Le possibilità di impiego della resina epossidica sono infinite a bordo di un’imbarcazione: riparare, incollare, rinforzare e modellare. L’importante è scegliere gli additivi giusti, sapere come miscelare il prodotto, rispettare i tempi di miscelazione ed essicatura e procurarsi gli utensili di lavoro appropriati.
La resina epossidica ha cominciato a essere sperimentata nel settore nautico e negli Anni 50, ma il suo uso su ampia scala per la costruzione di yacht si è affermato a cavallo degli Anni 60-70 dove ha progressivamente sostituito il legno e i suoi compositi. Si tratta di un polimero che presenta una stupefacente capacità adesiva su diversi tipi di materiali, come i metalli, il ferro-cemento, i tessuti, oltre naturalmente a legni e compensati.
Le possibilità di impiego della resina epossidica sono infinite a bordo. Infatti, miscelata con specifici additivi, è eccellente per riparare lo scafo e la coperta, per costruire vani e per incollare saldamente mensole o paratie. Inoltre migliora la tenuta di bitte, rotaie e altri accessori. Usandola correttamente si possono apportare piccole migliorie e cambiamenti su barche di qualsiasi materiale e dimensione. Vediamo allora in dettaglio le proprietà di questo prodotto plastico e le tecniche di applicazione per realizzare quei lavori di bordo che con un po’ di manualità e dei semplici utensili sono alla portata di tutti i diportisti.
I due componenti: base e indurente
La resina epossidica si presenta come un fluido denso bicomponente costituito da una base e da un indurente. Una volta miscelati accuratamente i due elementi in proporzioni esatte, l’impasto inizia a reagire sviluppando un certo calore e dopo un determinato periodo raggiunge il completo indurimento. La versatilità e l’efficacia della resina epossidica dipendono da pochi e importanti fattori, quali la scelta degli additivi, il dosaggio e la miscelazione accurati, il controllo delle condizioni ambientali, la preparazione delle superfici e infine la corretta applicazione.
Gli additivi che si possono aggiungere dopo avere mescolato bene i due componenti di base sono in grado di alterare le caratteristiche di manipolazione e più in particolare la consistenza e le qualità meccaniche della resina epossidica. La loro scelta e il dosaggio consentono di creare una gamma di prodotti idonei a incollaggi, rinforzi e stuccature e influiscono sul peso finale e sulla facilità di levigatura. Tra gli altri risultati che si possono conseguire con gli additivi troviamo l’aumento del volume della massa dell’impasto a costi inferiori, la diminuzione della quantità di calore sviluppato durante la reazione di indurimento e il potenziamento della stabilità del composto con conseguente diminuzione dei ritiri, della formazione di crepe e di deformazioni.
Per ogni lavoro serve l’additivo giusto
La maggior parte degli additivi si presenta come una polvere sottile leggerissima. Quando si manipolano è opportuno indossare la mascherina e operare in luoghi asciutti e riparati dal vento. Ogni additivo ha la sua peculiarità. Per creare una ricetta personalizzata alla lavorazione che ci interessa è fondamentale conoscerne gli ingredienti più comuni e le caratteristiche. Vediamoli insieme:
– Microfibre
Le microfibre sono delle pagliuzze in grado di assorbire e in parte di addensare la resina in modo da creare una rete di rinforzo. Si presentano in genere come fibre bianche di cellulosa e più raramente microfibre di lana di vetro. Sono impiegate per la preparazione di collanti tenaci e stucchi con elevate proprietà meccaniche che si adattano a incollaggi di materiali con forma o superfici irregolari,
– Microsfere di vetro cave
Le microsfere di vetro cave sono minuscole bollicine di vetro vuote che formano uno stucco leggero, ben carteggiabile, esente da calo volumetrico e che può essere applicato anche sotto la linea di galleggiamento.
– Microsfere fenoliche
Le microsfere fenoliche sono sfere cave di colore rosso bruno a base di resina fenolica. Quando aggiunte alla resina, creano collanti e stucchi di colore simile al mogano, facili da carteggiare e adatti perlopiù alla stuccatura dei legni, specie interni. A causa del loro limitato grado di impermeabilità ne è sconsigliata l’applicazione sotto la linea di galleggiamento.
– Inspessenti e acceleranti
L’ispessente è un additivo a base di silice colloidale che regola la consistenza e da resistenza alle colature. È particolarmente adatto a stuccature verticali e per la messa in opera di parti sul cielino della tuga. L’accelerante è invece un additivo che semplicemente riduce i tempi di indurimento dell’epossidica.
Miscelazione accurata e temperatura
Altri elementi che influiscono sulla versatilità e l’efficacia della resina epossidica sono il dosaggio e la miscelazione accurata. Una volta mescolata l’epossidica all’indurente, inizia una reazione chimica che sviluppa calore e la resina liquida diventerà prima gelatinosa e successivamente solida. Maggiore è la temperatura e più velocemente la miscela epossidica indurisce. Il tempo utile per la miscelazione e l’applicazione è quindi limitato. È consigliabile utilizzare un indurente lento in estate e rapido in inverno, ma si può intervenire sui tempi di miscelazione anche mescolando piccole quantità di prodotto alla volta e usando dei contenitori bassi e larghi tutto al fine di controllare la temperatura durante la reazione.
