Sverniciare lo scafo: la sabbiatura a regola d’arte

La rimozione della vernice da uno scafo è un’operazione delicata, ma alla portata di tutti. È condizionata naturalmente dal materiale con cui è realizzata la carena e in base a questo richiede interventi e strumenti di lavoro diversi capaci di rimuovere completamente gli strati di pittura senza compromettere la superficie dello scafo. Vediamo allora quali sono le tecniche più efficaci per le barche da diporto più comuni, ossia quelle in vetroresina e in metallo.

Prima di tutto è bene considerare che sverniciare lo scafo è un lavoro “sporco” che richiede l’utilizzo di prodotti solventi che emanano vapori tossici per cui bisogna sempre indossare tuta bianca usa e getta, mascherina per riparare il naso e la bocca, occhiali e guanti in lattice monouso. Per fare carena la barca deve necessariamente essere in secco, rimessata su un apposito invaso. Buona regola è di sigillare la barca affinché le polveri residue non si depositino su di questa né su altre barche rimessate nelle vicinanze.

Nel caso si provveda a far sabbiare la barca nel piazzale di un porto si deve in via preventiva ottenere il permesso dall’Autorità Marittima e in alcuni casi (dipende dalle situazioni locali), anche dall’Asl. Per tutte queste ragioni la stagione ideale per completare l’operazione di sverniciatura dello scafo è proprio quello invernale, quando lo scafo è già stato messo in secco e il clima più fresco permette di lavorare senza sudare sette camice.

 Protezione scafo

Scafi in vetroresina: attenti al gelcoat

Pulire dalle incrostazioni e dai vecchi strati di antivegetativa la carena in vetroresina è un’operazione che può svolgere ogni armatore con una buona dose di manualità, ma che se non eseguita in maniera corretta può provocare danni anche gravi. Alcuni diportisti bricoleur possono essere tentati di usare le mole oppure il raschietto, come si è soliti fare sugli scafi in legno. Tuttavia se non sia ha una più che ottima dimestichezza con questi strumenti si rischia di incidere il gelcoat intaccandone la superficie e creando le migliori condizioni per la comparsa dell’osmosi. Anche la sabbiatura è un trattamento molto traumatico per il gelcoat che è meglio evitare a meno che non si stia sottoponendo in contemporanea la carena a una specifica cura antiosmosi.

La soluzione migliore è utilizzare solo sverniciatori adatti alle vernici antivegetative utilizzate e compatibili con il gelcoat sottostante. In questo caso, dopo avere letto la scheda del prodotto sulla compatibilità del solvente con la vetroresina, è bene comunque fare delle prove su un piccolo campione di vetroresina verificando che effettivamente il prodotto non ne intacchi la superficie.

Per rimuovere le placche di antivegetativa già ammorbidite dai solventi è bene poi utilizzare solo spatole di legno duro e spazzole in metallo. Particolare cura nel rimuovere la vecchia vernice richiedono aree meno lineari dello scafo come il bulbo, l’area accanto all’elica, il dritto di prua e la superficie vicina alla linea di galleggiamento

Invaso

Barche in metallo: l’ideale è l’idrosabbiatura

Passiamo ora alla sverniciatura di una carena in metallo. Le leghe metalliche impiegate nella costruzione di unità da diporto sono a base di ferro (acciai al carbonio e inossidabili) e a base di alluminio. La pulizia e la messa a nudo di una superficie metallica rimuovendo sia ossidi che pitture si basa sull’abrasione di tali materiali scagliandovi sopra a grande velocità prodotti che presentano una durezza superiore a quella del materiale che si intende asportare e a quella delle leghe metalliche di supporto. Questa tecnologia è conosciuta come “sabbiatura”. Il termine deriva dal primo materiale abrasivo efficacemente utilizzato per questi scopi, ovvero la sabbia silicea “sparata” sulla zona da ripulire con aria compressa.

Una delle controindicazioni di questa tecnica è che solleva grandi quantità di polveri che vanno a disperdersi nell’ambiente circostante, polveri che sono anche tossiche e che richiedono particolari protezioni indossate da chi esegue il lavoro.

Sverniciare scafo

Alluminio, un metallo più delicato

In alternativa si possono utilizzare materiali abrasivi alternativi come scaglie di resina dura, trucioli metallici, cristalli di ghiaccio secco oppure solo acqua ad altissima pressione. Quest’ultima tecnica viene chiamata “idrosabbiatura” ed ha il vantaggio di non alzare polveri e di non intossicare chi compie il lavoro, ma costituisce anche un trattamento molto “morbido” che non sempre si rivela molto efficace rispetto ad altri trattamenti. L’ideale per chi vuole mettere a nudo uno scafo in metallo è rivolgersi a tecnici sabbiatori specializzati che arrivano con il proprio automezzo, il compressore ad aria industriale, la sabbia, la sabbiatrice e così via. Quale materiale abrasivo scegliere? Gli scafi in lega leggera, più delicati, richiedono una scelta oculata, mentre più versatili e resistenti ai trattamenti sono le carene in acciaio. La lega leggera di tipo navale è individuata dalla sigla AA 5000 ed è a base di alluminio-magnesio e manganese. Presenta una durezza superficiale molto inferiore a quella degli acciai e quindi può correre il rischio di essere incisa profondamente da una sabbiatura troppo aggressiva. Il materiale ideale è la sabbia silicea, purché sia vergine e non provenga da riciclo.

Trucioli metallici e sabbia di riciclo possono provocare incisioni dannose nella superficie della lega metallica sabbiata e in particolare possono contenere residui di rame che non vanno d’accordo con l’alluminio provocandone la corrosione quando lo scafo rientra nell’acqua di mare.

Stesura primer

Stendere il primer sullo scafo nudo il prima possibile

Una volta che la carena è stata sabbiata e quindi è “a nudo”, si procede al trattamento della superficie con un prodotto primer compatibile con i successivi cicli di pitturazione, facendolo riposare dopo la stesura per almeno 12 ore. A cosa serve? Il primer impedisce all’ossigeno dell’aria di ossidare le leghe metalliche appena ripulite. Anche un minimo strato di ossido in questa fase sarebbe devastante per la vita successiva dello scafo. In particolare l’ossido di alluminio è praticamente invisibile, quindi occorre trattare la superficie il più presto possibile.

Terminato il lavoro, è necessario prendersi cura dello smaltimento della sabbia residua inquinata e dei resti di pittura o peggio di antivegetativa (tossica) e rimuovere le protezioni costruite intorno alla carena. Se si affidano i lavori a sabbiatori specializzati in genere queste operazioni sono incluse nel servizio, altrimenti vanno stabilite a parte.

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore, reporter e direttore di testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici, compresi tutti i watersports.

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