Filmare in barca: ma quanto è duro il lavoro del videomaker

Il regista e videomaker Christopher Shand, autore della serie Tv “Les prétendants à l’Atlantique” che racconta di 6 amici che traversano l’Atlantico a vela, spiega le difficoltà di girare a bordo di una barca.

Filmare in barca. Nel cuore dello scorso autunno sei amici, Charly, Christopher, David, Fabienne, Mathieu e Quentin lasciano le loro case tra la Francia e la Svizzera per ritrovarsi a La Rochelle e realizzare un sogno in parte meditato, in parte improvvisato: attraversare l’Atlantico! È così che nasce la serie Tv “Les prétendants à l’Atlantique” sostenuta dalla Radio Televisione Svizzera e dalla rivista francese Bateaux ad opera del regista e videomaker Christopher Shand. Ma cosa significa davvero filmare in barca?

Diciamoci la verità. L’oceano a vela ormai lo fanno tutti, regatanti professionisti, navigatori di lungo corso, ma anche semplici appassionati e addirittura equipaggi di neofiti. La vera sfida è filmare tutta la traversata, operazione non facile visto l’ambiente estremo in cui lavorare e la fatica che si somma a quella di sopportare l’oceano per tanti giorni.

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filmare in barca

Filmare in mare è più duro che in alta montagna

Filmare in barca. Christopher Chand prima di iniziare a filmare “Les prétendants à l’Atlantique” aveva fatto solo un po’ di vela quando era giovane, ma era abituato agli ambienti estremi. Dopo avere realizzato reportage in aree di guerra come l’Iraq, si è specializzato in video in ambienti di alta montagna, dove lavora regolarmente. Girare a bordo di una barca era quindi una nuova sfida per lui. Dotato di due telecamere Sony Alpha 7, di custodie impermeabili e di diversi droni, il suo lavoro si è rivelato da subito molto complesso. “In mare la difficoltà maggiore è che tutto è mobile, in più c’è il mal di mare. Penso che sia più difficile che nelle alte montagne della Groenlandia con 50 gradi sotto zero. Basti pensare che ho perso quattro droni durante le riprese, perché il decollo in mare era complesso”, confessa Christopher Chand.

In mare ci sono poi altre difficoltà, come per esempio l’orientamento della luce che è identico ogni giorno quando si naviga sulla stessa rotta per diverse settimane. La scelta dell’inquadratura è poi fondamentale a seconda che si voglia la retroilluminazione o l’illuminazione diretta. Anche se lo spinnaker rosso è suggestivo e dà colore alle immagini, alla fine può essere un po’ onnipresente.

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Sceneggiatura e doppi turni di lavoro a bordo

Girare in presa diretta va bene, ma per un racconto davvero coinvolgente serve anche una sceneggiatura. “Per i 10 episodi la sceneggiatura doveva essere scritta prima del montaggio. La sfida era che ogni episodio doveva essere originale. Fortunatamente, ogni giorno c’era qualcosa di diverso e il cast era divertente e naturale. All’inizio avevano tutti un po’ paura della telecamera, ma alla fine hanno girato le scene con grande naturalezza”, sottolinea Christopher.

Ma la vera difficoltà del lavoro del videomaker è proprio il suo ruolo a bordo. “La mia è un’esperienza atipica, curiosa, a metà tra tra navigazione e cinema – spiega ancora Christopher – Da una parte sei isolato, in una dimensione esterna rispetto all’equipaggio, sempre alla ricerca di belle immagini. Questo può generare tensioni con il resto dell’equipaggio. In più svolgevo i miei turni di guardia come tutti gli altri, ma poi dovevo alzarmi per filmare durante il turno degli altri. È stato un doppio turno di guardia molto faticoso, ma anche un’esperienza fantastica”.

GUARDA IL PRIMO EPISODIO DELLA SERIE:

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore, reporter e direttore di testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici, compresi tutti i watersports.

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