Sono i fenomeni meteorologici più violenti e quelli che ogni navigatore non vorrebbe incrociare sulla propria strada: cicloni, tifoni, uragani. In realtà si tratta dello stesso fenomeno atmosferico:, ma gli scienziati chiamano queste tempeste con nomi diversi a seconda di dove si verificano.
Per chi naviga le tempeste sono i nemici peggiori. Non sono eventi comuni per fortuna, ma sprigionano una violenza che incute paura. Nei bollettini meteo, così come nel gergo comune si utilizzano differenti denominazioni: tifone, uragano e ciclone. In realtà dal punto di vista dei meteorologi sono tutti la stessa cosa. Attorno a un centro di bassa pressione si crea una circolazione di venti e nuvole che può assumere forza e velocità devastanti. Secondo la definizione della National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), l’agenzia degli Stati Uniti che si occupa di clima e meteorologia, si parla di un sistema organizzato di nuvole e temporali che ha origine da acque tropicali o subtropicali, con una bassa pressione centrale.
Ma allora perché se il fenomeno meteorologico è lo stesso, si utilizzano denominazioni diverse? In realtà le differenze tra cicloni, uragani e tifoni riguardano soltanto la collocazione geografica.
Il ciclone è nell’oceano Indiano
Il ciclone prende il nome secondo la regione in cui si verifica e colpisce il continente indiano dopo essersi formato nell’omonimo oceano. Il termine deriva dal greco antico “cyclon” che indica appunto la rotazione. Si tratta di una perturbazione a carattere rotatorio che raggiunge centinaia di chilometri ed è caratterizzata da venti molto intensi e violenti che partono da una velocità di 119 chilometri orari uniti a forti precipitazioni. I cicloni hanno in genere un diametro di centinaia di chilometri e si distinguono in tropicali ed extra-tropicali. I primi (ai quali spetta propriamente l’appellativo di cicloni) sono molto più intensi dei secondi e di minore durata e provocano venti di straordinaria violenza.
Il tifone è nel Mar della Cina
Il tifone è il nome che più comunemente si usa per le perturbazioni tropicali dell’oceano Pacifico nord-occidentale, soprattutto nella regione delle Filippine e del Mar Cinese. L’origine del termine è incerta . Anche nel greco antico e in latino esistevano i sostantivi “typhon”, ma “tufan” viene in realtà dall’arabo e sarebbe arrivato nelle lingue europee moderne attraverso il portoghese, mentre anche in cinese esiste l’espressione tai fung per indicare il vento forte. Se un tifone arriva a 241 chilometri orari viene chiamato “supertifone”.
L’uragano è nel Mar dei Caraibi
L’uragano riguarda invece perturbazioni tropicali ma che colpiscono i Caraibi e gli Stati Uniti meridionali (oceani Atlantico e Pacifico nordorientale). Il termine viene dal nome del dio huricàn delle popolazioni dei caraibi che parlavano le lingue arawak. Ma esisteva anche una divinità dei Maya chiamata huracàn che era il dio delle tempeste. Attraverso i conquistatori spagnoli la parola è così arrivata nelle lingue europee. I meteorologi hanno convenuto di chiamare uragano soltanto i venti di eccezionale intensità.
Come sono classificate le tempeste
Alla base di questi fenomeni meteorologici c’è un violento movimento rotatorio di masse d’aria, combinato con un moto di traslazione, intorno a un centro di bassa pressione: il senso di rotazione è antiorario nell’emisfero Nord e orario in quello Sud, per effetto della rotazione terrestre. Ma come nasce una tempesta? È provocata da un complesso di fenomeni atmosferici determinati dalle alte temperature equatoriali che, in certe zone, creano centri di minima pressione e, quindi, di aspirazione. Verso tali centri convergono i venti, seguendo un moto a spirale che determina un vortice.
Come esistono vari modi per chiamarli, così ci sono differenti modi per classificare i cicloni tropicali. Per il sistema meteorologico giapponese si misurano su una scala di quattro livelli di intensità, da depressione tropicale a tifone, mentre l’Osservatorio di Hong Kong ne usa con tre, da tifone a super-tifone, e in India i livelli possibili sono sette. Per gli uragani, invece, il sistema di classificazione più utilizzato è quella della scala di Saffir-Simpson, che comincia a usare il termine quando i venti superano i 120 km orari e ha cinque livelli crescenti indicati semplicemente con i numeri da uno a cinque.
Come evitarli? Seguendo le stagioni
Il pensiero di trovarsi al momento sbagliato nel posto sbagliato è un incubo per i diportisti. Come evitare le tempeste? Semplice pianificando la rotta in funzione delle stagioni. Mentre la stagione atlantica degli uragani va dal 1° giugno al 30 novembre, le stagioni di tifoni e cicloni seguono modelli leggermente diversi. Nel Nord Est del Pacifico, la stagione ufficiale va dal 15 maggio al 30 novembre. Nel Pacifico nord-occidentale i tifoni sono invece più comuni da fine giugno a dicembre. Infine il Nord dell’oceano Indiano vede cicloni da aprile a dicembre.
Effetti del riscaldamento globale?
Da qualche anno la comunità scientifica dibatte sulla possibilità che il riscaldamento globale causato da attività umane stia avendo effetti sulle tempeste, rendendole più forti o più frequenti. In teoria infatti l’aumento della temperatura atmosferica dovrebbe causare un riscaldamento della superficie marina, che a sua volta contribuirebbe alla formazione di tempeste più potenti. In tutto il mondo il numero di questi eventi di categoria 4 e 5 è quasi raddoppiato tra i primi Anni 70 e l’inizio degli Anni 2000. Inoltre, sia la durata dei cicloni tropicali sia i picchi di velocità del vento sono aumentati di circa il 50 per cento negli ultimi 50 anni. Ma tra gli scienziati non c’è unanimità di pareri su una diretta connessione tra cambiamenti climatici e tempeste. La velocità massima dei cicloni tropicali medi è destinata ad aumentare, dicono gli scienziati, anche se gli aumenti potrebbero non riguardare tutti i bacini oceanici”.
Con qualunque nome scegliate di chiamarli, queste mostruose tempeste sono potenti eventi naturali con la capacità di causare diversi gravi danni. Nelle tempeste più forti, equivalenti alla categoria 5 sulla scala Saffir-Simpson, il vento soffiano a oltre 250 chilometri all’ora. Con l’aiuto dei satelliti e dei modelli a computer, queste tempeste possono essere previste con diversi giorni di anticipo e sono relativamente facili da rintracciare. Ma prevedere il percorso che un uragano, un tifone o un ciclone seguirà dopo la sua formazione è ancora difficile.