diportisti semplicemente approfittano dei rinforzi correnti per far andare la barca, godersi le surfate, gli sembra uno spreco rinunciare a navigare a tutta.
In realtà quando la barca è sovrainvelata è tutt’altro che efficiente: sbanda di più, le manovre si sovraccaricano, l’armo velico è più sollecitato, il timone di indurisce. Basta ridurre la tela per accorgersi che la barca mantiene più o meno la stessa velocità, ma è tutto più facile, comodo e leggero.
Quando ridurre la tela
Valutare quando è il momento di ridurre le vele è un’abilità dello skipper, frutto della sua esperienza e della conoscenza della barca. Basta osservare la superficie dell’acqua, l’aspetto e la forma delle ondine. Con un pò di pratica si comincia a riconoscerne le caratteristiche. Le piccole onde che cominciano ad imbiancarsi qua e là con un po’ di schiuma bianca segnalano un vento da 10 nodi. È ora di sostituire il genoa leggero con quello pesante. Quando le onde diventano più importanti e frangono con maggior frequenza facendo rumore siamo intorno ai 20 nodi. Bisogna terzarolare una o due mani e mettere un fiocco piccolo e pesante. Quando la schiuma dei frangenti viene trascinata in lunghe strisce biancastre che si allungano nella direzione delle correnti siamo intorno ai 30 nodi. È il momento di ridurre quasi al massimo la randa e di mettere il fiocco più piccolo.
In realtà c’è anche un sistema empirico per capire quando ridurre la tela: si misura con l’anemometro installato in testa d’albero l’intensità del vento e in base alle relative tabelle delle vele si applicano le riduzioni o le sostituzioni necessarie. Quello che conta è il vento apparente, ovvero quello a cui sono effettivamente sottoposte vele e attrezzature. Volendo fare a meno di strumenti e tabelle si può valutare la forza del vento in base ai suoi effetti sul mare e sulla barca.
Poi c’è anche la barca con i suoi movimenti e il suo andare a dirci quando è il momento di ridurre la velatura. Se per esempio di bolina o al traverso il suo sbandamento è eccessivo significa che la tela è troppa. Più difficile è capire la situazione nelle andature di poppa perché il vento apparente si annulla e in generale la navigazione sembra sempre più tranquilla.
Come Preparare la barca al maltempo
A 30 nodi siamo in presenza di una burrasca e ridurre le vele non è più sufficiente per affrontare il mare in sicurezza. È necessario preparare la barca e l’equipaggio. È la barca più che l’equipaggio in realtà a combattere la battaglia contro il mal tempo: lo scafo, gli alberi, le attrezzature e le vele che devono poter incassare i colpi delle onde e resistere alla violenza del vento, mentre chi sta a bordo deve solo fare in modo che ogni cosa funzioni correttamente.
Dopo aver preso le due o tre mani alla randa e dopo aver messo un fiocco piccolo oppure averlo sostituito con la tormentina è opportuno che tutti i membri dell’equipaggio indossino i salvagenti e si aggancino alla jack line con le apposite cinture di sicurezza che corre lungo tutta la barca. Per tutti è meglio indossare scarpe o stivali per proteggersi i piedi da eventuali contusioni e per non scivolare sulla coperta bagnata.
Coperta e interni in ordine vuol dire sicurezza
È importante fare giro di ispezione sul ponte per verificare che tutto sia in ordine: cime raccolte, gommone e sacchi delle vele ben rizzati, ponte e pozzetto sgombri. Lo stesso giro d’ispezione andrebbe fatto anche sottocoperta per verificare che tutto sia bloccato in modo che gli oggetti non volino da un lato all’altro del quadrato al primo sbandamento: libri, pentole, pc portatile, tutto andrebbe riposto e stivano negli stipetti e gavoni, tranne la carta in uso dal tavolo da carteggio.
È bene inoltre verificare che tutte le prese esterne siano chiuse, così come osteriggi e oblò. Verificato che siano stati messi i fermi ai cassetti, alla porta del frigorifero e così via.
