Nel volume “Quaderno dei fari”, la scrittrice Jazmina Barrera guida il lettore in un viaggio suggestivo alla scoperta dei fari: la loro “lingua”, le loro storie e i loro guardiani.
“Quando visito i fari, mi allontano da me stessa ma anche nello spazio e vado in luoghi remoti. Mi allontano nel tempo, verso un passato che so di idealizzare, in cui la solitudine era più semplice. Mi discosto anche dai gusti del mio tempo perché oggi i fari sembrano figure romantiche e sublimi, due parole passate di moda”. Così scrive la scrittrice messicana Jazmina Barrera nel suo libro “Quaderno dei fari” (La Nuova Frontiera, 126 pagine, 15 euro).
Il volume è un viaggio suggestivo e ben documentato tra alcuni dei fari più affascinanti che velisti e navigatori possono incontrare nelle loro navigazioni lungo costa. Torri antiche, solitarie e misteriose che da sempre guidano il naufrago e richiamano stabilità in mezzo alle onde, del mare e dell’esistenza. “Lighthouse“ lo chiamano gli anglosassoni, ossia “casa della luce”, un termine bellissimo che definisce lo scopo di dei fari che fin dall’antichità, attraverso il fuoco e poi le lampade, hanno segnalato pericoli, evitato tragedie e inspirato un senso di speranza e sicurezza a chi è in mezzo al mare.
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La poesia dei fari, dall’America alla Vecchia Europa
Le coordinate del viaggio della Barrera partono dall’Oregon, vicino al centro marittimo di Newport, dove si trova il faro di Yaquina Head, portano poi sul fiume Hudson, dove sopravvive il faro di Jeffrey’s Hook. Da lì ci si sposta nella Normandia del tempestoso mare, quello che circonda il faro di Goury. All’Isola di Roosevelt, New York, c’è poi la Blackwell Lighthouse, finché si ritorna alla vecchia Europa, dove il quaderno dedicato dei fari diventa un diario, sotto al faro di Tapia de Casariego nelle Asturie spagnole.
Ogni capitolo di “Quaderno dei fari” è dedicato a un faro citato nel titolo, insieme alle coordinate. Così come ad alcune caratteristiche architettoniche e ad altre sulla “lingua” del faro, l’alternarsi cioè di sequenze di luce e buio che caratterizza la “voce” di ciascuno di questi elementi di segnalazione. Inoltre di volta in volta le descrizioni di queste sentinelle nel buio si intrecciano con le suggestioni di grandi artisti quali Virginia Woolf, Robert Louis Stevenson, Walter Scott, Edgar Allan Poe e molti altri, che ai fari nei loro capolavori letterari hanno dedicato pagine indimenticabili.
Non mancano infine incursioni nelle vite dei singolari guardiani che li hanno abitati, regalano di questi giganti silenziosi una visione a tutto tondo e fanno di questo libro un misto intrigante di narrativa, saggistica e sublime poesia.