Usura dei cavi: ecco quando è tempo di sostituirli

Nodi, eccessivi carichi di lavoro, trazioni irregolari, affaticamento, allungamenti e agenti atmosferici minano la salute dei cavi di bordo e ne riducono le proprietà meccaniche e i carichi di lavoro. Ecco allora come riconoscere i segni evidenti di usura che non lasciano scampo all’armatore: sostituire è meglio che rischiare.

I cavi e le cime sono una parte essenziale dell’attrezzatura di bordo perché permettono di mettere in sicurezza la barca nel caso dell’ormeggio e consentono il controllo delle vele nelle imbarcazioni che sfruttano il vento per navigare. Per questo motivo oltre alla corretta manutenzione ordinaria, è necessario sostituire cime e cavi periodicamente imparando a leggere i “segnali di usura” che ci mandano. Ecco allora una guida utile a capire gli sforzi di un cavo marino, imparare a sfruttare al massimo le sue caratteristiche principali e conoscere i maggiori nemici che ne minacciano lo stato di salute.

Come lavora un cavo? I cavi a bordo di un’imbarcazione lavorano essenzialmente in trazione, ecco perché vanno scelti ognuno in base ai carichi previsti. Le aziende di cordami sono solite indicare nelle schede tecniche di ciascun cavo il carico massimo di utilizzo (Cmu) che corrisponde a 1/5 del carico di rottura (Cr) espresso in chilogrammi o in Deca Newton (DaN, equivalente a circa un chilogrammo). Queste specifiche sono valide naturalmente quando il cavo esce di fabbrica e sono soggette a variare con il progredire dell’usura. Quali sono i fattori che incidono maggiormente sulle proprietà meccaniche di un cavo? Nonostante i cavi marini siano concepiti espressamente per un utilizzo “pesante” a bordo, ci sono degli elementi che ne accorciano irrimediabilmente la vita.

Cime addugliate

Cavi stressati: quei segni evidenti di usura

Innanzitutto è l’aspetto esterno di una cima a darci evidenza di eventuali problemi. Alcuni segni esterni, come per esempio la perdita della peluria che circonda il cavo (mettetelo controluce, si vede molto bene), oppure l’ingrigimento e lo sbiadimento dei colori o ancora la difficoltà a separare i legnoli della calza con una punta, indicano uno stato avanzato di usura, una scarsa manutenzione o una conservazione non appropriata del cavo.

Un’altro segnale lampante di cattiva salute è la rigidità eccessiva del cavo: quando per esempio si fa fatica a stringere un nodo (basta anche un nodo semplice) vuol dire che il cavo si è surriscaldato e che le fibre si sono compattate perdendo gran parte delle proprie capacità meccaniche.

Cime winch

Nodi e cocche minano la capacità di carico

Poi ci sono elementi che influiscono negativamente sulle caratteristiche tecniche di un cavo. I nodi prima di tutto. La presenza di un nodo su un cavo toglie all’incirca un 40 per cento della sua capacità di carico. L’impiombatura può evitare l’uso di nodi, ma va eseguita a regola d’arte in particolare la rastrematura (operazione di assottigliamento dei legnoli), in modo da evitare la formazione di uno “scalino” che durante la trazione esercita uno sforzo di taglio che potrebbe provocare il cedimento del cavo, appena sotto l’impiombatura.

Anche le cocche, ossia i giri che il cavo prende durante il suo utilizzo, possono minarne la salute. Un paio di giri per metro riducono la capacità di carico del 15-20 per cento e sono quindi deleteri. Un cavo nuovo inserito su una bobina (come normalmente vengono stivati nei magazzini e negli store) è pieno di cocche quindi prima del suo utilizzo andrebbe “munto” almeno un paio di volte. Per ridurre al massimo la formazione di cocche i produttori di cime bilanciano le torsioni dei legnoli al loro interno, ma il grosso del lavoro dannoso lo fa un equipaggio a bordo durante le manovre, in particolare quando si coglie una cima, operazione che va eseguita con criterio. Un cavo piano a tre legnoli va colto in senso orario perché è ritorto in senso antiorario. Per i cavi a doppia o singola treccia invece è necessario per ogni duglia cambiare il senso di rotazione. Tale operazione diventa indispensabile quando si hanno le drizze parancate, dove la quantità di cima da cogliere può essere notevole.

Impiombatura

Occhio alle pulegge: diametri corretti e giusto profilo

Un altro elemento che può far cedere un cavo sono i cambi di direzione che avvengono a bordo principalmente per mezzo delle pulegge. Queste ultime devono essere dimensionate correttamente: più sono grandi, meno sforzi irregolari soffre il cavo. Il diametro ottimale di una puleggia è di circa 6-8 volte quello della cima che deve accogliere, mentre la gola deve essere il 10 per cento in più del diametro del cavo, tale da evitare alla cima di scarrucolare. Anche il materiale e il profilo della gola sono importanti al fine di ridurre al massimo l’abrasione del cavo. In genere le aziende produttrici offrono pulegge semicilindriche adatte sia a cime tessili a doppia treccia e a treccia singola in poliestere o in fibra esotica.

