I fari non sono solo semplici lanterne, ma un concentrato di ingegneria, architettura e storia. Ognuno diverso nella filosofia che lo anima: quelli nati per scopi commerciali o militari, quelli che segnano la via d’ingresso alle grandi città marittime, altri ancora sono dei veri e propri monumenti storici. In Italia i fari sono 161 e alcuni sono stati trasformati in esclusivi relais. Sono tutti belli, ma almeno 10 meritano decisamente una visita ravvicinata.
Se l’Italia è un popolo di navigatori, i fari, queste sentinelle del mare che di notte rischiarano le coste per la sicurezza di chi va per mare, sono lì a ricordarcelo. Tali costruzioni che si stagliano solitarie lungo le coste della nostra Penisola sono nate con la civiltà e l’arte del navigare. Gli etruschi ardevano i loro fuochi sulle pietre sacre del culto, ma fu l’impero romano a illuminare, promontorio dopo promontorio, tutto il Mediterraneo. I fari per come li conosciamo oggi si devono all’avvento delle Repubbliche Marinare che videro la nascita dei primi guardiani luminosi del mare: Porto Pisano a Livorno che risale al 1303, poi la Torre della Meloria e la Lanterna di Genova. Quest’ultimo fu così tanto gradito dal Doge che lo stesso gettò dalla rupe il costruttore temendo che potesse costruirne un altro altrettanto bello, altrove.
A parte queste antiche glorie l’età dell’oro dei fari italiani è stato il secolo XIX. Prima di allora il mare era sostanzialmente un’unica tenebra: niente in Africa, quasi nulla in Asia, il primo faro in tutta l’America sarà costruito a Boston solo nel 1716.
In ogni faro un’anima speciale
È l’Unità d’Italia a partire dal 1860 a dare il via anche nel nostro Paese a una copertura capillare di fari ai ben 8.000 chilometri di coste. Oggi i fari d’Italia sono 161 di cui 62 ancora abitati da uomini che preferiscono la solitudine e la vita lenta. Ma i fari non sono solo semplici lanterne. Sono un concentrato di ingegneria, architettura e storia. Ogni porto, ogni approdo, ha il suo, simile agli altri nel funzionamento, ma a volte molto differente nella filosofia che lo anima. Ci sono quelli nati per scopi commerciali o per esigenze militari. Alcuni indicano la via d’ingresso alle grandi città marittime, altri sono i guardiani di brevi tratti di mare, altri ancora sono dei veri e propri monumenti storici. Qualcuno funziona ancora come un tempo, ma la maggior parte si è dovuta modernizzare. Purtroppo ci sono anche quelli abbandonati, altri recentemente sono stati ristrutturati e trasformati in esclusivi relais.
Ecco quelli che meritano più di altri di essere visitati per la loro bellezza, la collocazione e le suggestioni che semplicemente avvolgono chi decide di ammirarli da vicino.
Faro della Vittoria, Trieste (Friuli Venezia Giulia)
Risalente agli Anni 20, il faro della Vittoria raggiunge i 67 metri d’altezza che si stagliano dal Poggio di Gretta (60 metri sul livello del mare). Il suo occhio luminoso controlla l’intero Golfo di Trieste, guidando ancora oggi la navigazione notturna nella zona. Ma è soprattutto uno dei principali monumenti ai marinai caduti durante la Prima Guerra Mondiale presenti sull’intero territorio italiano. Quest’opera d’arte ospita due sculture di Giovanni Mayer: il Marinaio Ignoto, in marmo, posta alla base del faro e la Vittoria Alata, in bronzo, sulla sommità della lanterna.
La Lanterna, Genova (Liguria)
Quando si parla di Lanterna non si può non pensare alla torre medievale che illumina il porto Genova e ne rappresenta il simbolo. Un faro gigantesco che con i suoi 76 metri (117 comprendendo il basamento su cui poggia) è il più alto del Mediterraneo (e il quinto al mondo). La sua storia è legata a filo doppio a quella del capoluogo ligure, sin dai tempi della Repubblica Marinara. Efficace baluardo di difesa dagli attacchi e dagli arrivi indesiderati dal mare, è uno dei più antichi fari d’Europa, la sua costruzione risale infatti al ‘300, anche se alcune fonti lo collocano attorno al XII secolo.
Faro di Capel Rosso, Isola del Giglio (Toscana)
Costruito nel 1883 per sostituire l’antico faro installato all’estremità meridionale dell’Isola del Giglio, il faro di Capel Rosso sta vivendo recentemente una seconda vita. È qui infatti che il regista Paolo Sorrentino, nel 2012, ha scelto di girare alcune scene del film Premio Oscar La Grande Bellezza. Da allora questo edifico dal particolare disegno a strisce bianche e rosse è diventato meta di pellegrinaggio. Tanto da indurre un gruppo di imprenditori a trasformalo in un centro polifunzionale per visite, studi sul mare ma anche per dormire a contatto con l’acqua.
