Chi va per mare e gestisce un’imbarcazione a vela o motore sa bene che un’avaria, un incedente sono sempre in agguato e fanno parte del gioco. Possono essere piccoli problemi che si affrontano rapidamente e senza condizionare il piano di crociera oppure situazioni più gravi che per essere risolte hanno bisogno di tutta l’esperienza dello skipper e del resto dell’equipaggio. Ecco quali sono le 12 avarie più comuni a bordo con alcuni preziosi suggerimenti su come intervenire al meglio.
Batterie a terra, arenamento, burrasche in arrivo, cima nell’elica, sono alcune delle spiacevoli situazioni che possono capitare a bordo durante una crociera o un trasferimento. Alcune come l’incendio o l’incaglio sugli scogli possono essere molto pericolose e mettere a repentaglio l’equipaggio e la barca. In questo articolo prendiamo in esame 12 delle più comuni avarie, incidenti gravi, ma anche quei piccoli problemi che se non risolti in tempo rendono la vita a bordo spiacevole e faticosa.
Catena incastrata sul fondale
Il salpancora è rotto o la catena è incastrata? Ecco come operare. Al momento di lasciare la rada e tirare su l’ancora può succedere di avere il salpancora che non da segni di vita oppure che l’ancora è rimasta incastrata sul fondo e va spedata. Se il verricello dell’ancora non funziona, la prima cosa da fare è un check delle batterie per verificare che siano sufficientemente cariche. Se sono a terra, e non sono in parallelo, si può provare a fare un ponte su un accumulatore carico. Se non c’è modo di avviare il salpancora si può recuperare il ferro con il winch da tonneggio collocato a poppa. Ecco come procedere: liberate il grillo del fermo della catena e portatela a poppa. Proteggete il winch in modo che non si rovini e utilizzatelo come aiuto per tirare su il calumo. Se questa soluzione è troppo rischiosa, conviene lasciare tutto in mare e legare alla catena un parabordo di segnalazione per recuperarla in un secondo momento. Se invece il problema è nell’ancora incastrata. Per evitare l’incaglio dell’ancora è buona norma l’utilizzo di una grippia, ossia di un cavo aggiuntivo fissato al diamante dell’ancora che permette di spedarla agevolmente nel caso rimanesse incastrata tra le rocce del fondale. Alla grippia è assicurato il grippiale, cioè un gavitello che segnala la posizione dell’ancora, anche alle imbarcazioni vicine o a quelle in arrivo o nel caso si dovesse abbandonare l’ancora per motivi di emergenza.
Fuoco a bordo
Il fuoco a bordo è una delle evenienze più sciagurate che può succedere. Bisogna combattere prima di tutto il panico e procedere con la richiesta di soccorso delegandola a un altro membro dell’equipaggio mentre si cerca di intervenire il pù in fretta possibile per isolare le fiamme e spegnerle, mettere in sicurezza le persone e limitare i danni. Se l’incendio è localizzato in un vano, isolatelo più che potete. Quindi chiudete i pannelli e manovrate in modo da tenere l’incendio sottovento al resto della barca. Bisogna prendere subito gli estintori presenti a bordo come dotazioni obbligatorie: quelli in polvere sono i più diffusi e coprono la quasi totalità dei casi di incendio. Ricordate che un estintore a polvere di 1 kg è sufficiente, a spegnere una quantità di 13 litri di benzina (13 B). Attenzione con l’acqua di mare per due motivi: è più pesante del combustibile liquido, per cui un incendio di gasolio o benzina diventa difficile da spegnere e si rischia di propagarlo maggiormente; poi è pericolosa su impianti elettrici sotto tensione. Se versata sulle batterie infatti potrebbe mandarle in corto circuito e farle esplodere. Quello che si può fare è immergere alcune coperte nell’acqua di mare e cercare di spegnere l’incendio soffocando la fiamma.
