Un nuovo progetto avviato nella Laguna di Venezia mira a censire, recuperare e riciclare le “ghost boats”, ossia vecchi natanti non registrati abbandonati ovunque dagli armatori.
Le chiamano “ghost boats”. Sono vecchie imbarcazioni non registrate, in genere in legno o vetroresina, che gli armatori abbandonano lungo la costa per evitare di pagare i costi di smaltimento. Smaltire oggi un natante, considerato rifiuto speciale, può arrivare infatti a costare oltre 1.500 euro. E rappresenta una spesa ingente per chi decide di eliminare la propria barca. E così la scorciatoia: brutale, incivile e incurante dell’inquinamento.
In alcune zone le “ghost boats” ammontano a centinaia di relitti. Questi oltre a deturpare il territorio a livello estetico e ambientale costituiscono un serio pericolo per la sicurezza della navigazione. La Laguna di Venezia per esempio è un vero cimitero a cielo aperto di “ghost boats”. Così di recente per il recupero di questi relitti è intervenuto l’ente no profit Venice Lagoon Plastic Free (Vlpf) che, con il sostegno di Cantine Maschio, ha coordinato il lavoro di diverse associazioni impegnate nella salvaguardia e nella bonifica dell’ambiente lagunare.
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Non relitti ma preziosi rifiuti riciclabili
“Il progetto Ghost Boats nasce dalla volontà di non rassegnarsi al fatto che i barchini abbandonati siano diventati ormai parte del paesaggio – spiega Davide Poletto, direttore di Vlpf – iniziando invece a considerare quei relitti come risorse capaci di dare vita a un’economia circolare in grado di creare nuova ricchezza in termini di materie prime, ma anche di occupazione, oltre che naturalmente di salvaguardia dell’ambiente, e non solo come un problema”.
Grazie alla partecipazione dei volontari dell’Associazione Poseidone e di Laguna media – Polo Nautico di San Giuliano, in collaborazione con la Gees Recycling di Pordenone, esperta nel riciclo industriale, negli ultimi 10 mesi l’ente ha rimosso 19 barche, creando una vera e propria filiera sperimentale per il recupero e il trattamento di questi relitti, che ha portato alla creazione di un nuovo materiale derivante dal riciclo di oltre 5 tonnellate di rifiuti da loro derivanti.
La nuova vita della vetroresina
“Con questo progetto abbiamo dimostrato che è possibile trasformare quei rifiuti in risorse – ha spiegato Giorgio Bettetto di Gees Recycling – Sminuzzando e incollando la vetroresina abbiamo dato vita a un nuovo materiale completamente sterile e inerte, economico, riciclabile al 100%. Ideale per l’impiego in tutti quegli ambiti nei quali è necessaria un’alta resistenza agli agenti esterni, come pontili o arredi da giardino, partendo da una materia prima altrimenti destinata alla distruzione”. La vetroresina è considerata uno tra i materiali che, in stato di degrado, rilascia nell’acqua diversi tipi di contaminanti. Grazie all’attività promossa da Venice Lagoon Plastic Free è stato effettuato il censimento delle barche abbandonate in laguna che ha permesso la loro identificazione, rimozione e riciclaggio.
Per consentire nei prossimi mesi un migliore coordinamento tra le associazioni che partecipano alle attività di recupero, è stata inoltre sviluppata una App per smartphone, in fase ancora sperimentale, che permette agli utenti di geolocalizzare e identificare la tipologia di relitto e il suo stato di degrado.