Il “Fanale”, Livorno (Toscana)
Risalente al Medioevo (attorno al 1300) per volere di un’altra Repubblica Marinara (quella di Pisa) è andato distrutto durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Ma la sua colonna originale è stata ricostruita seguendo fedelmente il primo progetto. Tanti letterati, compreso Francesco Petrarca, nel corso dei secoli hanno voluto omaggiare il Fanale di Livorno come esempio di ingegneria e architettura all’avanguardia.
Faro di Punta Carena, Isola di Capri (Campania)
L’Isola di Capri è conosciuta per i Faraglioni, la Grotta Azzurra e la Piazzetta. Ma se chiedete un consiglio ai locali per una gita altrettanto suggestiva e poco turistica vi diranno senza dubbio di visitare il faro di Punta Carena. Costruito sul finire dell’800 presenta una inedita pianta ottagonale e un colore rosso pompeiano che spicca nella scarna vegetazione della penisola del Limmo. Il suo fascino tuttavia è nel contesto: qui il tramonto è praticamente infinito, con il sole che s’immerge piano piano nel mare fino a scomparire.
Faro dello scoglio ‘Mangiabarche’, Sant’Antioco (Sardegna)
Si trova all’altezza della Punta della Tonnara, sull’isola sarda di Sant’Antioco ed è una delle poche luci che non stanno sulla terraferma ma su uno scoglio staccato dalla costa. Un aspetto che lo rende tra i fari più curiosi. Nelle giornate di burrasca, molto frequenti in una zona battuta dal Maestrale come questa, sembra quasi in balia delle onde. Eppure lui è sempre lì: piccolo, solitario, indifferente a ogni condizione atmosferica e sempre pronto ad avvisare i naviganti in un tratto di mare noto per le rocce affioranti, ribattezzati appunto “mangiabarche”.
Faro di Punta Palascìa, Otranto (Puglia)
Il maggior afflusso di turisti il faro di Punta Palascìa lo registra la notte di San Silvestro. Si trova infatti a Capo d’Otranto, il punto più a Est della Penisola. Così la sua terrazza è il luogo d’Italia in cui, idealmente, salutare per primi il nuovo anno. D’estate, invece, il faro di Otranto è meta degli amanti delle escursioni, essendo posto alla fine di un sentiero circondato da natura e scogliere a picco sul mare. Ma è anche il punto d’accesso alla Grotta dei Cervi, insenatura naturale che custodisce testimonianze storiche del periodo neolitico.
Faro di San Cataldo, San Cataldo di Lecce (Puglia)
Un piccolo faro che però nasconde un tesoro. Sotto questa struttura ottocentesca di 23 metri c’è infatti la testimonianza del legame tra il Salento e l’Impero romano. L’insenatura su cui sorge la lanterna ospita i resti dell’antico molo edificato dall’imperatore Adriano attorno al II secolo d.c.. Tanto è vero che, originariamente, il suo nome era Porto Adriano, uno dei principali punti d’approdo dell’allora colonia di Lupiae (l’attuale Lecce), proprio per l’estrema vicinanza al capoluogo pugliese.
Faro di Capo Spartivento, Chia (Sardegna)
Situato al vertice dell’omonimo promontorio della Sardegna meridionale, il Faro di Capo Spartivento ha avuto diverse vite. Costruito a metà del XIX secolo dalla Marina Militare Italiana per scopi difensivi, ha mantenuto il suo valore strategico fino alla Seconda Guerra Mondiale. Poi, però, è stato gradualmente dismesso fino ad essere abbandonato. Nel 2006, però, è stato ristrutturato e trasformato in un hotel lusso di ultima generazione, il primo faro italiano ad essere stato attrezzato per l’accoglienza dei turisti.
Lanterna del Montorsoli, Messina (Sicilia)
Esigenze militari sono all’origine della decisione d’installare una grande torre di vedetta e segnalazione nella città di Messina. Solo che, per rintracciare le origini della Lanterna del Montorsoli (dal cognome dello scultore che la realizzò), bisogna tornare indietro nel tempo fino al 1547, quando i regnanti spagnoli vollero erigere una costruzione per controllare il traffico lungo le coste messinesi, in sostituzione dell’ormai obsoleta torre medievale. Fu mantenuta la posizione originaria, sulla penisola di San Ranieri (che prende il nome dall’eremita che anticamente indicava, usando dei fuochi, la via ai naviganti). Oggi, la vecchia torre, è una delle attrazioni più visitate dello Stretto di Messina.
bello, grazie
Buon giorno e del faro di Capo Santa Maria di Leuca com’è che non se ne parla? Eppure è un faro importantissimo il II° d’Italia con una grande portata luminosa ed una imponenza particolare su di una falesia alta 102 mt. sul livello del mare.
Ciao Giovanni, grazie della segnalazione.
Grazie per aver citato il Capel Rosso, uno dei punti panoramici di tutta l’Isola del Giglio