Ancoraggio in rada col maltempo
Quando si sosta in rada e si temono condizioni meteorologiche particolarmente avverse ormeggiando con la doppia ancora si può passare la notte in baia senza problemi. A bordo di una barca dovrebbero esserci sempre due ancore: quella principale, per esempio le tradizionali CQR, Danforth, Delta, etc., e una più piccola. Quest’ultima serve per ormeggiare contemporaneamente di prua e di poppa o per gettare due ancore a prua. L’operazione può essere effettuata in due modi: con le due ancore afforcate o appennellate. Nel primo caso le due ancore sono date fondo alla giusta distanza dalla barca, in modo che i due ormeggi formino tra loro un angolo di almeno 45 gradi. Per favorire l’affondamento delle marre nel fondale si possono recuperare una decina di metri di entrambi i cavi lasciandoli legati alle bitte per poi mollarli contemporaneamente. La barca prenderà abbastanza velocità arretrando, così che quando i cavi si tenderanno si avrà una maggiore forza sulle ancore. Alla fine della manovra si può capire se un’ancora ara ponendo una mano sulla catena: in questo caso si avvertono chiaramente dei piccoli sussulti, segno inequivocabile che occorre ripetere l’intera manovra. Il secondo sistema prevede le due ancore appennellate, ossia collegate tra loro una dopo l’altra con qualche metro di catena di separazione. In questo modo la prima, ossia la più piccola, rafforza la tenuta della seconda.
Falla nello scafo
Un evento quello della falla a bordo che può avere conseguenza drammatiche fino all’affondamento della barca. Anche in questo caso occorre intervenire subito individuando la falla e fermare l’afflusso d’acqua. Se il foro è grande usate cuscini, coperte e quant’altro che possa chiuderlo dall’interno. Per l’esterno, se riuscite, fate passare un telo, per esempio il copritender sotto la carena. Spostate i pesi aiutandovi come potete in modo da alzare la falla dall’acqua. Se il foro è piccolo e i tappi in legno delle prese a mare sono inutili si può ricorrere a veloci stucchi marini o paste turafalle e hanno una tenuta fino a 48 ore. Si tratta di prodotti monocomponente che si applicano sul foro, stendendoli in modo da coprirlo completamente.
Batterie a terra
Se si rimane con tutte le batterie a terra, c’è poco da fare. In questi casi non c’è niente di meglio con la prevenzione, controllando lo stato della carica dei banchi batteria di bordo e magari dotarli di appositi apparecchi che se il voltaggio scende sotto 11,9 V con motore spento, disconnettono automaticamente la batteria per poi riconnetterla automaticamente non appena si gira la chiave di accensione o si collegano dispositivi di carica.
Fuoribordo caduto in acqua
Può succedere che durante le operazioni di alaggio e varo del tender che il motore fuoribordo del battello di servizio cada in acqua. Una volta recuperato dal fondale, è molto probabile che non dia segni di vita, ma non tutto è perduto. Bastano alcune nozioni, un po’ di pazienza e ripartirà. Occorre innanzitutto far scolare tutta l’acqua di mare e sciacquare il propulsore con abbondante acqua dolce. Se non è possibile risciacquarlo subito con acqua dolce tanto vale tenerlo immerso in acqua salata, poiché il sale seccandosi è più dannoso. Eseguito il lavaggio, occorre smontare le candele asciugare il gruppo del motore con aria compressa. Se a bordo non c’è un compressore, ci si può fare aiutare in porto dal benzinaio. Poi si smonta il filtro della benzina e la pompa. Pulite e asciugateli con cura. Quindi smontate il carburatore e accedete alla vaschetta per il getto. Asciugate tutto il circuito avendo cura di non danneggiare i galleggianti durante le operazioni di smontaggio e rimontaggio. Spruzzate quindi l’intero motore con spray idrorepellente e lubrificante, concentrandovi sui contatti elettrici e le bobine. Rimontate delle nuove candele, e provate con il cordino per l’avviamento a ruotare leggermente l’albero motore, se sentite il movimento poco fluido, meglio chiamare un meccanico. Se invece tutto fila liscio provate ad avviarlo lasciando il motore al minimo in modo che l’olio lubrifichi le parti meccaniche.
