Il timone è il principale organo di governo di un’imbarcazione a vela e costituisce delle parti più delicate dello scafo a cui non sempre si dedica la giusta attenzione esponendolo a rischi: osmosi, corrosione, usura, falle e perdite accidentali. Vediamo le sue caratteristiche principali, i materiali, i principali difetti e quali controlli periodici effettuare.
Il timone, insieme alla pinna, è l’organo più importante per il governo di una barca a vela. Si tratta di un componente piuttosto delicato e spesso gli armatori non gli dedicano la giusta dose di attenzioni e cure esponendolo a importanti rischi. I più comuni sono l’osmosi, la corrosione e l’usura che possono generare difficoltà di manovra, ma anche falle e perdite accidentali.
In questa guida vi spieghiamo le caratteristiche principali del timone, le sue configurazioni più comuni, i materiali con cui è realizzato, i principali difetti e quali controlli periodici effettuare.
Pala del timone esposta a osmosi e infiltrazioni
Il timone delle barche in vetroresina è generalmente costruito in due metà: su una è incollato e resinato l’asse in metallo che ha una struttura a pettine, mentre l’altra è incollata su una flangia di circa 5 centimetri lungo i bordi. Parte dei timoni è vuota o presenta delle tasche vuote, mentre alcuni modelli hanno un’anima in schiuma sintetica. Il difetto principale del timone è di essere molto predisposto all’osmosi e alle infiltrazioni di acqua, problemi piuttosto comuni e che andrebbero sempre valutati con attenzione, anche con l’aiuto di personale tecnico.
Come si manifestano osmosi e infiltrazioni? Osservando la pala del timone non è raro vedere delle crepe lungo il bordo oppure sgocciolii che lasciano una bella macchia sul piazzale dove la barca è in secco. Per contrastare il problema alcuni cantieri praticano un foro nel fondo della pala che permette all’acqua di entrare ma anche di fuoriuscire evitando che questa ristagni all’interno. Il ristagno di acqua è particolarmente pericoloso nei timoni riempiti di schiuma che specie se a bassa densità tende a imputridirsi e far sì che le pelli esterne si flettano fino a creparsi con la pressione dell’acqua. Le pelli così delaminate possono facilmente scollarsi o sfogliarsi lasciando solo l’anima in schiuma che si sgretola velocemente.
Smontare la pala almeno ogni 2 anni
Di fronte a questi problemi spesso gli armatori cercano soluzioni frettolose e disastrose, come per esempio praticare alcuni fori lungo la pala e iniettare della schiuma sintetica con le bombolette, dimenticandosi che la stessa espande col risultato di deformare la sagoma della pala. La corretta soluzione invece in caso di timone pieno di acqua o molto umido dove le pelli si flettono alla pressione delle dita è di smontare tutto e aprire da un lato delle finestre di ispezione in modo da poter valutare lo stato interno, farlo asciugare e verificare anche la struttura metallica. Poi si ricostruisce il tutto. Molti costruttori di accessori per timoni suggeriscono lo smontaggio della pala almeno ogni 2 anni.
Asse, meglio se in acciaio Inox
Il problema della vulnerabilità della pala rispetto a osmosi e infiltrazioni d’acqua ha conosciuto diverse soluzioni nella storia della nautica. I cantieri francesi per esempio negli Anni 90 hanno cominciato a costruire pale di timone in compensato poi resinato o solamente protetto con primer epossidico oppure hanno proposto timoni realizzati in pvc espanso da 1.000 Kg /dcm3 di densità. Entrambi questi sistemi di costruzione hanno ridotto con successo il problema.
Anche il materiale con cui è costruito l’asse del timone può avere un ruolo importante per rimediare al problema delle infiltrazioni di acqua tra asse e pala. Su alcuni cabinati l’asse del timone per esempio non è in acciaio, ma in vetroresina. I migliori materiali per l’asse restano però l’acciaio Inox 316 L se non c’è flessione e quindi ideale per barche con skeg, mentre è da preferirsi l’alluminio 6082 per timoni sospesi o installati su boccole autoallineati o cuscinetti a rulli. Un’alternativa può essere l’acciaio 17PH4 per chi desidera profili poco spessi: un materiale molto rigido ma che se è sottoposto a corrosione tende a sciogliersi velocemente, letteralmente polverizzandosi.
Il problema è che spesso le sedi delle boccole o dei cuscinetti sono realizzate in alluminio di bassa qualità o soggette a corrosione e quindi è bene verificare spesso che la pala scorra bene, che non vi siano camolature o tracce di ossido. La maggior parte delle boccole è inoltre autolubrificante con acqua: non serve grasso o altro materiale, mentre la boccola rigida con skeg vuole un po’ di grasso. La manutenzione si riduce a una semplice pulizia, infatti sporco e ossido rendono spesso la rotazione della pala dura, fino a bloccarla.
Sicurezza. Timone appeso o esterno?
