Due velisti tedeschi in viaggio intorno al mondo a bordo di un Bavaria 46 dal nome Seatramp sono stati abbordati e saccheggiati mentre erano ormeggiati nella baia di Nombre de Dios sulla costa settentrionale di Panama. Il racconto della violenta aggressione.
L’area intorno a Panama si conferma essere alquanto pericolosa per i diportisti che di giorno o di notte possono essere abbordati e saccheggiati da pirati e criminali mentre si trovano a bordo delle loro imbarcazioni. Se va bene. L’ultimo episodio è successo la sera del 13 luglio scorso quando una coppia di giovani velisti tedeschi, Nina Schev e il suo compagno Mario, sono stati aggrediti da uomini armati mentre erano ormeggiati nella baia di Nombre de Dios sulla costa settentrionale di Panama a bordo del loro Bavaria 46 Seatramp.
La mattina di quel giorno intorno alle 11 avevano lasciato il loro ancoraggio di fronte al Marina Linton per navigare verso le Isole San Blas. Mentre alzavano le vele e volevano fermare il motore, però, hanno avuto un’avaria: l’interruttore di accensione e spegnimento dell’entrobordo non funzionava più. Dopo una breve discussione, hanno deciso di fermarsi nella baia successiva e provare a risolvere il problema. Sapevano che non c’è nulla sulle isole di San Blas e non volevano avere problemi all’entrobordo. Gli ci è voluto un po’ di tempo per scoprire che l’interruttore dietro il pannello era rotto e Mario l’ha risolto ma ormai erano già le 17. Il tramonto è alle 19 e non sarebbero mai arrivati a San Blas con la luce. Arrivare lì di notte può essere pericoloso. Così si sono ancorati di fronte a una piccola città considerando sicuro rimanere lì durante la notte ben chiusi dentro alla barca. E invece no.
Sono saliti a bordo con le armi in pugno
“Verso le 19,30 avevamo appena finito di cenare e siamo entrambi scesi in cucina per lavare i piatti – ha raccontato la donna – all’improvviso abbiamo sentito un rumore sul ponte e nello stesso momento abbiamo visto una barca veloce che si è fermata vicino a noi. Mario è saltato fuori in pozzetto e due ragazzi erano già a bordo e gli hanno puntato una pistola in faccia spingendolo indietro. Mi ha urlato di correre nella nostra cabina e chiudermi dentro. Ma dopo pochi minuti ho dovuto aprire la porta. C’erano altre quattro persone che erano salite a bordo e tenevano in ostaggio Mario. Non potevo rimanere in cabina. Peraltro le porte delle barche non sono fatte per resistere quando si calcia abbastanza a lungo contro di loro. Quindi ho aperto la porta. Ho pensato che forse la cooperazione fosse il modo migliore di affrontare la situazione”.
I banditi hanno quindi immobilizzato la coppia puntandogli addosso le armi e hanno iniziato a rovistare ovunque. Hanno aperto tutti i gavoni di bordo e hanno trovato molti dispositivi tecnici da razziare: smartphone, laptop, tablet, fotocamere, telefono satellitare e molto altro, incluse tutte le copie di sicurezza nascoste che i due velisti avevano su hard disk. Tutte le carte di credito inoltre sono sparite.
Dispositivi hi-tech rubati e tentata violenza
Alla fine dopo circa 45 minuti due uomini hanno preso la donna e l’hanno portata nella cabina di poppa. A quel punto Mario gli ha fatto notare che il patto era che se loro gli avessero detto dove si trovavano gli oggetti di valore non ci sarebbero state aggressioni e così, fortunatamente, i banditi si sono allontanati. “Erano tutti imbottiti di droghe e assolutamente fuori controllo – ha raccontato Nina – hanno cercato di violentarmi, ma per fortuna il loro capo li ha fermati”. “Fortunatamente il fatto di parlare spagnolo ci ha aiutato con la comunicazione con i pirati”, ha spiegato Mario.
Mentre i pirati lasciavano la barca inavvertitamente hanno attivato l’Epirb rubato e un messaggio di mayday è stato inviato direttamente alla MRCC in Germania. Questa ha informato dell’emergenza la guardia costiera di Panama che aveva una sede a circa 3 miglia dal luogo dell’incidente, ma forse poiché l’Epirb stava inviando da terra non hanno ritenuto di intervenire.
Nessuno li ha aiutati
Dopo l’aggressione e ancora sotto shock i due velisti hanno salpato l’ancora per tornare a Marina Linton e chiedere aiuto oltre che per provare a bloccare tutti i loro conti bancari. Durante la navigazione di 7 miglia hanno lanciato segnali Pan Pan tramite il Vhf di bordo e un messaggio di soccorso DSC. Potevano vedere delle navi sull’Ais, ma nessuno ha risposto.
Allertata la polizia del luogo, nei giorni seguenti Nina e Mario hanno provato a verificare se le assicurazioni li risarciranno. Nel frattempo hanno lanciato un appello su Facebook ricevendo tanta solidarietà e donazioni ma non sono sicuri se continueranno il loro viaggio o prepareranno la barca per venderla e torneranno in Germania. Per il momento sono ancora traumatizzati.