L’ancora o il “ferro” come lo chiamano benevolmente i diportisti è un accessorio prezioso di bordo al quale si affida la sicurezza della barca e dell’equipaggio. Ecco una panoramica dei principali modelli di ancore diffuse nel mercato con le rispettive caratteristiche di peso e tenuta.
Quando la barca è ormeggiata in rada e sta arrivando un temporale, anticipato dal classico groppo di vento furioso. È in quel preciso istante che l’armatore si chiede la fatidica domanda: ho scelto bene l’ancora per questa barca? Il “ferro”, come spesso viene definito con una punta d’ironia dai diportisti, è uno degli accessori più importanti a bordo al quale si affida la sicurezza dell’imbarcazione e dell’equipaggio e al quale, se appunto scelto con cura e cognizione di causa, si finisce con l’affezionarsi. Ormai sulle barche moderne l’ancora rizzata sul musone di prua fa bella mostra di sé ed è sempre pronta all’uso. In realtà l’ancora è un oggetto millenario, nato praticamente con l’arte della navigazione, e le sue prime applicazioni risalgono agli anni 2800 a.C. quando in Egitto era costituita da un semplice masso o da cesti riempiti di sassi legati a una cima che venivano gettati sul fondale prima di essere assicurati alla barca. Presto l’uomo si ingegnò per scolpire quelle pietre e dargli una forma capace di fare maggiore presa sul fondo, oltre ad aggiungerci ulteriori elementi di legno e appigli vari per moltiplicare l’effetto.
Con il tempo l’ancora si è perfezionata e oggi è un meraviglioso frutto di ingegneria frutto di calcoli e test sofisticati. Sul mercato ci sono tanti modelli di ancore, ognuno con i suoi pregi e difetti, con disegni e forme ormai classici e altri più innovativi. Tutti però con quella stessa precisa funzione che è uguale a quella che sperimentavano i Fenici o gli Egiziani all’inizio della civiltà e della navigazione: tenere ferma la barca al fondale, nonostante vento, onde e correnti. Naturalmente a fronte di tanti modelli esistono delle scuole di pensiero che si sono formate con gli anni tra i diportisti e che privilegiano alcune ancore rispetto ad altre. Si tratta sicuramente di giudizi frutto di esperienze dirette e per questo rispettabili. Tuttavia non c’è altra soluzione in fatto di ancore che provarle e solo dopo scegliere quella giusta alle proprie esigenze.
Le regine del diporto: Cqr e Danforth
Quella che segue in ogni caso è una panoramica dei modelli di ancore che si trovano sul mercato, ciascuno con le proprie caratteristiche di peso e di tenuta. Vediamole insieme. Partiamo dal modelli più diffusi che sono rispettivamente la Cqr tra i velisti e i navigatori a lungo raggio e la Danforth preferita tra gli armatori di barche a motore. L’ancora Cqr è stata ideata dal matematico Geoffrey Ingram Taylor nel 1933 per soddisfare le esigenze degli idrovolanti che necessitavano di un’ancora leggera ma efficiente. Prende la sua tipica forma dal vomere dell’aratro con lo scopo di penetrare nel fondale adattandosi alle sue asperità grazie a uno speciale snodo che consente di non soffrire dei giri di ruota della barca quando il vento cambia direzione. Ha una buona tenuta su tutti i fondali e vanta un rapporto peso-tenuta molto elevato, ossia a parità di peso ha una resa maggiore. Il suo punto di forza è che quando viene trascinata sul fondale tende a girarsi lateralmente, conficcando la sua punta nel terreno e fare presa. Una pecca: non è particolarmente efficace nella posidonia, dove però riesce a sfruttare ogni tipo di asperità per ammorsarsi.
La Danforth è invece un’ancora leggera con una presa eccezionale soprattutto sui fondali di fango e sabbia grazie alle sue particolari marre articolate e piatte. Presenta prestazioni limitate su altri fondali, in particolare su quelli rocciosi e di posidonie, sui quali tende a scivolare con un effetto slitta. Si tratta certamente di un “ferro” dalla grande tenuta anche se lo spessore contenuto delle stesse marre può provocare dei piegamenti di questi appigli quando viene spedata dal fondo per lasciare l’ancoraggio. Un’alternativa alla Danforth, a cui si ispira per le marre articolate, è la cosiddetta “Britany”, un’ancora con ottime doti di presa su fondali di fango, ghiaia e sabbia.
