Cantiere Bavaria: la crisi, le scelte sbagliate e il crollo definitivo

Lo scorso 21 aprile i dirigenti del celebre cantiere tedesco Bavaria hanno portato i libri contabili in tribunale e aperto la procedura fallimentare dell’azienda. Decisiva la scelta dei fondi d’investimento Oaktree e Anchorage proprietari del cantiere di sospendere i finanziamenti, ma anche le scelte strategiche sbagliate e i ritardi nella produzione degli ultimi modelli.

Non importa che la nautica mondiale negli ultimi due anni abbia dato concreti segnali di crescita. Gli strascichi della feroce crisi economica che ha aggredito questo settore continuano ad essere altrettanto evidenti e sono il sintomo che sotto la patina splendente del nuovo scenario diportistico fumano ancora le ceneri della recente battaglia globale. Chi non ha ceduto il passo nelle ultime stagioni è rimasto sul mercato comunque indebolito e in affanno, tanto che basta un errore, una scelta strategica sbagliata, un partner economico che ti molla e si va gambe all’aria. Non conta chi sei, chi sei stato, che parte hai fatto nell’evoluzione della nautica. Sparisci così, da un giorno all’altro e fine dei giochi. Come sta capitando al cantiere Bavaria.

Dopo che i vertici dei fondi d’investimento Oaktree e Anchorage proprietari del cantiere tedesco nelle settimane scorse avevano licenziato l’amministratore del cantiere, Lutz Henkel, la mattina del 21 aprile gli stessi dirigenti hanno portato i libri in tribunale e aperto la procedura fallimentare dell’azienda. Quello che fino a pochi anni fa era il più grande cantiere tedesco, in pratica da oggi non esisterà più. Basta, finito, si chiude bottega, nel peggiore dei modi per un cantiere, ossia con un sacco di debiti.

Cantiere Bavaria

Una crisi sotterranea iniziata nel 2008

I fondi di investimento hanno in pratica deciso di chiudere il rubinetto dei soldi e non essere più disposti a continuare a finanziare il cantiere che ha diverse centinaia di milioni di euro di debito. Così, esattamente come avevano fatto nei mesi scorsi con Dufour e il Cantiere del Pardo, quando i due marchi appartenevano al gruppo Bavaria, arrivati alla conclusione che l’operazione finanziaria non avrebbe possibilità di portare profitti in tempi ragionevoli, hanno semplicemente staccato la spina.

La crisi del cantiere Bavaria Yachtbau in realtà non è cosa recente. È dal 2008, quando è stato venduto dal suo fondatore al fondo d’investimento americano Bain Capital per l’astronomica cifra di 1 miliardo e 600 milioni di dollari, che l’azienda tedesca non ha pace. La stessa Bain Capital lo vendette dopo pochi anni agli attuali proprietari con una perdita molto superiore al miliardo di dollari. Nuovi amministratori si sono quindi succeduti negli anni senza però riuscire a rimettere in carreggiata il prestigioso cantiere. Parliamo di un cantiere che è stato leader mondiale della costruzione in serie di yacht da oltre 30 anni. Un azienda che nel corso degli anni ha sviluppato una linea di produzione fra le più efficienti sul mercato nautico con le nuove barche, prodotte solo su commessa, costruite in fila e con i camion ad aspettarle fuori. Oltre 3.000 yacht a motore e a vela prodotti ogni anno, 30.000 in totale dal 1978 quando è stata fondata. Automazione, personale altamente qualificato, tecniche costruttive avanzate, i migliori designer.

Bavaria Yachts

La collaborazione con Cossutti e i ritardi produttivi

Come il famoso studio Cossutti Yacht Design che nel maggio del 2015 era stato ingaggiato per rinnovare la nuova gamma delle barche a vela tedesche. “È stata una sorpresa, un po’ un fulmine a ciel sereno. Mi arriva una telefonata dell’Amministratore Delegato del cantiere che mi dice: ‘Se ti interessa vogliamo realizzare la nuova barca grande di Bavaria con il tuo studio’. C’è voluta una sedia dopo avere ricevuto la notizia”, ricordava Alessandro Ganz qualche anno dopo.

Una collaborazione, quella con lo studio Cossutti, in realtà seguita da una serie di problemi con la catena di produzione che ha limitato fortemente il numero di barche prodotte: solo per fare un esempio, del nuovo C57 ne sono stati prodotti solo quattro esemplari su un numero di barche vendute molto più elevato, obbligando gli importatori (Italia compresa) a rinunciare alle vendite o restituire le caparre. Ad aggravare le cose un’altra scelta sbagliata. Quella di Lutz Henkel, l’ultimo CEO del cantiere, che aveva deciso un riposizionamento verso l’alto dei prodotti puntando sulla maggiore qualità dei nuovi modelli: operazione rischiosa e complessa anche perché lo stesso Henkel si era limitato ad aumentare i prezzi senza contestualizzare la novità attraverso una strategia di marketing che spiegasse le ragioni dell’aumento.

 Bavaria C67

Clienti, importatori e flotte di charter a rischio

Dopo la consegna dei libri contabili in tribunale, Bavaria ha chiesto l’amministrazione controllata, procedura legale che segna il preludio del fallimento vero e proprio. I circa 600 impiegati sono stati informati dettagliatamente in una riunione dei dipendenti. La filiale francese Bavaria Catamarans a Rochefort continuerà a funzionare normalmente. Cosa accade ora e quali saranno le ripercussioni della imminente chiusura? Molte persone ne saranno penalizzate ovviamente. A partire dai clienti e gli importatori che avranno difficoltà a vedere le barche prenotate e in parte già pagate, ma anche le flotte di charter che non potranno fare fronte ai contratti sottoscritti con i loro clienti perché, molto probabilmente, non riceveranno le barche che hanno acquistato.

Più in generale rimane lo sbigottimento e l’amarezza della comunità di diportisti che negli anni aveva imparato ad amare le barche e la filosofia tedesca con la sua qualità nautica a buon mercato.

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

4 Comments
  1. Barche troppo care, pocho sconto, accessori incredibilmente cari, fisco sempre in agguato; difficile vendere barche

  2. è evidente che se non ci sono fondi cinesi alle spalle si va a gambe per aria….la “presunta” ripresa è figlia solo solo di grossi investimenti di capitale da parte di questi gruppi per l’appunto cinesi (vedi Ferretti e San Lorenzo) che hanno permesso altrettanti investimenti in marketing, saloni, dealer e nuovi modelli…tutti gli altri continuano a fare fatica, e non poca…

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