I maestri velai in trincea: producono e regalano mascherine

Molte velerie italiane in questa emergenza da Coronavirus hanno deciso di riconvertire la propria produzione nel confezionamento di mascherine sanitarie di cui c’è un enorme bisogno. Il loro contribuito, gratuito e solidale, è una delle cose più belle di questi giorni drammatici.

Tra le tante situazioni drammatiche che ha creato questa emergenza da Coronavirus, le migliaia di vittime innanzitutto, ma anche gli ospedali sovraccarichi, i divieti di uscire, il blocco totale di interi paesi, ci sono state anche tante manifestazioni di solidarietà e creatività imprenditoriale. È l’approccio di chi non se ne sta con le mani in mano e come può aiuta gli altri. E se necessario si reinventa. Un modello di questo spirito sano e combattivo sono state per esempio le velerie italiane. In molte hanno deciso di riconvertire la propria produzione e invece di confezionare vele da crociera e da regata si sono messe a produrre mascherine sanitarie, uno strumento chiave per proteggere noi stessi e gli altri dal contagio.

Con l’evolversi dell’infezione ad oggi è sempre più difficile trovarle, perché esaurite oppure in vendita a prezzi esorbitanti. Tutti le vogliono e l’enorme domanda è anche uno dei motivi degli attuali problemi di approvvigionamento per tutti. Ogni giorno solo in Italia ne servono oltre 100 milioni. Non da ultimo, proprio ora che stiamo per entrare nella Fase 2 che segnerà la ripresa di alcune attività lavorative, assolutamente necessaria per non spegnere il “motore economico” dell’Italia, le mascherine sanitarie saranno ancora più fondamentali per permettere ai lavoratori, ai dipendenti, agli operai delle fabbriche di operare in sicurezza. I maestri velai italiani sono in prima linea in questa rincorsa all’approvvigionamento e la loro collaborazione, partita così grazie all’intraprendenza personale, allo spirito di sacrificio e alla voglia di resistere, si rivela adesso sempre più fondamentale.

Quelle migliaia di mascherine donate da Zaoli Sails

Siamo nel pieno di una guerra contro un nemico invisibile, il Coronavirus, e come accadeva nelle guerre vere, dove tante fabbriche si convertivano all’industria bellica, oggi alcune velerie cercano di fare la loro parte per combattere il virus. Tra loro per esempio la veleria Zaoli Sails di Marina degli Aregai in Liguria è stata la prima a scendere in campo. Dal 15 marzo scorso Zaoli Sails ha iniziato a produrre mascherine con i materiali forniti dalla locale ASL e una considerevole quantità di visiere protettive realizzate con lo stesso materiale utilizzato per le finestre delle vele. Mascherine vere, a norma, non la “carta igienica” inviata ai medici in trincea. L’iniziativa oltre che meritoria di per sé, è svolta a titolo completamente gratuito. I dispositivi vengono donati ad Asl e ospedali. Il fondatore della veleria, Beppe Zaoli, ha raccontato come tutto è nato in maniera spontanea e casuale: “Ho un amico dell’Asl che viene in barca a vela con me e ci ha chiesto una mano. Ci hanno fornito il materiale ricevuto dalla protezione civile, lo abbiamo accoppiato con un altro prodotto, abbiamo creato le prime 1.000 mascherine e siamo andati avanti. Dopo che è arrivata la notizia ai giornali sono arrivate altre aziende a chiedercele, ma noi non abbiamo le capacità produttive per rispondere a questa richiesta. Stiamo semplicemente rispondendo a un’emergenza, cercando di soddisfare, per quello che possiamo, le esigenze dell’Ospedale di Sanremo. Invece di fare una donazione, ci stiamo mettendo il nostro lavoro gratuitamente per la comunità. Possiamo produrre 1.000 mascherine al giorno, ma servono 10 persone per farlo e 10 ore almeno di lavoro, se non di più. Noi finché abbiamo materiale andiamo avanti a farle”.

Nella realizzazione di mascherine sanitarie è coinvolta l’intera famiglia Zaoli, dalla moglie Rossana ai figli Vittorio e Andrea, affiancati da alcuni dipendenti. Lo stesso Zaoli non nasconde un certo orgoglio per questa iniziativa: “Tutto questo è nato per diversi motivi: il primo è stato quello di non far perdere il lavoro ai nostri ragazzi. Il secondo è stato per un orgoglio nazionale. Perché dobbiamo sempre essere dipendenti da prodotti che arrivano dall’estero? Dobbiamo anche noi tirarci su le maniche”.

Veleria San Giorgio produce 500 pezzi al giorno

Anche la Veleria San Giorgio, storica azienda ligure fondata nel 1926, ha deciso di scendere in campo con l’obiettivo di fornire i dispositivi agli operatori sanitari della Asl locale. La loro produzione è iniziata lo scorso 23 marzo riconvertendo la linea produttiva aziendale nella propria sede di Casarza Ligure. “Produciamo 150.000 giubbotti di salvataggio all’anno per le compagnie di navigazione di tutto il mondo e i corpi speciali della Marina Militare – racconta Anton Albertoni, patron dell’azienda – sono dispositivi di protezione individuale e sappiamo bene quelli che sono gli standard tecnici e normativi richiesti in questo settore. La mascherina chirurgica è un prodotto che siamo perfettamente in grado di fare e, vista l’esigenza, abbiamo preso contatti con Asl. Le nostre mascherine sono realizzate in tessuto a tre strati, confezionato sulla base delle indicazioni dell’azienda sanitaria. Noi abbiamo deciso di farle bianche e regolabili, con un taglio che può aderire efficacemente a naso e bocca”.

