Salvagente e cintura di sicurezza: quale esempio dai professionisti?

Il recente incidente capitato ad Alex Gough, membro del team Sun Hung Kai/Scallywag impegnato nella Volvo Ocean Race, riporta alla ribalta il tema della sicurezza a bordo. Come è possibile che velisti professionisti che si dedicano a regate oceaniche disattendano una delle più elementari regole come quella di indossare il giubbotto salvagente ed assicurarsi alla life line? Certo, non sono un esempio per la comunità dei diportisti…

Le incognite del mare sono sconfinate come il suo orizzonte. Chi sceglie la navigazione a vela e affronta regate in oceano conosce bene la lezione e si prepara al meglio. Soprattutto rispetta le regole di sicurezza a bordo, come per esempio quella di indossare sempre il giubbotto salvagente. Sembra assurdo ma ancora oggi questo principio viene disatteso anche dai velisti professionisti impegnati in regate oceaniche. È il caso di Alex Gough, membro di Sun Hung Kai/Scallywag, lo scafo al comando della Volvo Ocean Race, che il 15 gennaio è caduto in mare mentre era senza giubbotto di salvataggio.
Al momento dell’incidente il giovane velista australiano si trovava sul bompresso, ossia l’albero che sporge davanti alla prua, ed è stato trascinato fuoribordo da un’onda, durante un cambio di vele con 15-20 nodi di vento. L’imbarcazione è entrata subito in modalità sicurezza ammainando la vela di prua ed è riuscita a recuperare il naufrago in appena sette minuti, ma lo skipper David Witt ha spiegato che il salvataggio è stato complicato: “Era sul bompresso, io ero al timone, è arrivata un’onda e lo ha sbalzato via come se fosse su un cavallo. È un incidente che mostra bene quanto sia difficile vedere un uomo a mare. Persino di giorno, con il sole e con 18 nodi di vento… Di certo di notte a 20 nodi sarebbe stato molto peggio”.

Volvo Ocean Race

Alex Gough: “Sono stato uno stupido”

Lo stesso Gough una volta in salvo a bordo della barca e superato lo shock ha ammesso le sue colpe: “Sono stato abbastanza stupido, ma fortunatamente i ragazzi se ne sono accorti. E hanno reagito in fretta. Sto bene, è stato spaventoso però”. Nato a Brisbane, Australia, il 31 maggio del 1993, oltre a essere un regatante professionista con all’attivo tre edizioni della Sydney-Hobart è anche un velaio rinomato nel proprio Paese.
Al di là del lieto fine che ci fa tirare un sospiro di sollievo, la vicenda non può che richiamare alla mente il tragico incidente occorso al velista olandese Hans Horrevoets che a 32 anni è morto dopo essere caduto in mare mentre era a prua di Abn Amro Two durante l’edizione 2006 della Volvo Ocean Race.

Hans Horrevoets

Horrevoets alla Volvo Race del 2006 meno fortunato

Più o meno la dinamica dell’incidente è la stessa di quanto capitato a Gough : Horrevoets si trovava a prua, stava regolando lo spinnaker, quando la barca è stata investita da un’onda che ha travolto facendolo cadere in mare. Subito lo skipper Sebastien Josse, resosi conto dell’accaduto, ha attivato la procedura di emergenza e il naufrago è stato ripescato pochi minuti dopo, ma ogni tentativo di rianimarlo è stato vano. Anche in questo caso Horrevoets era un professionista delle regate oceaniche con all’attivo una precedente edizione della Volvo Ocean Race (1997-98), oltre a numerose altre competizioni.

Giubbotto autogonfiabile

La morte di Sara Young, caduta fuori bordo nel Pacifico

Ancora una caduta fuori bordo che ha avuto tragiche conseguenze è stata quella che ha coinvolto la velista britannica Sara Young durante l’edizione 2016 della Clipper Round the World Race. La donna di 42 anni era impegnata in una presa di terzaroli con circa 35-40 nodi di vento quando è stata sbalzata fuori bordo da un’onda, evidentemente non legata. L’equipaggio che al momento dell’incidente navigava nel Pacifico settentrionale è riuscito a recuperarla solo un’ora e mezza dopo ormai priva di vita. Pur essendo quel giro del mondo riservato a equipaggi non professionisti, c’è da sottolineare come Sara Young fosse comunque una velista con esperienza oceanica.

 
Sul tema della sicurezza a bordo, regate o meno, occorre ribadire ancora una volta l’assoluta necessità di indossare giubbotti di sicurezza e cinture collegate alle life line, l’unica garanzia per avere maggiori possibilità di salvare la pelle in situazioni estreme. Risulta difficile comprendere come velisti professionisti durante un cambio di vele a prua in oceano possano non essere legati. Non esiste alcun motivo valido per non indossare il giubbotto e la sua cintura.

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

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