Nell’evenienza di avarie o di incidenti in mare lo skipper oltre a mettere in salvo l’equipaggio deve adottare ogni misura possibile per evitare lo sversamento di carburante, olii e altre sostanze inquinanti ed eliminare gli effetti dannosi già prodotti. Il caso di un naufragio avvenuto lo scorso 21 settembre in Sardegna.
Nel pomeriggio del 21 settembre scorso un catamarano da charter di 14 metri con a bordo cinque persone di nazionalità belga, oltre a uno skipper professionista, ha fatto naufragio a poche centinaia di metri da Cala di Volpe, in Sardegna. Il multiscafo, noleggiato da un gruppo di amici, era in navigazione a circa 2 miglia dalla costa quanto gli occupanti si sono accorti della presenza di acqua sottocoperta. Dopo aver lanciato l’allarme, lo skipper ha deciso di mettere subito in sicurezza l’equipaggio e lo ha trasbordato su di un altro catamarano che navigava nelle vicinanze e che era arrivato in loro soccorso.
Sempre lo skipper, accertato che le pompe di smaltimento installate a bordo non sarebbero riuscite a contenete l’acqua in entrata, ha cercato di raggiungere il molo di Cala di Volpe, davanti al famoso albergo che domina la cala, ma la barca è affondata prima su di una secca rimanendo semi sommersa.
I danni ecologici di un naufragio
Tutto bene dunque sul fronte della sicurezza dell’equipaggio del catamarano che al di là di un ragionevole shock non ha riportato danni nel naufragio. Più complessa invece la messa in sicurezza della barca riguardo l’impatto ambientale al fine di limitare gli sversamenti di carburante e altre sostanze dannose in mare. La società di charter armatrice del catamarano infatti è stata subito diffidata dall’Autorità Marittima locale dal mettere in sicurezza la barca sotto il profilo ecologico. Questa ha quindi chiesto l’intervento di una società specializzata che ha provveduto all’operazione.
Quello della diffida dell’Autorità Marittima in caso di inquinamento dell’ambiente marino è una precisa disposizione per la difesa del mare contenuta nella Legge 31 dicembre 1982, n. 979, che si occupa delle attività attinenti al pronto intervento per la difesa del mare e delle zone costiere dagli inquinamenti causati da incidenti.
In caso di inquinamento marino, scatta il penale
In particolare la disposizione di cui al comma 2 dell’art. 12 riconosce all’Autorità Marittima il potere di diffida nei confronti di coloro che abbiano causato o siano direttamente o indirettamente responsabili di un versamento in mare di idrocarburi o di sostanze nocive per l’ecosistema marittimo. Nello specifico, l’Autorità Marittima rivolge al comandante, l’armatore o il proprietario della nave, diffida a prendere tutte le misure ritenute necessarie per prevenire il pericolo di inquinamento e per eliminare gli effetti già prodotti. In altre parole il soggetto destinatario della diffida viene avvertito che, qualora non mettesse in pratica determinate azioni, o praticasse azioni illegittime o indesiderate, ci si rivolgerà all’autorità competente (individuabile nell’Autorità giudiziaria, civile, penale e amministrativa).
In caso di inottemperanza l’Autorità Marittima, nella persona del Capo del Compartimento marittimo e/o Comandante del porto, farà eseguire le misure necessarie in nome e per conto dell’armatore o del proprietario, recuperando, poi, dagli stessi le spese sostenute.
A pagare il danno ambientale è sempre l’armatore
È bene ricordare dunque che in caso di naufragio e avarie in mare suscettibili di arrecare danni all’ambiente marino, attraverso lo sversamento di idrocarburi e altre sostanze nocive o inquinamenti, il comandante, l’armatore o il proprietario dell’imbarcazione deve non solo informare senza indugio l’Autorità marittima territorialmente competente, ma anche adottare ogni misura al momento possibile per evitare danni ed eliminare gli effetti dannosi già prodotti (art. 12, comma 1 L. 979/82). Nei casi di urgenza l’Autorità Marittima farà eseguire per conto dell’armatore o del proprietario le misure necessarie, recuperandone, poi, le spese, indipendentemente dalla preventiva diffida a provvedere (art. 12, comma 2).