Erica: ho attraversato tre oceani con il barca-stop

Una ragazza italiana di 26 anni, Erica Giopp, ha appena pubblicato il libro “Un anno in barca-stop” (AlpineStudio editore) in cui racconta il suo anno di viaggio per mare con il barca-stop, un’esperienza affascinante, dura per certi versi, ma anche ricca di suggestioni e insegnamenti.

Il barca-stop è una delle opportunità più economiche, avventurose e suggestive di girare il mondo in barca a vela. Essere soli, intraprendenti, aperti, saper cucinare e parlare più lingue (inglese, francese, spagnolo, etc) sono ottimi lasciapassare per salire a bordo. Anche avere molto tempo a disposizione è fondamentale per aumentare le chance di essere imbarcati.

Erica il suo tempo per vivere al meglio questa esperienza se l’è preso: “Ero partita in barca-stop per staccare dal lavoro e mi ero rapata a zero perché sapevo che le barche su cui avrei viaggiato avevano limitate quantità di acqua”. Ventisei anni, laureata in Studi orientali, un lavoro tra l’Italia e la Cina, a settembre 2016 Erica Giopp si è licenziata ed è partita da Pieve di Cadore, tra le Dolomiti, per raggiungere il suo futuro skipper, un ragazzo australiano trovato sul sito www.findacrew.net pronto ad imbarcarla. Ma dopo dodici mesi, tre oceani, 17.000 miglia di navigazione, innumerevoli imbarcazioni, Erica non è cambiata, come racconta nel suo libro “Un anno in barca-stop” (AlpineStudio editore). In queste pagine non ci trovate massime di vita o sulla scoperta di sé, esperienze spirituali o epico-esistenziali. Soltanto una bella e vivace attitudine descrittiva che quella sì, mette voglia di partire.

Tutti possono fare il barca-stop

Il barca-stop è un tipo di viaggio piuttosto diffuso in altri Paesi occidentali, meno presso gli italiani, forse più inclini alle mollezze dei resort e delle vacanze tutto compreso. Non a caso tra i barcastoppisti abbondano i giovani slovacchi, tedeschi, polacchi: squattrinati, avidi di esperienze, spartani fino a nutrirsi per settimane di verdure e patate. Aiutano molto gli aspiranti viaggiatori i siti di annunci on line, dove chiunque può offrire la propria presenza a bordo e salpare alla volta degli oceani.

“Sono partita per questa avventura immaginando il barcastoppista perfetto: alto, magro e abbronzato, con muscolo definito, sciarpetta al collo e occhiale polarizzato, sacca da vela sulla spalla, laurea in tasca e paghetta della nonna su PostePay. Ma la realtà è che il barcastoppista è di un’imperfezione familiare, quasi imbarazzante: spesso ha la pancia, le rughe o la cellulite, raramente è in forma e occasionalmente in carriera”, racconta la ragazza.

Liberi, curiosi, squattrinati e felici

Erica, dopo la partenza da Cartagena, affronta la traversata dell’Atlantico in barca a vela in compagnia di una coppia di velisti italo-polacchi e di un’americana. Dopo interminabili giornate segnate dalla bonaccia, l’equipaggio arriva a St. Martin, nei Caraibi. Scesa da una barca, Erica sale su un’altra. E il viaggio riprende: in tanti mesi di navigazione tocca Cuba, Panama, le Galapagos, e poi, attraverso il Pacifico, Tahiti, l’Australia e infine Bali, prima di tornare (in aereo) in Italia. In mezzo, molti eroi e antieroi dispersi nei mari equatoriali, un’infinità di tramonti, tante ore di lavoro duro, a cucinare, a fare il mozzo, a pulire la barca.

Come consigli utili per i futuri barcastoppisti Erica non ha dubbi: “A qualunque livello si decida di fissare il limite di tolleranza, la sicurezza va messa al primo posto, perché ci sono skipper che intraprendono traversate oceaniche tenendo le luci di navigazione spente per risparmiare energia e gente che non ha rinnovato la scadenza della scialuppa di salvataggio perché non aveva una lira”. Senza dimenticare che i problemi lasciati in sospeso alla partenza vi aspettano immutati al vostro rientro.

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

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