Il leasing per l’acquisto delle barche da diporto in Italia è in crisi. La colpa, dicono gli esperti al Salone del leasing che si è svolto a Milano il 20 e 21 ottobre, è il recente cambio di regime fiscale imposto dalla Commissione Ue al nostro Paese. Come uscirne?
Questo strumento di finanziamento per l’acquisizione di imbarcazioni da diporto per oltre venti anni è stato ampiamente utilizzato dai potenziali armatori e ha sostenuto la crescita del settore nautico italiano. Oggi però non solo ha perso appeal agli occhi degli appassionati di mare e barche, ma vede addirittura dimezzata la sua quota di mercato. È questo il dato che emerge dal Salone del Leasing 2021 che si è svolto il 20 e 21 ottobre a Milano.
Perché gli italiani non amano più il leasing e cosa è successo a questa forma di finanziamento negli ultimi anni? La colpa sembra essere del fisco. Nel 2020 il leasing nautico ha sfiorato i 600 milioni di euro di stipulato, con una crescita del 15,9% in più rispetto al 2019. Poi è intervenuto il cambio di regime fiscale imposto dalla Commissione Ue ai Paesi fatti oggetto di procedura di infrazione: Italia, Francia, Malta, Grecia e Cipro. Il nodo era quella relativo al metodo di calcolo dell’imponibile Iva legato alla navigazione effettuata. Un nuovo sistema di valutazione puntuale in pratica ha sostituito il criterio forfettario utilizzato nel ventennio precedente proprio in considerazione della difficoltà di rintracciare tutti gli spostamenti dei mezzi.
Un danno anche per le casse dello Stato
L’impatto di questo cambiamento è stato drammatico per il leasing che ha registrato un calo delle operazioni del 57,7% nel periodo gennaio-luglio 2021 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Non solo, ma si è dimezzato anche l’importo medio dei contratti. Il leasing che cola a picco nel settore nautico è un danno anche per l’erario Italiano che a fine anno potrebbe perdere circa 40 milioni di euro di Iva. Le unità da diporto possono essere infatti acquisite con contratti di leasing di qualsiasi nazione. Ma l’Iva si paga nel paese dove è stipulato il contratto. Il che significa che se fino al 2020 la competitività dei leasing italiano attirava in Europa armatori extra comunitari, a tutto vantaggio degli erari nazionali dove veniva versata l’imposta, ora accade il contrario. Una tendenza molto penalizzante per un paese come l’Italia che rimane il primo costruttore mondiale di imbarcazioni e dove il 90% della produzione è destinato all’export.
A salvare il leasing italiano dalla normativa comunitaria, ci pensa lo stesso fisco tricolore. La nostra Agenzia delle Entrate ha infatti di recente emanato una regolamentazione che cerca di rendere il più possibile gestibile agli armatori i nuovi meccanismi voluti dalla Commissione. Ma il tutto deve ancora essere chiarito con nuove misure e l’imminente pubblicazione della Guida “Nautica e fisco” edita da Confindustria Nautica insieme a Entrate e Dogane. Staremo a vedere.