Ai porti italiani non piacciono le certificazioni di sostenibilità

Uno studio dell’Università di Genova ha analizzato 255 scali del Mediterraneo di cui 76 italiani, i quali non sfruttano al meglio le proprie potenzialità e non puntano sulle certificazioni di sostenibilità.

I porti e i marina turistici italiani sembrano non sfruttare al meglio le proprie potenzialità e non puntano sulle certificazioni di sostenibilità. A dirlo è un recente studio dell’Università di Genova che sarà presentato nell’ambito delle giornate della Società italiana management in programma all’Università Bocconi di Milano dal 30 giugno.

Lo studio ha analizzato un campione di 255 porti turistici del Mediterraneo di cui 76 italiani (con un numero di posti barca variabile tra 10 e 1.600) attraverso lo studio dei siti internet e le recensioni degli utenti. Il campione è composto da porti che provengono da Italia (76 porti), Croazia (37), Spagna mediterranea (31), Francia mediterranea (27), Turchia (18), Grecia (16), Malta (6), Montenegro (6), Cipro (3), Gibilterra (3) e Tunisia (2).

Porti certificazioni

Certificazioni dei porti: poche e non specifiche

L’analisi dei ricercatori si è focalizzata sulle certificazioni Iso ricevute o anche le Bandiere Blu e su come vengono comunicate agli utenti. A livello generale lo studio nota come circa la metà dei porti analizzati comunica il possesso di almeno una certificazione, sebbene non sempre specifica per il comparto della portualità, quali la ISO 9001 e la ISO 14001.

Praticamente assenti sono invece la ISO 13687 e la ISO 21406, concepite espressamente per certificare la qualità dei porti. Note dolenti per l’Italia dove solo il 26% del campione ha almeno una certificazione. Stesso dato di Francia ma inferiore a Croazia (73% con certificazione) e Spagna (50%). Si rileva invece una buona diffusione della Bandiera Blu, conseguita da poco in più di un quarto dei porti considerati. Nel complesso emerge quindi un impegno limitato da parte di chi gestisce i marina nei confronti dell’ottenimento di questo tipo di riconoscimenti; con un focus su certificazioni dalla consolidata diffusione e immagine.

Porti certificazioni

Scarsa cultura sui certificati e costi elevati per ottenerli

Due i motivi, secondo i ricercatori, di questo fenomeno. Il primo sarebbe di matrice culturale. Non si coglie il potenziale contributo che le certificazioni possono dare alla gestione del porto e al suo posizionamento; sia in termini di qualità dei servizi offerti, quanto sull’immagine del porto nella percezione del cliente. Una seconda motivazione può essere ricondotta alle difficoltà nel processo di ottenimento e mantenimento delle certificazioni stesse, legate sia al soddisfacimento dei requisiti richiesti sia ai costi monetari e organizzativi associati al processo stesso.

Per i porti italiani emerge un forte ritardo che implica la necessità di un cambio di passo. Rispetto ai principali Paesi concorrenti nel mercato del turismo nautico mediterraneo (Croazia Francia e Spagna in primis), appare molto contenuta la diffusione tanto delle certificazioni a maggior valenza “interna”, quali le ISO 9001 e ISO 14001, quanto di quelle con forte ruolo comunicativo, come la Bandiera Blu. Ciò rappresenta senza dubbio un punto di debolezza per i nostri porti nel confronto con i competitor internazionali; i quali spesso sono già favoriti da costi più bassi e da politiche fiscali particolarmente attrattive; soprattutto per l’acquisito o la locazione di ormeggi a lungo termine.

David Ingiosi

Appassionato di vela e sport acquatici, esperto di diporto nautico, ha una lunga esperienza come redattore e reporter per testate nazionali e internazionali dove si è occupato di tutte le classi veliche, dalle piccole derive ai trimarani oceanici

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