Dopo il boom delle applicazioni di guida remota applicata alle automobili, la filosofia “pilotfree” ha già invaso anche il settore di barche e navi. Un filone tecnologico sviluppato da un gruppo di startup che vede il sostegno da parte di grandi multinazionali. Oltre agli indiscutibili vantaggi delle navi robots, non mancano però i rischi legati alla navigazione automatizzata e “humanfree”. C’è ancora un futuro per i marinai?
Salireste mai su una nave da crociera a guida autonoma? Fareste un giro su un traghetto privo di equipaggio? Affidereste la vostra merce da trasportare a un cargo comandato a distanza? Riuscite a immaginare mari e oceani solcati da barche robots? Sembra fantascienza, eppure in un futuro non così remoto tutto questo sarà realtà. Dopo il boom delle tecnologie di guida remota applicate all’automotive e al trasporto su strada, la filosofia “driverless” ha già invaso anche il settore delle barche e delle navi. Un filone tecnologico che vede protagoniste un gruppo di startup al lavoro già da qualche anno ai quattro angoli del mondo sullo sviluppo di tecnologie self-driving per il settore navale e che vede il sostegno da parte di grandi multinazionali.
In ballo non c’è solo la rivoluzione del trasporto marittimo delle persone e delle merci che condizionerà l’economia globale, ma una stessa visione del mondo meccanizzata e “humanfree”. Siamo pronti a farci da parte quando andiamo per mare e lasciare spazio ai robot?
Come funziona? centrali di controllo a bordo e guida a distanza
Ma come è possibile guidare una nave a distanza? I principi fondamentali della nuova tecnologia sono intuitivi e si avvicinano a quelli testati sulle auto a guida autonoma. Tutto si basa su un sistema di sensori in grado di scandagliare le acque circostanti alla nave per individuare eventuali ostacoli. Una volta raccolte le informazioni necessarie, i sensori inviano i dati a un sistema di intelligenza artificiale in grado di leggerli e tradurli in istruzioni di guida. A questo punto il comandante attraverso un controller da remoto può modificare o migliorare la rotta.
Uno dei progetti più avanzati di selfdriving marittimo è quello della società norvegese Yara che si occupa del trasporto di fertilizzanti via mare che di recente ha annunciato di aver creato la prima nave cargo elettrica a guida autonoma. L’imbarcazione sarà pronta già nel 2018 e potrebbe rivoluzionare il transito delle merci in mare a partire dal 2020. Ad oggi ci vogliono infatti 40.000 viaggi su gomma per trasportare un carico di prodotto. Con Yara Birkeland, questo il nome dell’imbarcazione, si ridurrebbero i tempi e anche le emissioni di Co2. Il progetto ha l’obiettivo di contribuire alla salvaguardia del pianeta e in particolare mira ad avere un impatto positivo sull’inquinamento atmosferico.
Navi “fantasma” e catamarani guidati da droni
Anche la società Sea Machines Robotics con sede a Boston (Usa) ha sviluppato un sistema di guida a distanza per le barche che consiste in un centrale di controllo collocata a bordo e un telecomando, utilizzabile da chi è a terra, grazie alle telecamere installate sulle imbarcazioni. Il sistema permette sia di inserire il pilota automatico sia di guidare il vascello da remoto, come una barca telecomandata, ma con dimensioni reali e una tecnologia molto più evoluta. La società attualmente sta testando la sua prima unità chiamata Steadfast lungo le coste statunitensi. A settembre scorso la startup americana ha anche commercializzato il primo sistema di controllo da remoto per imbarcazioni, il Sea Machines 300. Alla modica cifra di 98 mila dollari.
Un’altra startup, Autonomous Marine Systems, utilizza battelli autonomi con un altro obiettivo: compiere lunghi viaggi in mare, accompagnati da droni, per raccogliere dati. Le imbarcazioni sono catamarani (ribattezzati “datamarani”) in grado di coprire ampie zone e catturare informazioni utilizzabili da enti di ricerca e società private.
Il sogno di robots navali della Roll-Roice
Una delle aziende più convinte del successo delle tecnologie self-driving in ambito marittimo è la Roll-Royce che ha una propria divisione marina. La compagnia inglese è infatti alla guida della Advanced Autonomous Water-Borne Application Initiative (Aawa), un consorzio internazionale che sta sperimentando e testando dei sistemi per la navi autonome a controllo remoto, in collaborazione con i principali atenei finlandesi e alcune grandi imprese, come Deltamarin, Dnv e MacGregor.