È molto importante durante il lavoro non variare mai il rapporto consigliato tra base e indurente poiché ogni modifica può compromettere le caratteristiche meccaniche di resistenza. Il tempo utile di lavorazione degli indurenti è riportato sulla confezione ed è riferito al periodo in cui una certa quantità di miscela rimane allo stato liquido a una determinata temperatura in un contenitore di dimensioni standard. Quindi mescolando quantitativi maggiori il calore sarà più intenso e il tempo utile di lavorazione degli indurenti inferiore a quello indicato. Viceversa sarà più lungo perché raffredda meglio se la miscela sarà stesa in un sottile strato.
Come preparare il supporto
Appena prima di applicare la resina epossidica arricchita di additivi le superfici vanno impregnate con uno strato di miscela (resina indurente pura) che serve a fare penetrare il preparato in profondità e favorire la presa meccanica. Infatti la resina epossidica può legarsi chimicamente solo su altri strati non ancora reticolati allo stato liquido o gelatinosi formando un sistema monolitico, mentre l’assemblaggio su materiali secchi come legnami o altri strati di vetroresina da luogo principalmente un legame meccanico piuttosto che chimico.
L’adesivo farà presa all’interno dei pori e delle incisioni presenti sulla superficie come se fossero dei microscopici incastri a coda di rondine. Ecco perché affinché l’epossidica faccia presa è indispensabile carteggiare sempre le parti da trattare con carta smeriglio a grana grossa (numero 80) e poi rimuovere strati di pittura, grasso, polvere e ossidi prima di ogni lavorazione. Per completare la preparazione del supporto si passa infine uno straccio pulito imbevuto di acetone. Per una corretta adesione le zone da trattare devono essere comunque esenti da umidità e acqua. Infine ogni lavoro a base di resina epossidica esposto agli elementi ha bisogno di essere protetto dai raggi ultravioletti: di norma per tale finitura si impiegano pitture poliuretaniche.
Usi dell’epossidica: sigilla, rinforza, incolla e modella
Gli impieghi della resina epossidica possono essere classificati in quattro categorie: come impregnante, come adesivo, per stuccare e per laminare. Come impregnante l’epossidica crea un rivestimento impermeabile ideale per proteggere dall’umidità i legnami, lo scafo stesso e a saturare i materiali porosi. È utile anche per prevenire il deterioramento della coperta causato dall’infiltrazione d’acqua attraverso i fissaggi delle attrezzature. Quando si monta un qualunque accessorio in coperta, per esempio una rotaia, sarebbe bene infatti impregnare i fori con la resina epossidica aiutandosi con un pennello. La resina impegnerà il compensato e le fibre di vetro scoperte formando una barriera all’acqua. Basterà praticare dei fori di diametro leggermente superiore alla bulloneria e riempire il buco con l’epossidica per creare un nuovo supporto rigido per la ferramenta della rotaia. Con lo stesso sistema si può ricreare una superficie integrale dove le viti autofilettanti delle cerniere di ante e gavoni hanno sforzato e allargato i fori.
Per quanto riguarda gli incollaggi invece alla miscela di epossidica indurente si può aggiungere la silica, una sostanza che la rende pastosa e non colante in funzione della posizione dell’incollaggio, verticale o orizzontale, e delle irregolarità da colmare tra le superfici a contatto. L’eventuale addizioni di microfibre è invece necessaria per le parti sottoposte a forti sollecitazioni, per esempio la base di un winch, mentre le microsfere cave, leggere e ben carteggiabili, si impiegano per contenere il peso quando non è prioritaria la resistenza strutturale.
Stuccare e laminare
La resina epossidica è utile anche per stucca crepe o avvallamenti del legno o pareggiare la difformità superficiale sulla stessa vetroresina dopo una riparazione o una modifica. Per ottenere un buon lavoro su superfici estese sarà necessario carteggiare e stuccare più di una volta. Dato che non si tratta di un impiego strutturale in questo caso è indicata l’aggiunta di microsfere cave, di vetro o fenoliche, facili da abradere e ridurre al minimo indispensabile la quantità di addensante. La laminazione con resina epossidica consente infine di assemblare pannelli piatti e sottili di ampia superficie. È il caso per esempio della sovrapposizione di compensati, d’impiallacciature di tessuti o di materiale per anime, al fine di creare un composito costituito da diversi strati dello stesso materiale o da una combinazione di materiali diversi.
Utensili da lavoro e protezioni
Una volta scelti i materiali più adatti, occorre procurarsi pochi ma fondamentali utensili di lavoro:
– contenitori cilindrici per mescolare la resina con indurente e gli eventuali additivi;
– contenitore largo e basso in cui trasferire il composto miscelato per aiutare la dispersione del calore;
– bicchieri graduati per dosare i componenti;
– pompette dosatrici specifiche;
– scatole di plastica o metallo con cui impastare, stendere e rimuovere gli eccessi di materiale;
– spatole a punta tonda per modellare le superfici;
– pennelli e rulli di dimensioni adeguate al lavoro;
– carta vetrata per la preparazione e più fine per la rifinitura;
– acetone per la pulizia degli utensili e delle superfici;
– nastro di carta e giornali per proteggere le aree circostanti da schizzi e colature.
– guanti monouso per proteggere la pelle;
– mascherina antipolvere.