Piccoli incidenti. Come stare a bordo senza farsi male

Le barche sono luoghi pericolosi, pieni di cime in tensione e cavi metallici, manovre di ogni tipo, sporgenze, spigoli, spazi ristretti. Camminare in coperta o negli interni è come percorrere un percorso a ostacoli e il senso dell’equilibrio è messo a dura prova dal rollio e dal beccheggio della barca. Ecco una serie di suggerimenti per sviluppare il piede marino ed evitare incidenti.

Un piede in banchina e uno sulla passerella, un piccolo slancio e via, si è finalmente a bordo. Basta poco per salire a bordo di una barca a vela, ci vuole un po’ di più invece per apprendere la tecnica di conduzione e soprattutto per capire la maniera corretta di stare a bordo senza farsi male e incorrere in spiacevoli incidenti. Una gavetta che occorre intraprendere ogni volta che si alzano le vele o si lasciano gli ormeggi dopo un lungo periodo e che non tocca solo ai principianti, ma anche ai tanti diportisti esperti costretti però dai propri impegni e dallo scarso tempo libero a ridurre le proprie navigazioni e confinarle solo a qualche week end e alla classica crociera estiva.

Quando si sale a bordo dopo tanto tempo per una navigazione lunga, come per esempio un charter o un trasferimento infatti capita di faticare ad abbandonare le normali abitudini che ci accompagnano a terra, per esempio il proprio senso dell’equilibrio, messo a dura prova dal rollio e dal beccheggio dell’imbarcazione.

Incidenti di bordo

Il piede marino passa per un lungo apprendistato

Una mano per sé e una per la barca, recita il vecchio adagio. Eppure non basta dirlo, bisogna farlo diventare automatico, il che richiede un certo periodo di adattamento. Capita a tutti di noi di sentirci un po’ a disagio quando mettiamo piede a bordo dopo tanto tempo. C’è chi inciampa sul winch, chi scivola sulle scalette, chi batte la testa sul boma e chi teme di fare brutte figure con i compagni di viaggio. In realtà l’ambientamento richiede un certo lasso di tempo: si tratta di un normale training a cui bisogna sottoporsi di buon grado e che serve a staccarsi gradualmente da quelle abitudini legate al nostro vivere a terra. Naturalmente questo ambientamento sarà più o meno intenso e lungo secondo la propria esperienza velica e il tempo trascorso a terra senza navigare. Sarà invece più esteso e si trasformerà in un vero apprendistato per chi si ritroverà per la prima volta a tu per tu con il mare.

La barca a vela a prima vista non sembra un ambiente lineare, agevole, dalle forme pulite ed ergonomiche, ma piuttosto una sorta di percorso a ostacoli: ovunque ci sono cime e cavi, parti metalliche, manovre di ogni tipo, sporgenze, spigoli, spazi ristretti. Soprattutto le barche sono ambienti dinamici, gusci in continuo movimento in cui ci si sente sballottati e fuori posto, continuamente soggetti a perdita di equilibrio e pericolose contusioni, se anche a cadute rovinose.

Bimbi a bordo

Incidenti, frutto di disattenzioni e leggerezza

Possedere il piede marino significa superare queste prime sensazioni e muoversi a proprio agio anche con la barca sbandata, nonché avere il controllo dei propri gesti. Spesso incidenti anche spiacevoli accadono perché si è distratti, non si conoscono le manovre e le loro sollecitazioni oppure semplicemente per leggerezza. Un esempio è il classico colpo di boma alla testa, un incidente che può essere anche piuttosto serio e che in casi estremi può portare anche alla morte. È successo anche a velisti esperti.

Pericolosi sono anche i tagli alle mani, le distorsioni o le abrasioni dovute all’utilizzo scorretto e avventato gli attrezzi, delle cime e e cavi metallici. Per non rovinarsi la vita in barca si devono evitare le imprudenze, come per esempio come altro aggirarsi a piedi nudi tra windstopper e gallocce. Camminare a piedi nudi, è chiaro, è piacevole e dà uno spiccato senso di libertà, ma a bordo è anche un irresistibile richiamo per scorticature e fratture delle dita piuttosto dolorose. Senza contare che anche solo poggiando il piede sulla coperta bagnata o su un osteriggio in plexiglass si rischia di fare degli scivoloni acrobatici. Sarebbe bene anche indossare sempre i guanti quando si lavora con cime e scotte o ancora quando per esempio si armeggia con il salpancora. In generale occorre tenere la massima concentrazione quando si sta a bordo, conoscere le singole attrezzature e seguire le manovre e i movimenti del resto dell’equipaggio, ma soprattutto muoversi con cautela, aprire gli occhi e tenersi nei punti giusti, come manovre fisse, tientibene e battagliole.

Manovre

Attenti ai cali di concentrazione dopo le manovre

A bordo di una barca a vela ci sono delle situazioni in navigazione che impegnano mentalmente e fisicamente al punto di fare dimenticare perfino dove mettere i piedi. Arriva per esempio l’ordine di andare a prua a cambiare un fiocco, oppure se, come è probabile, la barca è dotata di rollafiocco, di andare a vedere dove si è impigliata la scotta del genoa. Si tratta di operazioni semplici, eseguite decine e decine di volte, che richiedono però un approccio ogni volta nuovo, secondo le condizioni del mare e del vento.

Eseguito l’ordine, si rientra verso il pozzetto ed è in questa fase che c’è un calo di concentrazione. Basta una disattenzione e si va incontro a sgradevoli incidenti, tipo inciampare su una manovra o su un carrello oppure di infilare il piede d’appoggio nel vuoto dentro un portello o boccaporto lasciato aperto.

Oblò aperti

Oblò aperti: trappole per i piedi

Una buona regola è quella di chiudere i boccaporti, soprattutto quelli sopravento appena il vento rinfresca così si evita di entrare sotto coperta passando per un baratro. Un classico calo di concentrazione si verifica di solito anche all’arrivo in porto dopo una navigazione. In coperta ci sono una serie di operazioni da fare, come per esempio sistemare i cavi di ormeggio oppure quelli delle manovre. Contemporaneamente si da il caso che qualcuno sottocoperta pensi di arieggiare gli interni aprendo boccaporti e portelli.

Chi lavora all’esterno può così trovarsi a infilare i piedi nel posto sbagliato con conseguenze che possono essere disastrose. Come per evitare altri inconvenienti in barca, si deve agire in anticipo e in accordo con lo skipper. Non bisogna mai per esempio aprire i boccaporti senza informare il resto dell’equipaggio. L’informazione deve essere guidata in modo che tutti la ricevono forte e chiara. Marinaio avvisato, mezzo salvato…

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

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