Una volta entrata a regime con la produzione, la veleria riesce a sfornare circa 500 pezzi al giorno destinati al personale della Asl 4 che conta tre ospedali, Sestri Levante, Rapallo e Lavagna, che servono una popolazione di quasi 150.000 persone. L’azienda conta attualmente 25 dipendenti e due filiali anche in Cina, con 70 lavoratori. “Sono certo che, finita l’emergenza – prosegue Albertoni – l’Italia riprenderà a comprare questi manufatti dalla Cina, per pochi centesimi: il mondo si muove su prodotti che costano poco. In Italia anni e anni di certe politiche commerciali hanno portato a privilegiare il “Made in Italy” solo in alcuni settori. ma non importa: in questo frangente, da italiani, ci siamo rimboccati le maniche per gli italiani”.

No profit: One Sails e Challenger Sails in campo

La produzione no profit di mascherine di protezione individuale ha coinvolto anche la Veleria One Sails nelle sue due sedi di Verona e La Spezia. L’azienda ha già donato 4.000 mascherine alla Protezione Civile e ad altre associazioni del territorio, dando inoltre inizio anche alla produzione di camici da lavoro. “Abbiamo gli strumenti e le capacità tecniche per implementare la produzione – dice Dede De Luca, amministratore delegato di OneSails International – e per realizzare prodotti sempre più sofisticati e certificati nelle varie categorie per i diversi utilizzi. Ora abbiamo bisogno del supporto del mondo scientifico e delle istituzioni per certificarli in tempi brevi, insieme a quello della produzione tessile per il reperimento dei materiali.

Anche la Challenger Sails di Senigallia, specializzata in attrezzature per imbarcazioni, ha interrotto la propria produzione per realizzare circa 300 dispositivi di protezione destinati alla casa di cura Villa Silvia. “Tutto è nato da un rapporto di amicizia con Mario Mainero, cofondatore assieme a Claudio Badiali della Challenger Sails – spiega Filippo Aliotta, amministratore delegato di Villa Silvia – Loro sono il punto di riferimento per il mio hobby. Nelle scorse settimane abbiamo notato che nei nostri magazzini stavano diminuendo le quantità di mascherine, anche perché le consegne di alcuni fornitori erano state bloccate al confine con l’Austria. Pur non essendo esaurite, eravamo preoccupati. Alla fine gli ordini sono arrivati, ma questo è stato il contesto entro cui è nata una singolare collaborazione. Dal servizio nautico alle mascherine solidali il passo è stato breve. Mi ha stupito la risposta più che immediata della Challenger Sails che ha realizzato velocemente circa 300 mascherine, in appena un giorno di lavoro: mi ha fatto capire cosa vuol dire la solidarietà. E per questo non posso che ringraziarli profondamente”.

A Palermo la Sailing Italia Service lotta con la burocrazia

Un’altra storia di generosità e senso civico arriva dalla veleria Sailing Italia Service di Palermo. “Visto che clienti non ne entravano più, abbiamo deciso di metterci a fare mascherine per amici e conoscenti sfruttando la nostra esperienza ventennale nel settore tessile – racconta Daniele Bertorotta, amministratore dell’azienda – ma presto abbiamo capito che c’era una vera emergenza”. In pochissimi giorni la voce si è sparsa e in azienda sono arrivate innumerevoli richieste d’aiuto, non solo dai vari reparti degli ospedali Cervello, Villa Sofia e Buccheri La Ferla, ma anche da parte di carabinieri, polizia, guardia di finanza e polizia penitenziaria. “Produciamo una media di 250 mascherine al giorno da quindici giorni – spiega Daniele – arrivando al lavoro la mattina alle 8 e mezza e andando via dodici ore dopo, senza pause e lavorando anche sabato e domenica. Il virus e gli ospedali non si fermano, quindi neanche noi. Ora siamo praticamente al collasso, ma riceviamo tanta solidarietà economica e pratica fra donazioni di denaro e di materiale ma anche partecipazione di figure professionali”.

“Ce la faremo anche grazie a voi!”, hanno scritto alla veleria su Facebook i sanitari della Sala Parto dell’Ospedale Cervello. Ma non mancano i paradossi: la veleria rientra fra le fabbriche che l’ultimo decreto del presidente del Consiglio prevede rimangano in attività, ma le mascherine che produce non sono a norma. “Ci siamo documentati per produrle secondo legge – fa presente Bertorotta – ma è talmente complicato che di fatto è impossibile. Dovrebbe funzionare così: noi mandiamo le mascherine alle autorità per farle verificare, nel frattempo passano almeno 5 giorni per la procedura, e se alla fine non rispettano gli standard ci prendiamo una diffida e dobbiamo distruggere tutto quello che abbiamo prodotto. Inoltre la normativa vorrebbe che l’azienda fosse totalmente sanificata, ma ribadisco: noi facciamo vele. Chi riceve le nostre mascherine, come gli ospedali, si occupa infatti di sanificarle per conto suo”.

Nonostante questi problemi, le velerie italiane vanno avanti. Come la International H Sailmakers di Monfalcone o la ZenitramSails di Marsala e tante altre. Alcune di loro, pure costantemente attive nella produzione di mascherine, non vogliono pubblicità e preferiscono restare nell’anonimato. Perché alla fine siamo in guerra, c’è da aiutare e basta. Onore a queste persone.

Coronavirus: le mascherine non smaltite finiscono in mare

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

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