Rifugiarsi in porto, non sempre la scelta migliore
Quando il tempo peggiora il primo istinto per un equipaggio è quello di rifugiarsi in un porto, ma raggiungere terra in quelle condizioni non è affatto semplice e anzi può rivelarsi una scelta scellerata. Porti che non si conoscono bene, la visibilità ridotta, grosse onde in prossimità di bassi fondali, scogli, sono tutte incognite che possono mettere a repentaglio la sicurezza di barca ed equipaggio. Senza contare che la barca può andare sempre incontro ad avarie, come per esempio il black out del motore.
Se il porto è sopravvento vale la pena di provare. Sarà difficile avvicinarsi, ma via via che la costa si avvicina le onde diminuiscono e perdono violenza. Al momento di entrare in porto vi troverete senza onda, ovvero in condizioni ottimali per entrare. Se il porto è sottovento succede il contrario. Sarà facile avvicinarsi, ma in prossimità della terra le onde per effetto della diminuzione dei fondali diventeranno ancora più grosse e frangenti. L’imboccatura del porto in proporzione vi sembrerà minuscola e basta un errore di manovra, o un’incertezza per arrivare al disastro. Attenzione quindi. Valutate a fondo in anticipo sulla carta le caratteristiche del luogo.
Fuggire di poppa o al gran lasco
Affrontare il cattivo tempo. Se al contrario si rimane al largo in genere il mal tempo si riduce solo a una grande seccatura, ma non è un pericolo reale: le onde per quanto grandi e minacciose sono fatte d’acqua e l’acqua non rompe le barche. I veri pericoli sono costituiti dalla costa, dalle rocce, dai bassi fondali e dai porti con l’ingresso troppo stretto o troppo difficile in base alle condizioni del mare e delle correnti.
In caso di cattivo tempo e mare grosso, avete la scelta tra due alternative: navigare col vento in poppa o assumere una posizione di attesa. L’andatura migliore è quella di gran lasco, con randa terzarolata al massimo, col boma bloccato da una robusta ritenuta e con fiocco da vento o tormentina. In condizioni estreme si ammaina anche la randa, e si prosegue con il solo fiocco. Viaggiando veloci e in poppa la navigazione sembrerà meno dura, perché la velocità della barca e quella delle onde si sottraggono. Occorre adeguare la tela alle condizioni del vento: troppa randa rende la barca orziera e la fa straorzare sulle onde. Se la tela è poca, invece, la barca è troppo lenta, poco sensibile al timone e ci saranno difficoltà di governo.
Aspettare con la barca in cappa col cattivo tempo
Navigare col cattivo tempo. Se non si può o non si vuole fuggire in poppa, non resta che mettersi alla cappa. La posizione classica è quella col fiocco a collo, con la randa parzialmente sventata, e con la barra bloccata all’orza. Fate attenzione al possibile logorio del fiocco sopravvento, nel punto dove questo struscia contro le sartie o contro lo stralletto. Qualche ora di sfregamento della tela sul metallo potrebbero danneggiare il fiocco.
Una alternativa è quella di mettersi alla cappa solo con la randa, ammainando del tutto il fiocco. La randa, terzarolata al massimo, va cazzata a ferro. Il timone deve essere bloccato tutto da un lato. In queste condizioni la barca avanza pianissimo, scarrocciando sottovento. Rispetto alla cappa classica, questa specie di cappa con la sola randa ha il vantaggio di non rovinare i fiocchi e di essere fattibile anche per quelle imbarcazioni che a causa dell’avvolgifiocco hanno problemi ad issare una tormentina o una trinchetta da tempesta.
In cappa ci si può restare anche per giorni. Bisogna solo attendere che il vento cessi. Si può stare sdraiati in cuccetta, mantenendo una sola guardia sul ponte, con turni brevi. Lo scarroccio della barca in genere è modesto: mezzo nodo, un nodo, massimo due. Vuol dire che in una decina di ore, ossia il tempo che in genere dura la parte violenta di una perturbazione l’imbarcazione non si sposterà più di 10 miglia. Conoscendo lo scarroccio potrete regolarvi su quanto tempo avete a disposizione per restare alla cappa senza avvicinarvi troppo alla costa.