Incaglio e arenamento: come salvare la barca

Andare a scogli o insabbiarsi sono due pericoli concreti che chi va per mare deve affrontare con preparazione e buon senso. In caso di incidente occorre mantenere il sangue freddo e reagire immediatamente verificando l’entità degli eventuali danni subiti allo scafo. Ecco le varie manovre per liberarsi dalla morsa del fondale e la normativa riguardo al soccorso in mare e alla denuncia all’Autorità Marittima.

Scogli, secche e bassi fondali insieme al maltempo rappresentano uno dei pericoli maggiori per chi va per mare sia a vela che a motore. Un’attenta pianificazione della navigazione, così come lo studio di carte nautiche e portolani, in particolare le linee batimetriche, oltre all’utilizzo di gps, chart plotter e solcometro possono ridurre al minimo i rischi di collisione e incidenti, anche in caso di navigazioni notturne. Non sempre tuttavia chi va per mare agisce con la dovuta attenzione e buon senso e non sono pochi i casi di barche incagliate sugli scogli, particolarmente nei periodi estivi.

Nei Paesi nordici, come la Francia o l’Inghilterra, dove sono presenti grandi escursioni di marea i diportisti sono abituati a fare i conti con questo ulteriore componente quando pianificano rotte e scali. Da noi in generale si è meno preparati a gestire variazioni di fondale e alcuni recenti casi di cronaca che hanno coinvolto cabinati da diporto e aliscafi incagliati in prossimità di scogli raccontano di quanto il rischio di “finire a scogli” sia sempre in agguato.

Barca incagliata

Incaglio e arenamento, il pericolo sono le falle

Come comportarsi nel caso in cui la nostra imbarcazione s’incagli? Molto spesso l’urto con il fondale non comporta danni gravi allo scafo e con alcune manovre è possibile liberarsi senza neanche chiedere l’aiuto dei mezzi di soccorso.

Occorre distinguere tra l’incaglio e l’arenamento, dato che vi sono tecniche diverse da porre in atto per sottrarsi dalla morsa del fondale. L’incaglio tra rocce e scogli, piuttosto pericoloso per la possibilità concreta di aprire falle nello scafo, è un sinistro meno frequente e normalmente è causato da un’avaria ai mezzi di governo o di propulsione o ancora a un errore della conduzione della navigazione. Nel caso dell’arenamento invece l’urto con il fondale è meno traumatico anche per l’equipaggio dato che la barca rallenta in modo più delicato fino a bloccarsi.

Incaglio

Ispezione allo scafo, reagire subito

La prima operazione da fare se ci si ritrova incagliati è verificare, subito dopo l’urto, le condizioni dell’equipaggio e in caso sia acceso spegnere il motore, così come occorre ammainare le vele se queste sono ancora a riva. Fondamentale subito dopo è ispezionare l’interno dello scafo, in particolare la sentina all’altezza del bulbo, per verificare se si sono aperte eventuali falle e in caso cercare di porvi rimedio utilizzando gli appositi tappi turafalle, stucchi a presa rapida e quant’altro possa servire per arrestare il flusso d’acqua. Buona norma è inoltre chiudere tutte le prese a mare.

Dopodiché, se si è sicuri di avere la situazione sotto controllo e le condizioni meteomarine sono favorevoli, è necessario ragionare sulle manovre da effettuare per tirarsi fuori dei guai, nel caso valutando anche la possibilità di sfruttare la variazione di marea e di alleggerire lo scafo vuotando per esempio i serbatoi dell’acqua o sbarcando alcuni membri dell’equipaggio sul tender di servizio.

Ancora da tonneggio

L’arte di tonneggiarsi: le alternative

Se la barca si è incagliata senza inclinazione, quest’ultima non potrà mai essere liberata. Occorre in questi casi “tonneggiare” come si dice in gergo marinaresco, ossia creare uno “sbandamento” dello scafo con qualsiasi mezzo a disposizione. Questa manovra tuttavia deve essere valutata attentamente poiché in caso di errore si potrebbero causare più danni di quelli generati con l’urto. Inoltre è evidentemente molto facile sbandare una barca inferiore ai 10-12 metri di lunghezza, mentre l’operazione è certamente più complessa su un grande yacht. Nel caso di un piccolo cabinato a vela potrebbe risolvere rapidamente il problema lascare il boma e posizionare, sull’estremità dello stesso, una o più persone dell’equipaggio per fare peso: in questo modo facendo leva con il boma si favorisce lo sbandamento dell’imbarcazione.

