A 92 anni ci ha lasciato uno dei grandi giornalisti italiani, ex direttore del Corriere della Sera, inviato e corrispondente dall’estero, editorialista, un reporter di razza e un maestro di eleganza e di garbo nel riportare i fatti e le sue opinioni. Ma Piero Ottone ara anche un uomo di mare, innamorato della vita in barca e della navigazione alla quale ha dedicato libri, articoli e quasi tutto il suo tempo libero.
Piero Ottone, scomparso all’età di 92 anni, è stato un maestro del giornalismo, corrispondente da Londra e da Mosca, direttore del Corriere negli Anni di Piombo quando in quel quotidiano scrivevano Pasolini e Montanelli, editorialista di Repubblica. Un grande talento per la scrittura e il racconto dei fatti uniti a un’eleganza innata e incrollabile, a suo modo ribelle in un ambiente giornalistico in decadenza, sempre più cialtrone e strillato.
Ma se la passione di Piero Ottone era tutta raccolta nel mestiere di scrivere, il suo amore profondo era invece per il mare e la navigazione a vela. Appena poteva scappava in barca e nella sua scia ha messo tantissime miglia in lunghe e brevi crociere. Quando fece naufragio affondando con la sua barca Ciaika di 12 metri al largo del Marocco, davanti a Casablanca, disse: ”Non ci sono stati vittime o feriti, solo danni alla barca. Siamo stati costretti all’abbandono. Chi va in barca mi può capire, non posso dire niente di più”. Un uomo cordiale, ma geloso del proprio dolore, condiviso solo con quelli come lui che vanno per mare.
La sua vita in mare tra una redazione e l’altra
Per il giornalista nato a Genova il mare e le barche sono stati grandi protagonisti della sua vita. Un tema a cui ha dedicato anche diversi volumi come Giornale di Bordo e Naufragio in cui racconta il mare come linea d’ombra, soglia filosofica della propria vita. “Il mare può dare la morte ma il mare può dare anche la vita, può fare risorgere”, diceva.
Soprattutto della vela Ottone amava il senso del viaggio, come ha ben descritto in Aliseo Portoghese. Un libro di una sua navigazione a vela dove ritrova lo stato d’animo, le incertezze, le apprensioni tipiche dei viaggiatori d’altri tempi, quando si aveva davvero la sensazione di tagliare i ponti, di abbandonare la vita abituale, di andare in luoghi sconosciuti. Allo stesso tempo, Ottone spiega in questo testo anche cosa significa passare settimane o mesi in una barca a vela, sfatando l’immagine di lussuosi yacht su cui camerieri in giacca bianca si muovono con vassoi di bibite gelate fra splendide ragazze in costume da bagno. Un libro che indaga anche sulla dinamica dei rapporti che si instaurano a bordo, sulle tensioni che si creano e che sottolinea come il piccolo universo della barca a vela diventa per noi tutti anche una scuola di vita e di comportamento.
L’etica della vela e la sua dimensione parallela
Sempre sull’etica della vela Piero Ottone ha scritto anche un libro di riflessioni dal titolo “Piccola filosofia di un grande amore: la vela“. Ottone ha sempre pensato alla barca come una sorta di piattaforma sospesa su un’altra dimensione dove ci si spoglia della propria pelle quotidiana (suggestiva per esempio all’inizio del libro la sua descrizione emotiva del rito di svestizione degli abiti e oggetti della vita di tutti i giorni, appena messo piede sul ponte).
Ecco altre riflessioni estratte da questo volume di 140 pagine scritte con l’anima: “La vita in barca è una dimensione particolare: scattano dinamiche diverse dalla vita di ogni giorno. Anche qui, però, con regole e discipline speciali”. Oppure ancora: ” La terra vista dal mare altro non è che lo sfondo di un’immensità che la rende magica, lo scenario di un’immensa recita. Così diventa sogno: e forse è questa la ragione ultima che mi porta al mare”. O ancora: “Il mare, per me, è soprattutto mistero e ogni tentativo di svelarlo è profanazione”.
Da diportista criticava la nautica italiana scarsa e provinciale
Come uomo di mare Piero Ottone aveva anche la sua visione critica della nautica e del diporto italiani che non mancava di descrivere sia nei libri che nei suoi sempre garbati editoriali: “La cultura degli italiani per il mare è decisamente scarsa – diceva – c’è un legame molto stretto tra il mare e la libertà. I popoli liberi vanno per mare, quelli non liberi non ci vanno. Gli italiani sono stati grandi marinai nel Medio Evo, ma quando arrivano i secoli bui smettiamo di navigare. Adesso siamo gli ultimi in Europa e, lentamente, ricominciamo”.
Non risparmiava la sua stessa città Genova: “Questa è una città dove si è ritenuto giusto interrare il porticciolo per dare spazio alle industrie. Si è sempre sottovalutata l’importanza della nautica che ti porta gente, turisti, stranieri e adesso si tenta, affannosamente, il recupero. E pensare che proprio a Genova, nel 1879, era nato il primo Yacht club. Primo in Italia e ultimo in Europa, s’intende”.
Critico anche verso la legge nautica del nostro Paese: “Tutta la nostra legislazione nasce per le navi, come se la logica di una barca di 16 metri possa essere identica a quella di una nave passeggeri. La mia cassetta del pronto soccorso, che giustamente è obbligatoria, si ispira a quella di una nave da crociera”.
Il mare, un grande maestro di vita per i ragazzi
Ma nonostante queste critiche era un grande ottimista Piero Ottone e credeva anzi che la vela così come il mare fossero dei grandi maestri di vita, soprattutto per i più giovani: “Ho sempre pensato che per i ragazzi il mare sia l’ideale: li forma nel carattere, nel morale, nel fisico e li allontana dalle brutture della vita. All’estero vedi flotte di Optimist, con bambinetti di 8 o 9 anni che allargano il cuore”.
Piero Ottone ha vissuto una vita intensa, piena di lavoro, di articoli, di soddisfazioni. È arrivato a 92 prima di lasciarci e siamo sicuri che ora stia ancora scrivendo, ma non alla scrivania di una redazione, bensì sul pozzetto di una barca che felice spiega le sue vele al vento. Buon viaggio Piero!
ho letto tutti i libri di Piero Ottone, li ho condivisi apprezzandoli moltissimo, ne ho tratto insegnamenti e stimoli. Mi spiace che non ci sia più.