Due modelli di successo: Delta e Bruce
Altri due modelli di ancore molto apprezzati e largamente diffusi nella comunità di diportisti sono la Delta e la Bruce. La Delta è nata dalla stessa ditta che produce la Cqr e quando venne lanciata ottenne un grande successo immediato, soprattutto tra i velisti. Pur essendo a marre fisse e non snodate, presenta un equilibrio dei pesi efficace che le consente di lavorare in modo ottimale penetrando nel fondale sia dritta che inclinata su uno dei due lati.
Punto di forza dell’ancora Bruce, disegnata nel 1970 dall’ingegnere navale Peter Bruce, è invece la sua particolare forma sviluppata addirittura per un utilizzo specifico sulle piattaforme petrolifere. Anche in questo caso subito dopo il lancio sul mercato questo modello ha ottenuto un buon successo tra i naviganti grazie alla sua ottima tenuta su fondali di sabbia e alghe. Funziona bene nei modelli ad elevato peso, meno bene in quelli a peso contenuto. Apprezzato anche il suo look che ben si sposa con le linee degli scafi quando rizzata sul musone di prua.
Le ancore “povere” dei pescatori, snobbate dai diportisti
Altrettanto efficaci a livello di tenuta, ma meno utilizzate per problemi di stivaggio sono l’Ammiragliato, la Hall e il Grappino. La prima, simbolo stesso dell’ancora, è presenta una grande tenuta su ogni tipo di fondale anche se dalla manovrabilità un po’ complessa. Per questo motivo molti modelli presentano il ceppo sfilabile, per un più facile stivaggio. Unisce caratteristiche di peso e di tenuta e soprattutto è infallibile su fondali dove altri modelli vanno in crisi, per esempio sui fondali di alghe. La Hall è un’ancora che deve la sua diffusione alle doti di peso, è molto usata nella Marina Mercantile e super collaudata. Viene snobbata dai diportisti principalmente per la sua forma che poco si adatta alle linee di prua degli scafi.
Quanto invece al Grappino è una delle ancore più diffuse in tutto il mondo, soprattutto a bordo di gommoni, piccoli cabinati e pescherecci. La sua forma caratteristica prevede un fusto e quattro aste per rispettive marre a ombrello e ha grandi prestazioni su fondali rocciosi.
Ancore da regata e “Made in Italy”
Negli ultimi anni sono nati anche nuovi modelli di ancore, per esempio la Fob e la Amato. La Fob è nata dalla richiesta dei velisti regatanti di avere un’ancora dalle buone prestazioni ma anche dal peso contenuto. Si tratta in sostanza di una riproduzione della Danforth ma realizzata in lega di alluminio. Per compensare la diminuzione del peso e di conseguenza l’efficacia nella presa, presenta delle marre di grandi dimensioni. L’Amato infine è un’ancora “made in Italy” e che prende il nome dal suo inventore. Presenta un’originale forma tonda come fosse una grande “padella” e ha la particolarità di avere una grande marra con presa a 360 gradi.
Negli ultimi anni infine sono state brevettate diverse ancore di nuova concezione, facile uso e con una forte capacità di presa. Tra queste la Bügel (o Wasi) di design tedesco, la francese Spade o ancora la Rocna di orgine neozelandese.
Al di là delle forme più tradizionali o frutto dell’innovazione scegliere l’ancora significa portare a bordo un compagno di viaggio prezioso che permette di dormire sonni tranquilli quando si sosta in rada o far fronte efficacemente condizioni di maltempo e a situazioni di emergenza. L’imperativo per l’armatore è allora studiare, ma soprattutto provare e solo dopo effettuare la propria scelta.
Molto interessante, lo completerei con le immagini dei modelli citati.