È iniziato lo scorso 16 novembre a Palermo il processo sul naufragio del peschereccio Nuova Iside che nel maggio del 2020 colò a picco speronato, secondo gli inquirenti, dalla petroliera Vulcanello. Nell’incidente ha perso la vita tutto l’equipaggio della barca.
Lo scorso 16 novembre è iniziato nel Palazzo di Giustizia di Palermo il processo per il naufragio della Nuova Iside, il peschereccio che nel 2020 dopo una collisione colò a picco al largo di San Vito Lo Capo, risucchiando in fondo al mare tutto l’equipaggio: Matteo e Giuseppe Lo Iacono, 53 e 24 anni, zio e nipote, e il comandante della barca e figlio di Matteo, Vito Lo Iacono, 28 anni. Il processo, presieduto da Bruno Fasciana, ha come imputati tre persone: il comandante della petroliera italiana Vulcanello, Gioacchino Costagliola, 46 anni, che non avrebbe supervisionato e controllato la navigazione, il terzo ufficiale Giuseppe Caratozzolo (27 anni) che si sarebbe disinteressato della gestione della cura della navigazione notturna, e il timoniere rumeno Mihai Jorascu (54 anni). Dall’altra parte ci sono i familiari delle vittime, assistiti dagli avvocati Cinzia e Antonio Pecoraro, Paolo Grillo, Aldo Ruffino e Giuseppina Scrudato, che si sono costituiti parte civile.
Lo scorso luglio il giudice per le indagini preliminari Alfredo Montalto, così come sollecitato dalla Procura, ha ritenuto che le prove fossero “evidenti” e ha ordinato il giudizio immediato per i tre imputati accusati di avere provocato il naufragio della Nuova Iside.
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Una rotta di collisione ignorata dalla petroliera
Secondo la ricostruzione degli inquirenti infatti la Vulcanello, unica imbarcazione nell’area quella notte, aveva la Nuova Iside come bersaglio dritto a prua. Il pericolo di collisione era evidente, ma gli imputati lo avrebbero ignorato per 24 lunghi minuti. Era la notte del 12 maggio 2020. I Lo Iacono chiamarono i parenti a casa. Una volta tirato su il palangaro avrebbero fatto rientro a Terrasini. Ma tra le 23.02 ore e le 23.04 la petroliera Vulcanello intercettò il peschereccio già visibile al radar fin dalle 22.30 e a 5 miglia di distanza. La Vulcanello era diretta a Vibo Valentia. L’impatto avvenne a largo di San Vito Lo Capo. Analizzando i tracciati, secondo gli investigatori, la petroliera ha proceduto senza mai variare la rotta, mantenendo la velocità costante di circa 12 nodi, con pilota automatico inserito e con il bersaglio in rotta di collisione radar.
Volevano cancellare le prove dello speronamento
La petroliera speronò quindi il peschereccio, probabilmente trascinandolo con sé per almeno 30 secondi. Si sentivano quattro tonfi dall’analisi del sistema audio. Il Nuova Iside scomparve dal radar per riapparire a poppa della petroliera, questa volta sul lato sinistro. Poi si persero la traccia radar del peschereccio. Il Nuova Iside era affondato. Gli investigatori successivamente rintracciarono la Vulcanello giorni dopo nel porto di Augusta e scoprirono che la prua della grande nave era stata ridipinta di recente. Matteo, Giuseppe e Vito che sono morti in questo assurdo naufragio meritano giustizia.