Rimanere a secco di carburante
In mare si può rimanere a secco di carburante per vari motivi: non si controlla il serbatoio prima di partire oppure non si calcola bene l’autonomia della barca durante i trasferimenti o ancora lo stato del mare mosso che fa aumentare i consumi. Bisognerebbe tenere sempre a bordo una tanica per fare rifornimento durante il viaggio. Ecco come procedere: servono due tubi in gomma e uno straccio. Basta tenere la tanica più alta rispetto al serbatoio per sfruttare il principio dei vasi comunicanti. Poi si infila un tubo per il passaggio del carburante nella tanica e nel serbatoio. Il secondo tubo invece lo si infila nella tanica lasciando un’estremità libera. Occorre tappare la tanica con lo straccio in modo da far uscire meno aria possibile e quindi si soffia nel tubo con l’estremità libera. In questo modo si aumenta la pressione all’interno della tanica e si spinge il carburante attraverso l’altro tubo direttamente nel serbatoio. Poi si toglie lo straccio per permettere all’aria di entrare e si aspetta che la forza di gravità faccia il resto. E il gioco è fatto.
Barca in porto con risacca
Quando si è ormeggiati in porto può capitare che la barca non sia assicurata correttamente e continui a oscillare in modo fastidioso per l’equipaggio oppure dare fastidio ai vostri vicini di banchina. Aggiustate un po’ le cime d’ormeggio e tutto si risolverà. Regolate le classiche cime da prua e da poppa rispettivamente più a pruavia e a poppavia per ottimizzare la loro trazione. Se in porto c’è un po’ di risacca o vento traverso, queste soluzioni tuttavia basteranno, neanche per una breve sosta. Conviene quindi utilizzare e mettere subito in tensione degli springs ed eventualmente anche dei traversini. Gli springs sono cime incrociate dalla prua della barca alla poppa in banchina e viceversa, il loro compito è quello di impedire il movimento longitudinale dello yacht, cioè tengono fisso rispetto alla banchina il punto dove si incrociano. Per questa ragione gli springs sostengono lo sforzo maggiore e vanno quindi scelti di diametro adeguato. I traversini servono invece a impedire rotazioni o movimenti trasversali della prua o della poppa, sono perciò molto importanti per mantenere la barca assolutamente immobile.
Farsi trainare a terra
In mare può capitare di avere un’avaria grave a bordo che non permette di manovrare la barca. In questi casi non c’è altra soluzione che farsi trainare da un’altra barca, dalla Guardia Costiera o da apposite società di recupero private. In ogni caso occorre evitare di non peggiorare la situazione con un traino pericoloso. Meglio utilizzare una fune d’ormeggio abbastanza elastica e sufficientemente lunga in modo che la barca trainata non arrivi a toccare la poppa di quella che traina. Per evitare strattoni e “tamponamenti” occorre mantenere una rotta divergente. Se dovete anche manovrare potete lasciare il cavo in tensione ma attenzione a non strattonare troppo. Se invece vi trovate in mare aperto, la fune d’ormeggio non dovrà mai essere in tensione. In questa situazione infatti anche delle piccole onde possono causare pericolosi strattoni. Conviene allora utilizzare una cima molto lunga a cui fissare un ancorotto o un oggetto pesante, a metà. In questo modo la cima affonda completamente e il peso ammortizza gli strattoni. Per gestire correttamente la distanza tra le due barche verificate lo stato del mare, prendete le misure delle onde e fate in modo che le barche si trovino sulla cresta o nel cavo di un onda allo stesso tempo.
