Nel mese di giugno è uscito il nuovo romanzo dello scrittore norvegese Morten Strøksnes dal titolo “Il Libro del Mare”, storia di due amici e della loro folle caccia al grande squalo della Groenlandia. Un testo a metà tra il racconto di fantasia e il saggio scientifico sul mistero degli oceani e sul fascino ineluttabile ma a volte ingrato dell’uomo verso il mare.
Il mare come mondo sconfinato, come regno dell’ignoto, dove si nascondono creature mostruose, ma anche forse i nostri pensieri più profondi. Per questo lo amiamo e ne siamo affascinati. Come lo scrittore norvegese Morten Strøksnes, che al mare geografico e a quello dell’uomo, inteso come spirito sconfinato, dedica il suo ultimo lavoro dal titolo “Il libro del mare”.
A metà tra il saggio e il romanzo di fantasia, il testo racconta la storia vera di due amici, uno scrittore (l’autore) e un artista (il pittore Hugo Aasjord), che hanno un obiettivo comune: pescare il grande squalo della Groenlandia al largo delle Isole Lofoten, nel Nord della Norvegia. Nelle profondità del mare intorno all’arcipelago vive infatti questo predatore ancestrale nonché il vertebrato più longevo del pianeta. Così a bordo di un piccolo gommone e 400 metri di lenza partono alla caccia del temuto abitante dei fiordi. Inizia in questo modo un’avventura marinara sulla scia della celebre letteratura firmata da Melville, Edgar Allan Poe e Jules Verne dove il racconto delle imprese e le disavventure dei due amici si intreccia a un caleidoscopico compendio di scienze, storia e poesia dell’universo marino: dalle antiche leggende dei marinai alla vita naturale degli abissi, dalla biologia alla geologia e alle grandi esplorazioni oceaniche, dal Leviatano e i mostri acquatici ritratti da Olao Magno nel ’500 alle specie incredibilmente reali di meduse a trecento stomaci, draghi di mare e calamari lampeggianti.
Peripezie marinaresche e digressioni sulla storia naturale
Ma “Il libro del mare” non è solo un racconto di peripezie marinaresche per la caccia a un fantomatico animale degli abissi. Finisce per diventare una riflessione sulla storia naturale dell’uomo che nel corso degli anni è riuscito a mappare l’intero globo e a navigare tra le stelle, eppure mantiene vive dentro di sé ossessioni e paure vive, come il mito del mostro o la paura dell’ignoto con cui ancora oggi il mare ci suggestiona.
C’è poi la descrizione di Madre Natura, in particolare gli scenari aspri e indefiniti del Nord, con i i suoi suoni e i suoi odori, le incredibili sfumature di colore del cielo e del mare, gli spazi enormi che mettono pace e invitano alla riflessione sul tempo stesso.
Quella malinconia per un mondo perduto
Quello che colpisce sotto il vortice di racconti dell’autore,è la forte malinconia di fondo per il nostro mondo moderno trasformato ormai in modo irreversibile dall’uomo e dalla civilizzazione che in poco tempo sta decimando ecosistemi sviluppatisi in milioni di anni. Strøksnes si sofferma così a raccontare la strage delle balene, animali intelligentissimi decimati dalla pesca selvaggia o a dipingere in toni forti l’orrore dell’impianto di trasformazione di Deception Bay, nell’Antartico, il cui odore di putrefazione rimane per sempre nella memoria di chi l’aveva sentito, oppure ancora a spiegare la distruzione delle barriere coralline del Nord causata dalla pesca a strascico.
“Il plancton produce più della metà dell’ossigeno che respiriamo. Se il plancton muore, la terra potrebbe diventare inabitabile per noi umani. Finiremmo come pesci dall’occhio spento che boccheggiano sul fondo di una barca”. Insomma alla fine il lettore non si immedesima nel cacciatore, ma nello squalo.
Il meteo è buono. Che la caccia abbia inizio…
Ecco l’incipit del libro:
“Ci sono voluti tre miliardi e mezzo di anni da quando la prima forma di vita elementare è comparsa nel mare a quando mi è arrivata quella telefonata di Hugo, un sabato sera di luglio, tardi, mentre mi trovavo a una cena animata nel centro di Oslo. «Hai visto le previsioni per settimana prossima?» è quanto mi ha chiesto. Aspettavamo da tempo una particolare condizione metereologica. Non sole, o caldo, e nemmeno niente pioggia. Quel che ci serviva era meno vento possibile nel tratto di mare tra Bodø e le Lofoten, più precisamente nel Vestfjorden. E quando serve bonaccia nel Vestfjorden è meglio non avere fretta. Avevo seguito le previsioni per settimane. Davano vento fresco o teso, mai semplice brezza, brezza leggera, bava o calma. Alla fine mi ero quasi dimenticato di controllarle, lasciandomi andare al pigro ritmo vacanziero di Oslo, tra giornate calde e notti bianche. Ma non appena ho sentito la voce di Hugo, che odia il telefono e chiama solo per comunicazioni fondamentali, ho capito che le previsioni erano finalmente quelle giuste”.