In generale per sbandare una barca la manovra più utilizzata dai diportisti è quella di usare una drizza in testa albero, facendola passare nel tesa bugna del boma e poi con il tender tirate la barca da un lato. Se con il tender non si riesce, si può chiedere l’intervento di un’altra imbarcazione che possa prestare soccorso. In questo caso si passa ai soccorritori una drizza che esce dalla testa d’albero, accertandosi che la stessa sia in chiaro e non intrecciata con altre cime o, ancora peggio, girata dietro una sartia. Si aggancia quindi il cavo alla barca esterna e quest’ultima, con cautela, inizia ad allontanarsi lateralmente rispetto alla barca incagliata favorendone un ulteriore sbandamento. Durante questa operazione è fondamentale coordinarsi con l’equipaggio del mezzo di soccorso dato che ogni manovra errata po’ causare più danni di quelli causati dall’incaglio. Al minimo movimento della barca, si aprono le vele o a motore (se questo non ha riportato avarie) ci sia allontana il più possibile dai bassi fondali.

 Rimorchio

Yacht a motore, liberarsi è più facile

In alternativa si può tonneggiare la barca legando una cima all’ancora calando quest’ultima a circa 30 metri dalla barca con l’aiuto del tender con due vantaggi: si alleggerisce la barca e si ottiene un punto favorevole su cui fare forza per liberare la chiglia. Rispetto ai cabinati a vela liberare un’imbarcazione a motore dall’incaglio può essere relativamente più semplice per via del pescaggio più contenuto e delle forme di carena plananti. Una volta bloccati per liberarsi è possibile usare il motore a marcia indietro, tuttavia in caso di insabbiamento questo potrebbe complicare la situazione dato che l’effetto evolutivo dell’elica può generare una coppia di forze con il bulbo facendo ruotare la barca ed insabbiandola ancor di più. Recuperare una barca a motore può diventare complicato solo nei casi in cui, al momento dell’impatto, la barca proceda con una velocità così elevata da danneggiare il piede del motore. In questo caso l’intervento dei soccorsi è inevitabile.

Tutto questo se le condizioni meteorologiche sono favorevoli. Mai sottovalutare il pericolo che si corre stando all’incaglio con mare formato e frangenti. In questa circostanza è buona regola indossare i salvagenti e mettere in mare il tender di servizio assicurandolo allo scafo e prepararsi ad abbandonare l’imbarcazione.

Soccorso in mare

Richiesta di soccorso e denuncia alla Capitaneria

Due osservazioni riguardo il soccorso esterno, la denuncia dell’incidente all’autorità marittima e l’accertamento ufficiale degli eventuali danni riportati. Le norme che regolano il diporto nautico prevedono delle particolari disposizioni che danno diritto alla barca che presta soccorso ad ingenti ricompense commisurate in base al valore dello yacht in difficoltà. Prima di ricevere aiuto, quindi, è bene discutere con i soccorritori al fine di pattuire un’eventuale cifra ragionevole.

C’è anche la possibilità per i diportisti di sottoscrivere un abbonamento per pacchetti nautici con società autorizzate dalla Capitaneria di Porto ad effettuare il recupero imbarcazioni. In questi casi i costi del recupero sono già stabiliti in anticipo e si evitano spiacevoli sorprese.

Per quanto riguarda la denuncia di evento straordinario all’Autorità Marittima, questa non è obbligatoria per le imbarcazioni da diporto, ma è indiscutibile che l’accertamento delle avarie, la prescrizione delle riparazioni e la certificazione del loro buon esito da parte di un organismo notificato è garanzia di sicurezza per l’armatore e per quelli futuri.

 

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

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