L’unica fibra che richiede qualche accortezza in più è il Kevlar per cui sono necessarie pulegge a profilo piatto. In ogni caso profili concepiti per cavi metallici e misto tessile-metallo non vanno usati per i cavi in solo tessile.

Drizze

Affaticamento e deformazione: unico rimedio la sostituzione

Tra i nemici delle cime c’è sicuramente l’affaticamento, una condizione di stress causata dall’uso eccessivo e prolungato che determina la rottura anticipata del cavo. Ai primi segnali di affaticamento, una cima va sostituita senza tentennamenti. Una rottura in mare potrebbe avere conseguenze disastrose. Ma quando esattamente operare la sostituzione? L’armatore o lo skipper sanno quando hanno portato al limite la propria attrezzatura e la maggior parte di loro sostituisce le cime a ogni stagione, anche quando non ci sono segnali evidenti di usura. Ai primi segni di consumo, dove è possibile, si può in alternativa invertire il cavo nel senso di fare diventare dormiente l’estremità che agisce da tirante.

A determinare l’affaticamento di un cavo concorrono anche le pulegge: quando le percorre il cavo subisce una trazione perché la parte inferiore fa meno strada di quella superiore che quindi si allunga. Con il tempo queste continue trazioni, in particolare se la puleggia è sottodimensionata, possono provocare cedimenti improvvisi della cima. Un’altro nemico subdolo per un cavo sono le deformazioni. Quando una cima è profondamente deformata in alcuni punti, se non recupera la sua forma originale se non è più utilizzata è un segno evidente che va sostituita. Lo stesso occhio di un’impiombatura deve avere la stessa consistenza del cavo, in caso contrario, ossia se al tatto si percepisce una sensazione di vuoto, è da sostituire. La manovra che in genere presenta questo problema è la drizza e si può risolvere girandola, ossia rifacendo l’occhio nel terminale con l’impalmatura e viceversa, naturalmente tagliando la parte rovinata. Rifare un’impiombatura su un cavo usato in fibra esotica non da problemi, mentre su un cavo in poliestere è più complicato.

Usura cime

Allungamenti eccessivi della calza

Anche l’allungamento della calza di un cavo è un indice che qualcosa non va. Piccoli allungamenti sono accettabili perché legati al normale assestamento del cavo durante il lavoro di routine. Quando però l’allungamento diventa importante può essere che sia stato assemblato male e manca il necessario attrito tra anima e calza con rottura potenziale in agguato. L’allungamento della calza può anche essere generato dal fatto che i legnoli della calza si allungano di più rispetto a quelli dell’anima (in numero maggiore e quindi con più spirali) e se hanno superato il loro limite elastico non recuperano più tale allungamento.

In questo caso la cima è sottodimensionata oppure ha lavorato per troppo tempo vicina ai carichi massimi, quindi va sostituita con una più adatta a quegli sforzi. Se infine il cavo presenta dei legnoli rovinati o rotti in punti diversi occorre prima accertare le cause di tali problemi e quindi sostituire senza indugio il cavo.

Cavi

Maledetti agenti atmosferici: raggi Uv, salino e sbalzi termici

Altri elementi che stressano e usurano i cavi sono gli agenti atmosferici e la loro variabilità. Uno dei più fatali sono i raggi Uv. Fibre esotiche come il Kevlar o il Vectran richiedono speciali protezioni contro i raggi solari, in ogni caso sarebbe bene proteggere tutti i cavi limitando i tempi di esposizione, come nelle lunghe soste in baia durante l’estate, durante le quali almeno le cime andrebbero riposte all’ombra o coperte da teli. Soprattutto i cavi realizzati in fibra sintetica possono risentire molto della temperatura, in particolare degli sbalzi forti e quindi modificare il loro comportamento durante la trazione. In Mediterraneo le variazioni stagionali di temperatura possono incidere circa un 20 per cento sulla resistenza di un cavo. Tuttavia ci sono delle situazioni che possono generare temperature proibitive per un cavo: il rilascio veloce del winch per esempio, oppure le bruciature di un accendino, così come una puleggia bloccata o ancora la vicinanza di una fonte di calore (forno, motore, lampada a incandescenza, etc.).

L’acqua salata, per concludere, non fa bene alle cime. I cristalli di sale che si depositano sul cavo hanno un effetto abrasivo sulle fibre. Per risolvere il problema occorre periodicamente lavare le cime in acqua dolce a temperatura ambiente, cambiando l’acqua un paio di volte. Lavaggi in lavatrice con un ammorbidente (mettendo i cavi in un sacchetto ed evitando la centrifuga) danno buoni risultati, anche se poco duraturi. Unica controindicazione: evitare le alte temperature. L’acqua di suo ha già una funzione lubrificante, ma molte fibre se immerse per lungo tempo tendono ad allungarsi. Succede ai cavi in poliestere o in poliammidico. Se un cavo deve lavorare in queste condizioni le relative impiombature andrebbero maggiorate del 50 per cento.

Insomma i cavi di bordo sono accessori preziosi e quando non stanno bene ci parlano. Per il ruolo fondamentale che svolgono a bordo non possono essere ammessi cedimenti o rotture. La cura deve essere preventiva e se al momento del check up c’è qualcosa che non va, vale regola: avanti un altro.

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

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