Burrasca in arrivo
Quando si naviga si pianifica il viaggio considerando diverse variabili. La prima sono proprio le condizioni meteorologiche presenti e previste. Poi si sceglie in base al tipo di barca, l’equipaggio, il carburante, la distanza dalla costa e la rotta. In caso di forte maltempo, pericoloso per la navigazione, ci sono alcune accortezze che possono facilitarvi nelle decisioni da prendere. Se vi trovate nel bel mezzo di una perturbazione e volete evitare di prenderla in pieno, aprite la carta nautica, analizzate il vostro punto nave e i tratti di costa vicino a voi. Bisogna cercare i migliori ridossi da raggiungere in base alla previsione dei bollettini. Se avete individuato la baia, controllate i fondali con le linee batimetrica e l’orografia della costa. Considerate però che non sempre è bene avvicinarsi alla terraferma in caso di mare agitato, anzi a volte è meglio tenersi a debita distanza. Meglio dirigersi al largo se la rotta scelta vi permette di aggirare il maltempo e di navigare sempre in sicurezza fuggendo di poppa o al gran lasco oppure mettendovi alla panna.
Cima nell’elica
Quando si naviga lungo costa o all’interno di posti affollati può capitare che una cima d’ormeggio, così come una lenza o una rete, finisca nell’elica del motore della barca. Una situazione rischiosa che può compromettere l’efficienza del motore e mettere a repentaglio la sicurezza della navigazione. In alcuni casi una cima incastrata nell’elica può addirittura causare il naufragio della vostra barca. Come reagire? Occorre ammainare le vele, fermare la barca e metterla in sicurezza dando fondo all’ancora e tentare di risolvere il problema. L’unica soluzione è dotarsi di un buon coltello, indossare maschera e pinne e immergersi per provare a liberare l’elica dal suo “cappio”. Tuttavia l’operazione di rimozione di lenze e cime attorno all’elica è possibile solo in determinate condizioni di mare e vento e soprattutto solo se non vi è eccessivo beccheggio della barca. In caso di mare molto mosso, infatti, l’operazione la procedura diventa impossibile e molto rischiosa. Il piede dell’albero motore a causa del movimento sussultorio dello scafo potrebbe infatti colpirvi al corpo o peggio alla testa. Una soluzione alternativa che potrebbe risolvere a monte il problema è quello di adottare un sistema trancia cavi installato sull’asse dell’elica. Tale dispositivo infatti sfrutta la stessa forza di rotazione dell’asse per tranciare l’eventuale cavo che sta per impigliarsi attorno all’elica e vi risolve almeno l’80 per cento delle situazioni.
Barca incagliata o arenata
Andare a scogli o insabbiarsi sono due pericoli concreti che chi va per mare. Occorre mantenere il sangue freddo e reagire immediatamente verificando l’entità degli eventuali danni subiti allo scafo. Molto spesso l’urto con il fondale non comporta danni gravi allo scafo e con alcune manovre è possibile liberarsi. L’incaglio tra rocce e scogli, piuttosto pericoloso per la possibilità concreta di aprire falle nello scafo, è un sinistro meno frequente. Nel caso dell’arenamento invece l’urto con il fondale è meno traumatico anche per l’equipaggio dato che la barca rallenta in modo più delicato fino a bloccarsi. La prima operazione da fare è verificare le condizioni dell’equipaggio e spegnere il motore, quindi ammainare le vele. Fondamentale è ispezionare l’interno dello scafo per verificare se si sono aperte eventuali falle. Dopodiché, occorre creare uno “sbandamento” dello scafo con qualsiasi mezzo a disposizione. In generale per sbandare una barca la manovra più utilizzata dai diportisti è quella di usare una drizza in testa albero, facendola passare nel tesa bugna del boma e poi con il tender o un’altra barca tirare la barca da un lato. Durante questa operazione è fondamentale coordinarsi con l’equipaggio del mezzo di soccorso dato che ogni manovra errata po’ causare più danni di quelli causati dall’incaglio. In alternativa si può tonneggiare la barca legando una cima all’ancora calando quest’ultima a circa 30 metri dalla barca con l’aiuto del tender con due vantaggi: si alleggerisce la barca e si ottiene un punto favorevole su cui fare forza per liberare la chiglia.