Emergenze a bordo: uomo in mare

L’esperienza di perdere un uomo in mare secondo le statistiche di incidenti nautici per fortuna non è molto comune, ma resta una possibilità concreta quando si naviga. Ecco come prevenire questo incidente, la preparazione della barca, le attrezzature di emergenza e soprattutto le azioni fondamentali per il recupero del naufrago.

Bastano pochi secondi, un colpo di vento, una straorzata, una scivolata con il piede, la barca sbandata e si cade fuoribordo. Se gli altri membri dell’equipaggio non danno subito l’allarme e il timoniere manovra prontamente per il recupero possono essere guai seri. Capita anche ai marinai più esperti un errore o una disattenzione: Eric Tabarly, uno dei più grandi navigatori francesi, è scomparso all’età di 67 anni, in Atlantico il 13 giugno del 1988 dopo essere caduto dalla barca in navigazione. L’esperienza di perdere un uomo in mare secondo le statistiche di incidenti nautici per fortuna non è molto comune, ma resta una possibilità concreta quando si naviga. Spesso i diportisti ritengono a torto che si tratti di un’evenienza circoscritta a condizioni di cattivo tempo o con la barca portata al limite. In realtà anche durante una normale veleggiata con 15 nodi di vento, un imprevisto è sempre possibile.

Quando si cade fuoribordo non è raro farsi male e se il malcapitato sbatte violentemente la testa contro qualcosa è possibile che perda i sensi rimanendo incosciente e questo può aggravare di molto la situazione anche in assenza di chop, frangenti e mare tranquillo.

Mob

Prevenire: il briefing all’equipaggio sulla sicurezza

Come sempre quello che conta in mare è la prevenzione. Un buono skipper deve prevenire la possibilità che questo tipo di incidente accada, assicurandosi innanzitutto che il ponte sia sempre sgombro da qualsiasi oggetto possa provocare o facilitare uno scivolone di ospiti e membri dell’equipaggio (scarpe, creme da sole, cime non raccolte, vele ammassate e sparse sulla coperta). Inoltre deve preparare la barca e l’equipaggio a intervenire velocemente e con cognizione di causa. Spesso durante i trasferimenti o le crociere estive armatori e skipper imbarcano equipaggi vacanzieri costituiti da persone inesperte che è difficile trasformare in marinai nel poco tempo che rimangono a bordo.

Tuttavia è necessario organizzare dei briefing sulla sicurezza e trasmettergli quanto meno alcune nozioni base su come si vive e a bordo e si gestiscono le emergenze. Tra queste per esempio l’obbligo di indossare le scarpe quando si manovra in coperta (issare le vele, azionare il salpancora, etc.), camminare flettendo le ginocchia quando la barca è sbandata, indossare la cintura di sicurezza sopratutto durante i turni di guardia notturni o in caso di brutto tempo, saper trasmettere una comunicazione di emergenza con il vhf.

Vedetta

Due azioni fondamentali: vedetta e salvagente

Oltre a queste poche regole di base, occorre istruire l’equipaggio su come intervenire negli incidenti più gravi: fuoco a bordo, falla nello scafo, rottura del timone e appunto uomo a mare. Per quanto riguarda la possibilità che qualcuno cada in mare, è fondamentale che l’equipaggio sappia che la cosa principale è non perdere di vista il malcapitato, quindi non appena viene dato l’allarme qualcuno deve incaricarsi di individuarlo in acqua e non perderlo mai di vista comunicando al timoniere la posizione del naufrago in relazione alla barca. Vedere un uomo in mare anche in assenza di onda e a distanza ravvicinata non è facile. Con onde di appena 40 centimetri e vento sostenuto può essere ancora più difficile. Importante è anche lanciargli il prima possibile un salvagente perché reggersi a galla quando si è vestiti è molto faticoso. Si tratta di due azioni fondamentali, assicurare una vedetta e lanciare un salvagente in acqua, che in pochi secondi permettono di avere la situazione sotto controllo e risolvere il problema.

Salvagente anulare

La preparazione della barca

A proposito di salvagente, occorre sottolineare come la tradizionale sagola arancione che è di corredo a tutti gli anulari e ferri di cavallo presenti sul mercato è in genere in nylon, un materiale galleggiante ma piuttosto ingestibile in situazioni di emergenza in quanto è difficile addugliarlo e una volta fatto su, quando lo si libera, si attorciglia su se stesso. Questo comporta che quando si va a lanciare il salvagente con la cimetta agganciata, il salvagente cada in acqua a pochi metri dalla barca perché trattenuto dalla cimetta. Quindi lo skipper dovrebbe sostituirlo con la classica rossa con un rullo di buona qualità oppure tenendo la cima arancione sganciata dall’anulare.

Se non si vuole che un banale incidente si trasformi in una tragedia, bisogna che l’attrezzatura della barca sia pronta e in ordine. Se l’imbarcazione sulla quale ci si trova è di proprietà, sarà bene modificare l’attrezzatura e posizionare a poppa, agganciato al pulpito, un rullo che possa girare molto velocemente con avvolti 100 metri di cima di buona qualità legata al salvagente. In questo modo quando l’anulare, o il ferro di cavallo, saranno lanciati, la cima si srotolerà facilmente determinando il successo del nostro lancio. Nel caso in cui, invece, la barca sia un’unità presa a noleggio, lo skipper dovrà provvedere a liberare il salvagente dalla cima arancione.

