L’8 giugno si celebra la Giornata Mondiale degli Oceani, una data simbolica istituita dalle Nazioni Unite nel 2018 per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della tutela del più grande e fondamentale ecosistema del nostro pianeta. Tra le principali minacce all’oceano ci sono la plastica, ma anche il riscaldamento globale e lo sfruttamento delle risorse ittiche.
Montagne di plastica, ma anche riscaldamento globale e sfruttamento delle risorse ittiche sono i principali nemici dei nostri oceani. E contro di loro è puntato il dito durante la Giornata Mondiale degli Oceani che ricorre ogni anno l’8 giugno, una data simbolica istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della tutela del più grande e fondamentale ecosistema del nostro pianeta.
Gli oceani coprono circa tre quarti della superficie terrestre, garantiscono la sopravvivenza di 3 miliardi di persone e generano circa 3.000 miliardi di dollari all’anno in termini di risorse e industrie, val e a dire il 5 per cento del Pil mondiale. Salvaguardare la loro salute è dunque essenziale non solo per assicurare la sopravvivenza delle specie animali e vegetali che li abitano, ma anche la nostra.
I pesci mangiano la plastica, noi mangiamo i pesci
La priorità oggi, sottolinea l’Onu, è ridurre la quantità di plastica che viene gettata in mare. Secondo i dati più aggiornati è quantificata in circa 1,09 milioni di chilogrammi ogni ora, pari a 8,8 milioni di tonnellate ogni anno. Soltanto in Italia la plastica rappresenta fino all’80 per cento dei rifiuti in mare aperto e sulle coste. Non a caso il motto della giornata è “pulisci il nostro oceano”.
I danni di queste isole galleggianti di plastica sono spaventosi. I primi a farne le spese sono gli animali marini che ingeriscono soprattutto i sacchetti, credendoli prede. Alcuni studi hanno inoltre accertato che, indirettamente, anche noi esseri umani finiamo per “nutrirci di plastica” o meglio delle sostanze tossiche che la compongono. I pesci ingeriscono infatti quelli che gli esperti chiamano “coriandoli di plastica” e mangiando le loro carni assimiliamo microframmenti con sostanze tossiche.
Imballaggi green e sistemi di riciclo
L’Onu auspica una azione globale per ridurre l’uso della plastica, trovare nuovi modelli di utilizzo degli imballaggi, efficaci sistemi di riciclo e riutilizzo dei rifiuti palstici. La Commissione europea, ad esempio, ha deciso di vietare una serie di oggetti di plastica come posate, piatti, cotton fioc, cannucce, agitatori per bevande e bastoncini per i palloncini. Proprio i palloncini sono al centro della campagna “Ballons Blow, Don’t Let Them Go”, volta a bandirli poiché uccidono migliaia di animali. In tutto il mondo diversi comuni hanno iniziato ad applicare il divieto di venderli e comprarli. Virtuosi anche i progetti per sostituire le bottiglie di plastica, come la Choose Water che si biodegrada in tre settimane.
Nel 2050 più plastica che pesci in oceano
Non c’è Paese che possa dirsi innocente nell’azione di soffocamento degli oceani con la plastica, ma ci sono economie che incidono più di altre sullo stato di salute dei nostri mari. Cina, Filippine, Thailandia, Vietnam e Indonesia, da soli, sono responsabili per il 60 per cento della plastica che ogni anno finisce negli oceani e se non ci sarà un deciso cambio di rotta entro il 2050 negli oceani ci sarà più plastica che pesci.
Lo stesso il Wwf tra le principali minacce per la salute degli oceani inserisce la pesca condotta con metodi non sostenibili, l’acidificazione degli oceani e il cambiamento climatico che possono portare a una riduzione considerevole (anche del 25%) della biodiversità nel mare, così come alla perdita delle possibilità di pesca e un impatto significativo su molti settori produttivi come il turismo”.