Sul fronte della sicurezza del timone e le conseguenze della sua rottura e perdita, la prima cosa da evidenziare è che il suo vano dovrebbe essere stagno. Questo accorgimento salverebbe molte barche in caso di danni ma spesso è una realtà difficile da applicare anche su barche di importanti cantieri. Per ovviare a questo problema sono state studiate pale pieghevoli interamente sollevabili grazie un perno piccolo sacrificale. Certo per quanto brutto, difficile da dimensionare e anche se rende la poppa scomoda per fare il bagno, il timone esterno resta la soluzione più sicura, così come montarlo dietro a una chiglia lunga, magari leggermente rialzato per proteggerlo in caso di spiaggiamento. Del resto è vero che le barche a chiglia lunga sono lente con i venti medio leggeri e non governano bene a marcia indietro ma il timone è molto protetto e spesso lavora poco di bolina: viceversa è molto sollecitato in poppa per spostare tutta l’inerzia della carena anche perché spesso è dimensioni contenute. Detto ciò, non c’è dubbio che un timone moderno, appeso, profondo e stretto, è molto più efficiente ma c’è un prezzo da pagare per queste caratteristiche.
Skeg, quando è efficace
In base alle statistiche dei sinistri compilate dalle compagnie di assicurazione, la perdita del timone in una barca è un evento raro: è più facile urtare oggetti galleggianti alla deriva con lo scafo piuttosto che con la pinna di deriva o con il timone. Più frequenti sono i danni indotti da una cattiva fabbricazione, dalla corrosione dell’asse o da urti dati al timone durante la marcia indietro o causati da un’onda quando c’è poco fondo in banchina. In ogni caso per proteggere il timone spesso lo si affianca allo skeg, un supporto rigido fissato allo scafo proprio davanti alla pala del timone, per proteggerla da urti e sforzi eccessivi che potrebbero fletterla.
Lo skeg è efficace se è molto grande, allungato alla carena e quindi con un attacco importante e strutturale ricavato da stampo. La pala inoltre deve essere piccola. Skeg sottili, imbullonati, sono spesso insufficienti a reggere i carichi di un urto e servono solo a sostenere l’asse del timone. Non è raro che in caso di sinistri lo skeg e l’asse si pieghino, mentre su barche con timone appeso è solo la parte bassa della pala a soffrire senza riportare danni alla losca. Infatti nelle barche con timone sospeso l’asse lavora su un cuscinetto a rulli o con boccola autoallineante che permette una certa flessione. Invece l’asse dello skeg è molto rigido e lavora su una bronzina o una boccola rigida.
Doppio timone: pregi e difetti
Molti timoni hanno invece uno skeg parziale, ridotto, alto circa un terzo della pala. La parte sottostante allo skeg non ha asse e volendo è sacrificale, ma non è detto che il timone si rompa all’altezza dello skeg. Lo skeg inoltre può essere una via d’acqua quando è costruito male o chiuso con stucco e non con tessuti, un’abitudine molto diffusa nel passato. Lo skeg inoltre è spesso irrigidito da zanche di ferro che nel tempo si possono corrodere o arrugginire.
In molte barche a poppa larga non è raro vedere due timoni che in genere sono immersi circa il 50 per cento in meno di una pala singola lavorando bene barca sbandata. La tendenza è comunque di realizzare timoni grandi e più efficienti ma anche più sollecitati, per questo adottare due timoni profondi se non sono necessari è una forzatura. Infatti nelle carene larghe un timone emerge e non prende nemmeno le onde, ma su una carena stretta e non planante appare inutile e in caso di incidenti il danno può essere doppio, così come il costo.
Corrosione sempre in agguato
La corrosione spesso colpisce l’asse del timone in un punto preciso, ossia alla losca o appena sotto, cioè dove l’acqua bagna l’asse. Basta una dispersione elettrica del pilota automatico o del plotter sulla colonnina per un filo spelato che l’asse si corrode con una tipica forma a clessidra. Se vi è del carbonio e lo stesso è in contatto con l’inox della pala si creerà invece una corrosione ad anello. Possono anche verificarsi forme di corrosione per avere applicato antivegetative sbagliate, come quella in rame, direttamente sul metallo soprattutto su assi in alluminio. In questo caso è necessario applicare uno zinco che protegge l’asse del timone da fenomeni corrosivi.
Per quanto un timone completamente stagno è ad oggi una chimera, è vero che attualmente nuove tecnologie e processi costruttivi innovativi possono risolvere il problema delle infiltrazioni all’origine. La corrosione resta comunque sempre in agguato e bisogna prendere accorgimenti e verificare l’asse regolarmente. La presenza di una paratia stagna a proravia del timone garantirebbe la migliore sicurezza su barche con skeg parziale e timone sospeso o con due timoni, mentre questo accorgimento sarebbe una miglioria per le barche con skeg importante o a chiglia lunga, il dibattito è aperto. Per ora resta la soluzione più efficace resta il timone appeso a poppa o quello sollevabile.
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