Recupero naufrago incosciente

Di notte e di giorno la boa luminoso aiuta

Tra le attrezzature che aiutano a recuperare il naufrago caduto fuoribordo c’è la boetta luminosa, soprattutto nel caso l’incidente avvenga di notte, ma anche di giorno se la visibilità è limitata. Pensare a questi dispositivi e alla loro collocazione a bordo o al loro funzionamento quando si sta salpando con gli amici può sembrare una scocciatura e un’inutile perdita di tempo, ma nel momento di necessità questa preparazione pregressa risulterà fondamentale per reagire in pochi secondi e risolvere la situazione di emergenza. Meglio quindi controllare la boetta luminosa prima di partire, quando si è ancora in porto accertandosi che le batterie che contiene siano cariche e la lampada efficiente.

 Recupero mob

La manovra di recupero: varie opzioni

Ci sono più tipi di manovre che possono essere messe in atto per recuperare un naufrago e dire quale sia quella giusta in senso assoluto non è possibile. Spetta allo skipper decidere quale manovra eseguire in base alla situazione che gli si presenta davanti, a quante persone esperte ha a bordo, allo stato psicologico di chi è caduto in acqua, alle sue condizioni fisiche e alle condizioni meteorologiche. In generale, il modo più rapido di riportare a bordo l’uomo caduto in mare è quello di ammainare il genoa e la randa e procedere a motore. Il recupero si può eseguire con la prua controvento, ma si rischia che questa, presa dal vento, si allontani dall’uomo, o con la poppa controvento, arrivando sull’uomo di retromarcia, facendo però molta attenzione ai colpi che può dare la poppa sull’acqua.

Se il mare è calmo e il naufrago è cosciente, la situazione può essere risolta velocemente: l’uomo sale a bordo dalla scaletta di poppa. Se, invece, il mare è mosso, salire da poppa potrebbe essere pericoloso perché la barca sbatte violentemente sull’acqua. Diversi sono i sistemi che si possono utilizzare per riportare a bordo un uomo. Uno dei più efficaci è quello di armare un telo (per esempio una tormentina), con la base assicurata alla falchetta o a un tientibene e la penna alla drizza di randa. La vela così issata viene fatta quindi scendere in acqua lungo il bordo libero dello scafo, l’uomo scivola nel sacco formato dalla vela e con la drizza di randa viene tirato su. Nonostante la sua semplicità, anche questo sistema presenta però delle complicazioni. Una volta issato, l’uomo, se svenuto, deve essere fatto passare sopra le draglie e se il mare è mosso, l’operazione non risulta semplice. Inoltre, con mare mosso e la barca che rolla, l’uomo verrà sbattuto diverse volte contro lo scafo con buona probabilità di ferirsi e procurarsi altre contusioni.

Un mezzo più facile da usare è la cinta imbottita. Si tratta di un’imbracatura a forma di cinta imbottita, tipo quella che usano gli elicotteristi per alare le persone a bordo. Questa viene fatta passare sotto le ascelle del malcapitato e quindi issata a bordo con una drizza: questo sistema permette di sollevare l’uomo sopra le draglie e trasportarlo direttamente sul ponte. In entrambi i casi, se l’uomo è svenuto, ci sarà bisogno che un membro dell’equipaggio scenda in acqua.

Issare mob a bordo

Naufrago incosciente: situazione più rischiosa

Il caso più drammatico di un uomo che cade in mare, è quando questi a causa di un urto, perde conoscenza. Se il naufrago non indossa il giubbotto di salvataggio è necessario che un membro dell’equipaggio, dotato di giubbotto o di anulare, si butti in acqua per sostenere il compagno in attesa dell’arrivo della barca. In nessun caso deve essere lo skipper a gettarsi.

Una volta accostato l’uomo, riportarlo a bordo, quando questi è in stato di incoscienza, non è facile, specialmente se non si ha la plancetta di poppa. I sistemi più pratici sono: gettare velocemente il tender in acqua e spingervi l’uomo dentro, dove sarà rianimato. Utilizzare una drizza alla quale verrà agganciata una cima che si è fatta passare sotto le ascelle del malcapitato, ma l’ideale è avere a bordo una cintura da recupero: questa, una volta passata intorno all’uomo, viene agganciata a una drizza con la quale si può sollevare la vittima dell’incidente sino a riportarla a bordo.

Cintura imbottita

Il recupero con cattivo tempo

Se il mare è molto grosso, la situazione può facilmente diventare drammatica. Nel caso l’uomo sia cosciente è bene che sia lui a tirarsi sotto bordo per mezzo di una cima che gli verrà lanciata quando è in prossimità della barca. Si consideri che con onda formata, la barca ferma tenderà a dare colpi violenti con la poppa sulla superficie dell’acqua e questo rende necessario, una volta portato l’uomo sotto bordo, un recupero molto veloce. Nel caso l’uomo non sia cosciente necessariamente, qualcuno ben legato, deve scendere in acqua per assicurarsi che il malcapitato non urti contro lo scafo. In questo caso la prima cosa da fare è legare saldamente anche la vittima dell’incidente in modo che sia sempre assicurato alla barca.

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

2 Comments
  1. …..certo che la foto del recupero del naufrago fatto da ben tre componenti dell’equipaggio in tenuta bermudiana con gli infradito ai piedi è un bellissimo esempio di controsicurezza: signor Ingiosi deve dare l’ordine al suo equipaggio di indossare tassativamente scarpe da barca chiuse!!!!

    1. Ciao Paolo, giusta osservazione. Non proprio un abbigliamento consono alla navigazione quello dell’equipaggio ritratto nella foto, che tuttavia è generica e assolutamente da non prendere da esempio.
      Grazie e buon vento!

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