Come dormono gli skipper solitari? Lo svela uno studio scientifico

Un gruppo di studiosi dell’Università di Bologna ha indagato in maniera scientifica le strategie di gestione del sonno messe in atto dagli skipper che hanno partecipato all’ultima edizione della Mini Transat La Boulangère.

Quando si naviga in solitario impegnati in una regata che attraversa l’oceano prima di chiedersi come si taglierà il traguardo c’è un’altra domanda fondamentale che attraversa la mente degli skipper: come farò a dormire? Un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna ha per la prima volta analizzato le diverse strategie di gestione del sonno utilizzate dagli skipper professionisti che prendono parte a regate transatlantiche in solitario. Gli autori di questa preziosa indagine sono Marco Filardi, Silvia Morini e Giuseppe Plazzi del Dipartimento di Scienze biomediche e neuromotorie dell’Università di Bologna.

“La navigazione a vela in solitario, soprattutto durante le regate transatlantiche, richiede uno skipper sempre pronto a interventi rapidi e lucidi, effettuati con piena padronanza fisica e mentale, che gli consentano di modificare rapidamente rotta ed assetto dell’imbarcazione”, spiega Giuseppe Plazzi, neurologo, velista e professore dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio. “Inoltre, la necessità di dover affrontare condizioni metereologiche instabili e difficili spesso costringe i velisti a lunghi periodi di veglia continuativa: per questo una corretta gestione del sonno, a partire già dalla fase di preparazione della competizione, può risultare determinante per il rendimento e la sicurezza della navigazione”.

Non fai 4.000 miglia se non gestisci il riposo

Lo studio dal titolo “Pre-Race Sleep Management Strategy and Chronotype of Offshore Solo Sailors” è stato pubblicato di recente sulla prestigiosa rivista scientifica Nature and Science of Sleep e rivela diverse strategie messe in atto dai navigatori monitorati: chi accumula ore di sonno prima della partenza, chi punta su brevi e frequenti sonnellini, chi si abitua a tempi di riposo via via più ridotti. Ma rivela anche una “selezione naturale” tra i velisti che favorisce chi si sveglia presto ed è più attivo nelle prime ore del giorno (le cosiddette “allodole”) e di fatto esclude chi invece è più attivo nelle ore serali e notturne (i cosiddetti “gufi”). Si tratta di risultati che possono rivelarsi utili per migliorare la preparazione degli atleti impegnati in competizioni sportive di endurance.

Oggetto di questo inedito studio sono stati i partecipanti alla Mini Transat La Boulangère, regata transatlantica in solitario che si disputa ogni due anni e che vede schierati al via circa 80 skipper che affrontano 4.050 miglia di Atlantico a bordo dei piccoli Mini 6,50. Il percorso della competizione è diviso in due tappe: si parte dalla costa occidentale francese, a La Rochelle, percorrendo 1.350 miglia fino alle Canarie; poi la lunga traversata dell’Atlantico per 2.700 miglia, con il favore degli Alisei, fino all’isola caraibica di Martinica.

Quale strategia di sonno? L’esperienza fa la differenza…

Gli studiosi hanno analizzato un campione di 42 skipper raccogliendo dati e informazioni durante le settimane di allenamento che hanno preceduto la partenza della regata, tra cui la qualità del loro sonno, il livello di sonnolenza e il loro cronotipo, cioè la propensione a essere più o meno attivi in un periodo specifico della giornata. Ebbene quali sono i risultati di questa studio? Il primo dato che emerge è che più della metà dei velisti considerati (55%) ha scelto di prepararsi alla competizione mettendo a punto una strategia di gestione del sonno. “Gli skipper che fanno questa scelta sono anche quelli più esperti”, spiega il professor Plazzi. “Chi ha alle spalle molte miglia di navigazione in mare aperto è anche maggiormente consapevole di quanto sia importante la gestione del sonno”.

Tra le strategie più utilizzate dai navigatori, utilizzata nel 52% dei casi c’è quella di accumulare la maggior quantità di sonno possibile nelle settimane che precedono la partenza: ci si affida in questo modo a una “riserva di sonno” da spendere poi durante la gara, quando il tempo per dormire e la qualità del sonno inevitabilmente diminuiscono. C’è poi il sonno cosiddetto “polifasico”, applicato dal 26% degli skipper velisti, che si basa sulla programmazione di brevi sonnellini distribuiti nel corso di tutta la giornata: un metodo che permette di non abbandonare mai troppo a lungo il controllo della barca. Infine, una terza strategia (22%) si basa sulla graduale diminuzione del tempo passato a dormire, fino a trovare il giusto bilanciamento tra un breve sonno ristoratore e le condizioni psicofisiche necessarie per proseguire la regata.

Tra gli skipper solo “allodole” e “colibrì”, ma niente “gufi”

Oltre alle varie tattiche messe a punto per gestire il problema sonno regolando di conseguenza gli orari di sonno e di veglia, lo studio ha rilevato anche l’attitudine naturale di una persona al riposo. Qui gli studiosi notano una sorta di “selezione naturale” tra i partecipanti alla Mini Transat La Boulangère.

Il 40% del campione studiato appartiene infatti alla categoria del cronotipo mattutino. Sono quelli che gli scienziati chiamano “allodole”, ossia che si svegliano presto, sono più attivi durante la mattina e non si addormentano tardi. Il 60% appartiene invece al cronotipo intermedio: i cosiddetti “colibrì” che non mostrano inclinazioni particolari per una maggiore attività mattutina o serale. Ci sarebbe poi un terzo cronotipo, quello dei “gufi”, più attivi di sera che tendono ad addormentarsi tardi e svegliarsi a mattina inoltrata, ma nessuno dei velisti analizzati rientra in questa categoria.

Il vero segreto è sapersi adattare adattarsi

Gestione del sonno e cronotipo sono due fattori che vanno di pari passo. Un’ampia maggioranza dei velisti che adottano strategie di controllo dei tempi di riposo appartiene infatti al cronotipo intermedio, mentre la maggior parte di chi non adotta queste strategie appartiene al cronotipo mattutino. Un dato che, secondo gli studiosi, si spiega con una maggiore rigidità delle “allodole”, per le quali risulta più difficile modificare radicalmente i tempi di sonno e di veglia.

“Dai risultati di questo studio emerge l’importanza dell’adottare una strategia di gestione del sonno nella preparazione psicofisica per competizioni estreme come le regate in solitario”, afferma in conclusione il professor Plazzi. “Il prossimo passo sarà realizzare monitoraggi diretti del ritmo sonno-veglia sia nella fase preparatoria che durante le gare, in modo da poter mettere a punto strategie di gestione del sonno sempre più precise ed efficaci”.

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David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

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