Il loro sistema simulato di controllo, che permette di analizzare l’intero sistema di comunicazione di una nave, in differenti condizioni operative e climatiche, è già stato creato. Tanto che le stime citate da Rolls-Royce prevedono una prima forma di navigazione semi-autonoma, con personale di bordo ampiamente ridotto, già disponibile nel 2020. Per la self-driving boat, capace di percorrere tratte a lungo raggio, bisognerà invece aspettare il 2030, mentre per le rotte transoceaniche senza equipaggio ci sarà da attendere fino al 2035. Uno dei vantaggi delle tecnologie di guida autonoma marittima sta nel ridotto consumo di carburante visto che assicurano estrema precisione lungo la rotta e evitano inutili sbalzi di accelerazione e frenata. Il primo test dell’applicazione di Roll-Roice è stato già effettuato in Danimarca dal rimorchiatore Svitzer Hermod: il comandante ha guidato l’unità da terra facendole fare una rotazione su se stessa e portandola all’ormeggio. L’idea è che in futuro il pilota possa gestire più navi comodamente seduto in una stanza dotata di visore a 360 gradi.
Il Saildrone è già realtà, in aiuto della ricerca scientifica
Un’interessante applicazione dei sistemi di self-driving per il settore navale è lo studio degli oceani e la ricerca scientifica. Su questo fronte uno dei progetti già operativi è il Saildrone. Sviluppato da Eric Schmidt (ex CEO di Google) e sua moglie Wendy con lo scopo di di monitorare lo stato di salute del mare e della fauna ittica, il sistema ha protagonisti dei piccoli trimarani di 7 metri con vele rigide in fibra di carbonio che riescono a tenere la rotta grazie a un contrappeso posizionato a prua. La presenza di una chiglia consente di raddrizzarli nel caso scuffiassero. Sono dotati di timone e guidati da un collegamento via satellite che serve anche per trasmettere i dati oceanografici raccolti tramite appositi sensori.
I Saildrone al momento possono essere noleggiati per 2.500 dollari al giorno da scienziati, ricercatori, meteorologi, aziende del settore ittico, che in questo modo ottengono importanti informazioni su determinati aspetti e luoghi di loro interesse.
Mobilità urbana lungo i canali: la flotta delle Roboats
Uno dei progetti di navigazione marittima “pilotfree” più ambiziosi e destinato a rivoluzionare la mobilità urbana delle città dotate di canali e corsi d’acqua è quello delle Roboats di Amsterdam. L’obiettivo del progetto, costato 25 milioni di euro e sviluppato dall’Advanced Metropolitan Solutions della città olandese in collaborazione con il MIT (Massachusetts Institute of Technology), è quello di dotare la capitale dei Paesi Bassi di una flotta di barche in grado di muoversi in maniera autonoma per i canali trasportando merci e persone. Non solo. Grazie alle Roboats, infatti, si possono realizzare anche ponti e pontili, così come palchi per i concerti e qualsiasi piattaforma galleggiante e temporanea, montandoli e smontandoli nel giro di poche ore. Grazie a una rete di sensori, inoltre le Roboats possono essere utilizzati anche per monitorare la qualità dell’aria e dell’acqua, valutare il livello di inquinamento acustico e rilevare l’eventuale diffusione di malattie e infezioni. I primi prototipi delle Roboats hanno già cominciato a navigare nel 2017 e la città di Amsterdam si prepara a vararne un’intera flotta.
Un futuro del mare senza marinai?
Insomma le barche robot sono già realtà. Tutto bello, tecnologico, futuristico. le applicazioni del selfdriving alla nautica tuttavia non sono senza rischi. Il primo, naturale, è la perdita di posti di lavoro da parte dei marittimi su scala globale. C’è poi il trasporto di merci potenzialmente pericolose per l’ambiente, la sicurezza in generale della navigazione, per non parlare dei pericoli di eventuali attacchi da parte di hacker alle navi automatizzate. L’International Maritime Organization, l’agenzia dell’Onu che vigila sul settore navale, da anni lavora a una normativa per la messa in sicurezza delle “autonomous ships”. C’è infine un grande punto interrogativo legato al progresso e all’innovazione tecnologica della navigazione: siamo pronti a un mare senza uomini e invaso dai robots?