Cantiere inglese Oyster in liquidazione. Le cause del fallimento

I primi di febbraio 2018 i dirigenti del cantiere inglese Oyster, uno dei più prestigiosi al mondo nel settore dei luxury yacht, hanno annunciato di essere entrati in liquidazione. In ballo il licenziamento di 160 dipendenti tra la sede storica di Southampton e quella negli Stati Uniti. Debiti e cattiva fama in seguito a un grave naufragio di una barca della flotta tra le cause dell’abbandono del principale gruppo di investimento.

Brutte notizie per il cantiere Oyster. All’inizio di febbraio il più prestigioso dei cantieri inglesi, vera icona della cantieristica da diporto di sua maestà ha annunciato di essere entrato in liquidazione e di procedere al licenziamento di tutti e 160 dipendenti tra la sede storica di Southampton e quella negli Stati Uniti. Una mazzata pesantissima per un brand che rappresenta un pezzo di storia dello yachting inglese, per i suoi lavoratori, per la comunità di armatori ed estimatori in tutto il mondo, ma anche per la nautica in generale.

La motivazione ufficiale della crisi, dicono i dirigenti, è che il fondo d’investimento olandese Htp Investments che aveva acquistato la Oyster nel 2008 per 15 milioni di sterline da un fondo d’investimento americano (Balmoral Capital), non ritiene più opportuno finanziare il cantiere. E per quale ragione un fondo d’investimento smette di punto in bianco di scommettere su un’azienda così importante? Semplice, perché non rende più. In effetti, i fondi d’investimento solitamente acquistano degli asset per farli crescere e poi venderli, ma se questi non crescono, li abbandonano.

Cantiere Oyster

Quei debiti accumulati nonostante le ricche commesse nel 2017

Sembra strana una crisi economica così irreversibile per un Brand come Oyster che lo ricordiamo solo nel 2017 aveva ricevuto ordini per un totale di 83 milioni di sterline e, in teoria, aveva lavoro assicurato fino al 2020. Un’annata tutto sommato chiusa in positivo e che aveva visto il lancio dopo tanti anni di barche di grandi dimensioni, di due modelli “piccoli” di 18 e 19 metri: l’Oyster 565 e il 595. Una scelta coraggiosa su una fascia di mercato sotto i 60 piedi un po’ fuori target per il cantiere britannico e che pure aveva premiato.

Il vero problema della azienda fondata nel 1973 da Richard Matthews erano purtroppo i debiti. Debiti cominciati ad accumularsi nel 2015 in seguito ad un incidente che ha avuto ripercussioni gravi sul buon nome del cantiere e la qualità costruttiva dei suoi yachts.

Polina Star III

Naufragio del Polina Star III, una macchia nel prestigio del brand

Ci riferiamo al naufragio del Polina Star III, un 825 di 27 metri di proprietà di un armatore russo che il 4 luglio del 2015 fece naufragio mentre navigava di fronte alle coste spagnole a causa del distacco della chiglia. L’affondamento dello yacht, vista l’entità della falla, fu immediato. Non ci furono vittime tra i membri dell’equipaggio solo grazie all’intervento tempestivo del comandante dell’imbarcazione che qualche minuto prima, messo in allarme da rumori insoliti e sinistri provenienti dallo scafo, aveva ordinato l’abbandono della nave e fatto scendere l’intero equipaggio sulla zattera di salvataggio. L’indagine tecnica della commissione d’inchiesta posta in essere successivamente sul relitto della barca mise in evidenza come a determinare il distacco della chiglia non fu l’urto di scogli o di altri oggetti alla deriva ma un cedimento strutturale dovuto a una costruzione sbagliata.

Un’analisi drammatica che inevitabilmente fece nascere molti dubbi sulla reale qualità del livello costruttivo del cantiere che era stato sino a quel momento giudicato uno dei migliori cantieri del mondo. Quella perdita di fiducia da parte della comunità dei diportisti e degli addetti ai lavori dopo un errore così grave è stata probabilmente un colpo troppo grande per il cantiere britannico.

Pozzetto centrale

Appello per una cordata salvacrisi degli armatori

Cosa succederà ora? Sulla home page del sito di Oyster sul quale non è più possibile navigare al momento si legge una dichiarazione del CEO del gruppo Oyster Marine Holding, David Tydeman: “È con sincero rammarico che informiamo che la compagnia non ha potuto assicurare supporto finanziario necessario per proseguire l’attività e sta vagliando tutte le opportunità possibili”. Quali sarebbero quindi queste opportunità? Al momento l’unica potrebbe essere la strada della cordata dei facoltosi armatori in giro per il mondo delle imbarcazioni varate dal cantiere di Southampton. Potrebbe essere la sola soluzione per evitare il fallimento di uno dei marchi inglesi più famosi al mondo. Staremo a vedere…

 

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

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